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Contemplata aliis tradere – VI

San Tommaso apre la Summa theologica con una questione di metodologia: De sacra doctrina, qualis sit et ad quae se extendat. Prima di immergersi nell’esposizione della sacra doctrina, ne mostra le caratteristiche epistemologiche, collocandola nell’ambito delle scienze speculative.

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San Tommaso apre la Summa theologica con una questione di metodologia: De sacra doctrina, qualis sit et ad quae se extendat. Prima di immergersi nell’esposizione della sacra doctrina, ne mostra le caratteristiche epistemologiche, collocandola nell’ambito delle scienze speculative.

La teologia come scienza della fede

San Tommaso apre la Summa theologica con una questione di metodologia: De sacra doctrina, qualis sit et ad quae se extendat. Prima di immergersi nell’esposizione della sacra doctrina, ovvero della teologia intesa come studio della divina rivelazione, ne mostra le caratteristiche epistemologiche, collocandola nell’ambito delle scienze speculative e fissandone il soggetto proprio. In modo particolare la Quaestio prima della Summa è composta da dieci articoli: «Primo: de necessitate huius doctrinae. Secundo: utrum sit scientia. Tertio: utrum sit una vel plures. Quarto: utrum sit speculativa vel practica. Quinto: de comparatione eius ad alias scientias. Sexto:utrum sit sapientia. Septimo: quid sit subiectum eius. Octavo: utrum sit argumentativa. Nono: utrum uti debeat metaphoricis vel symbolicis locutionibus. Decimo: utrum Scriptura Sacra huius doctrinae sit secundum plures sensus exponenda». Nel presente lavoro ci soffermeremo brevemente su alcuni di questi articoli, cercando di comprendere cosa sia la teologia, a quali ambiti del sapere si rivolge e quale statuto epistemologico possiede.

Il primo articolo della quaestio pone la domanda se la teologia sia necessaria. San Tommaso afferma: «Sembra che, oltre alle discipline filosofiche, non sia necessario che si abbia un’altra dottrina». Infatti, la filosofia ci permette di conoscere gli enti e tra di essi è possibile risalire anche all’Ens ipsum subsistens, Dio, come si è visto negli articoli precedenti. La ragione, da sola, può arrivare a conoscere l’esistenza di Dio. Tuttavia, tale conoscenza non è esaustiva, poiché «l’uomo è ordinato a Dio come a un certo fine, che eccede la comprensione della ragione». Per orientare la volontà e gli atti al Fine ultimo e, di conseguenza, ottenere la salvezza, l’uomo deve conoscere tale fine. Per questo motivo, scrive il Dottore Angelico, «per la salvezza dell’uomo, fu necessario che alcune cose, le quali eccedono la ragione umana, gli diventassero note tramite la rivelazione divina».

Contemplata aliis tradere – VI

Posta la necessità di conoscere e studiare la sacra dottrina, San Tommaso nel secondo articolo si chiede se essa sia una scienza. Con tale termine si intende, secondo il pensiero aristotelico-tomistico, la cognizione certa di una verità, dimostrata per mezzo delle cause. Lo stesso Dottore Angelico, infatti, nel Commento agli Analitici posteriori, afferma che «Sapere è conoscere la causa per la quale una cosa è e non può ritenersi altrimenti». Ora, bisogna dire che le scienze partono da principi a sé noti, mentre la teologia parte da principi che non sono per sé noti e che non tutti ammettono come veri. Di conseguenza, afferma il dottore: «Sembra che la sacra dottrina non sia una scienza». Per chiarire la questione, a questo punto, San Tommaso distingue le scienze in due categorie: alcune partono da principi «noti per mezzo del lume naturale dell’intelletto» (a.e., l’aritmetica), mentre altre partono da principi «noti mediante il lume di una scienza superiore» (a.e., la musica parte da principi resi noti dall’aritmetica). Si può affermare, quindi, che anche la teologia è una scienza, in quanto «parte da principi noti per mezzo del lume di una scienza superiore, qual è la scienza di Dio e dei beati». Afferma a riguardo p. Reginald Garrigou-Lagrange che, pur partendo da principi non di per sé evidenti, ma resi noti dalla fede, la teologia si può definire scienza, «perché determina la causa per cui tale cosa ha certe proprietà e non altre. Così determina la natura e le proprietà della grazia santificante, delle virtù infuse in generale, della fede, della speranza, della carità, ecc.».

