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Digiunare nel corpo per saziarci di Cristo

Siamo appena entrati nel tempo liturgico della Quaresima, quaranta giorni di tempo per mortificarci, reprimere in noi le passioni, rinunciare al mondo e a tutto quanto di peccaminoso esso contiene per risorgere con Cristo: oggi spiritualmente e, in futuro, corporalmente con la seconda venuta di Nostro Signore.

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Siamo appena entrati nel tempo liturgico della Quaresima, quaranta giorni di tempo per mortificarci, reprimere in noi le passioni, rinunciare al mondo e a tutto quanto di peccaminoso esso contiene per risorgere con Cristo: oggi spiritualmente e, in futuro, corporalmente con la seconda venuta di Nostro Signore.

Siamo appena entrati nel tempo liturgico della Quaresima, quaranta giorni di tempo per mortificarci, reprimere in noi le passioni, rinunciare al mondo e a tutto quanto di peccaminoso esso contiene per risorgere con Cristo: oggi spiritualmente e, in futuro, corporalmente con la seconda venuta di Nostro Signore.

In questo tempo la Liturgia propone come pratiche penitenziali – molto care alla tradizione biblica e cristiana – la preghiera, l’elemosina ed il digiuno. Tali pratiche ci aiutano a prepararci alla Pasqua facendo in modo di sperimentare la potenza dell’Altissimo il quale «sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti» (Preconio Pasquale). In questo articolo vorrei trattare in modo particolare il valore ed il significato del digiuno. La Quaresima, infatti, rimanda il pensiero proprio ai quaranta giorni che Gesù ha trascorso nel deserto: «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame.» (Mt 4, 1-2). Ma nelle Sacre Scritture troviamo anche altre perifrasi come, ad esempio, quella di Mosè prima di ricevere le tavole della Legge (cfr. 1Re 18,8). Gesù, dunque, con la preghiera ed il digiuno si prepara alla Sua missione, che ha inizio con un duro scontro con Satana.

Gesù tentato

Ma, esattamente, qual è il senso di privarci di qualcosa, magari anche utile al nostro sostentamento? Sia le Scritture che la tradizione ci insegnano che il digiunare è utilissimo per evitare il peccato. Dal momento in cui siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze, il digiuno è il mezzo, lo strumento che ci consente di ritornare al Signore. Sin dalle prime pagine dell’Antico Testamento Dio da’ all’uomo il comando di astenersi dal frutto proibito: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché, nel giorno in cui ne mangerai, certamente dovrai morire.» (Gn 2, 16-17). Anche Esdra, prima di tornare dall’esilio, invitò il popolo al digiuno per «umiliarci – disse – davanti al nostro Dio» (Esd 8, 21). Il Signore ascoltò la loro preghiera e assicurò il Suo favore e la Sua protezione.

Nel Nuovo Testamento, invece, Gesù ci presenta il digiuno secondo la sua profonda ragione, condannando l’atteggiamento dei farisei che, pur osservando la Legge scrupolosamente, avevano il cuore lontano da Dio. Il vero digiuno, ci insegna il Divin Maestro, è quello di compiere la volontà del Padre, il quale «vede nel segreto e ti ricompenserà» (Mt 6, 18). Gesù in persona ci da’ l’esempio quando, al termine dei quaranta giorni nel deserto, risponde a Satana: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4, 4). Il vero digiuno, perciò, è quello da sé stessi, dalla propria volontà, dal proprio ego per obbedire ed adempiere la volontà del Padre Celeste sottomettendosi a Lui umilmente.

Oggi questa pratica del digiuno ha perso molto la sua valenza spirituale sostituendosi con la cura del proprio corpo. Digiunare certamente porta beneficio al corpo, ma è soprattutto “medicina” per curare tutto ciò che impedisce ognuno a conformarsi alla volontà di Dio. La pratica costante del digiuno aiuta a dare unità al corpo e all’anima, dandoci manforte nell’evitare il peccato e ad aumentare l’intimità con il Signore. Sant’Agostino nel suo trattato “L’utilità del digiuno”, scriveva: «Mi do un certo supplizio, ma perché egli mi perdoni; da me stesso mi castigo perché Egli mi aiuti, per piacere ai Suoi occhi, per arrivare al diletto della Sua dolcezza”» (Sermo 400). Privarci del cibo materiale facilita la disposizione interiore ad ascoltare Cristo e a nutrirsi della Sua Parola (tramite la Lectio Divina, meditazione della Sacra Scrittura, strumento da riscoprire). Digiunando e pregando consentiamo a Dio di venire a saziare la vera fame che ha il nostro spirito: la fame di Dio!

SALMO 63
(Salmo di Davide, quando era nel deserto di Giuda.)

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O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta,
arida, senz'acqua.
Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
Ma quelli che attentano alla mia vita
scenderanno nel profondo della terra,
saranno dati in potere alla spada,
diverranno preda di sciacalli.
Il re gioirà in Dio,
si glorierà chi giura per lui,
perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.

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