Acclarato che la teologia è una scienza, l’articolo quarto della quaestio si sofferma sul carattere di tale scienza: ci troviamo di fronte ad una scienza speculativa o ad una scienza pratica? San Tommaso sostiene che la teologia è una scienza sia speculativa che pratica: «Benché, nelle scienze filosofiche, alcune siano speculative e altre pratiche, tuttavia la sacra dottrina le comprende entrambe sotto di sé, nel modo in cui anche Dio conosce con la stessa scienza se stesso e le cose che fa». Allo stesso tempo, tuttavia, va specificato che essa è più speculativa che pratica, in quanto «tratta principalmente più delle cose divine che degli atti umani».

L’articolo sesto, poi, propone un’ulteriore questione: se la teologia è sapienza. Sapiente è, secondo il pensiero tomista, chi «in ciascun genere, studia la causa suprema di quel genere. Per esempio, nel genere della costruzione, è detto sapiente l’artefice che realizza la forma della casa». La teologia, di conseguenza, non può che essere la somma sapienza, poiché «considera in assoluto la causa più alta di tutto l’universo, cioè Dio». Tuttavia, bisogna anche dire che per San Tommaso la teologia è una sapienza superiore alla metafisica, ma allo stesso tempo inferiore alla fede, virtù infusa. Infatti, tale sapienza si acquista con il lavoro speculativo, ma la sua radice è soprannaturale. Afferma, di conseguenza, p. Garrigou-Lagrange che «se il teologo perdesse la fede infusa per un peccato grave contro questa virtù teologale, in lui resterebbe solo il cadavere della teologia, un corpo senz’anima, perché egli non aderisce più formalmente e infallibilmente alle verità rivelate, che sono i principi della teologia». In ultimo – non per importanza – è da considerare quale sia il soggetto della sacra dottrina. Nell’articolo settimo della quaestio San Tommaso affronta proprio tale problema, partendo dalla considerazione: «Sembra che Dio non sia il soggetto di questa scienza». Il motivo di tale considerazione sta nel fatto che conoscere il soggetto di una scienza, secondo Aristotele, significa possedere la conoscenza del quid est, mentre, per quanto riguarda Dio, secondo San Giovanni Damasceno, è impossibile conoscere a pieno quid est. Il Dottore Angelico arriva, tuttavia, alla conclusione opposta: «Nella sacra dottrina tutte le cose sono trattate dal punto di vista di Dio, in quanto o sono lo stesso Dio oppure sono ordinate a Dio, come a un principio o a un fine. Perciò, ne segue che Dio è veramente il soggetto di questa scienza». Siccome, poi, i principi di questa scienza sono gli articoli della fede, «la quale ha per oggetto Dio», si comprende come il soggetto della teologia non può che essere Dio stesso.

È importante, a questo punto, chiarire di che tipo di conoscenza di Dio si tratti. Se Dio è il soggetto della teologia, è necessario comprendere in che modo il teologo arrivi a conoscerlo. P. Garrigou-Lagrange afferma a riguardo che «la teologia, nel teologo che è ancora viator, non si riferisce alla Deità clare visa, come la visione beatifica, ma alla Deità obscure per fidem cognita». In questa vita il teologo conosce Dio «per speculum et in aenigmate» (1Cor 13,12), attraverso la fede nelle verità da Lui rivelate ed affidate alla Chiesa. Solo quando avrà il dono della visione beatifica, in Paradiso, «vedrà immediatamente in Verbo la vita intima di Dio, la Deità o essenza divina, e afferrerà nella piena luce le verità che prima conosceva per fede».

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