di Giuliano della Rovere
Introduzione
“Ma come mai quel ministrante ha la stola di traverso?”. Chiunque non sia un grande frequentatore di sacrestie potrebbe porsi questa domanda perché il “diacono” si ritrova sopratutto nel ruolo di “chierichettone” che proclama il Vangelo e poco altro. Ma il diacono è una figura, oggigiorno sempre più diffusa nella forma di “permanente”1 rispetto al “transeunte”2, ed è un esempio vivente di uomini votati, dedicati al servizio. In questo articolo non si ha la pretesa di esplorare fino in fondo questo ministero ma di offrire una breve panoramica biblica(1), brevissima storica (2) e più diffusa circa i tempi di oggi con il focus, grazie alle premesse e al rito di ordinazione stesso (a cui si farà riferimento)3, sugli impegni presi davanti al Vescovo e al popolo di Dio e le funzioni che può esercitare (3).
1. Il fondamento scritturistico del ministero del diaconato
La Chiesa da subito ha sentito la necessità di istituire una figura a sostegno dell’opera apostolica, scegliendo dai propri fedeli alcune persone. Se ne ha testimonianza nel libro degli Attti degli Apostoli:
[1] In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. [2] Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. [3]Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. [4] Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». [5]Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. [6] Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani4.
Non vengono da subito chiamati diaconi, ma questo primo gruppo venne chiamato dai Dodici per “servire alle mense”, infatti l’etimologia della parola greca diakonos indica servo, ministro. Oltre ai beni che venivano distribuiti, nel testo si sottintende anche la distribuzione del Pane e la predicazione, quindi questo gruppo assume le funzioni degli apostoli verso le assemblee (senza ovviamente il loro “grado” di comando e autorità).
Del gruppo sopra citato i più famosi furono Stefano (primo martire5) e Filippo (colui che operò in Samaria6 e battezzò l’eunuco etiope7) che hanno un ruolo che esercitano con autorità in modo simile a quello degli apostoli, anzi di Cristo stesso: infatti Stefano nella sinagoga in cui tiene il suo discorso parla con parresia come Gesù davanti al sinedrio e, nel venire ucciso dice le sue stesse parole “non imputare loro questo peccato”; Filippo, opera grandi segni in Samaria e con l’eunuco si comporta come Gesù con i discepoli di Emmaus8. Un altra prova di come “i diaconi” siano chiamati non a un ruolo di serie B, ma ad un ruolo che è rimasto ancora oggi di poter operare “nella vigna del Signore” seguendo l’esempio di Cristo, in obbedienza agli apostoli (oggi i vescovi) per portare la buona notizia del Vangelo e il Pane di vita al popolo di Dio.
2. Breve excursus storico
Come visto dall’epoca apostolica la figura del diacono è da sempre legata all’annuncio della buona notizia del Vangelo e alla carità. Passata la fase apostolica della Chiesa, fino ad oggi la figura del diacono, grazie anche a figure carismatiche di santi (Lorenzo, Vincenzo, Efrem, ecc.) ha visto attribuire al diacono nuove funzioni. San Lorenzo (225-258) ad esempio era arcidiacono, voluto da Papa Sisto II nel 257. L’arcidiacono era colui che si occupava delle opere di carità inoltre un probabile successore del sommo pontefice. Nei secoli successivi si trovano molti diaconi “permanenti” come San Francesco di Assisi (1181-1226), che, non sentendosi degno del ministero presbiterale, volle rimanere diacono per poter predicare. Questo perché in quel periodo, la Chiesa autorizzava i “laici” a tenere omelie esortative invece potevano trasmettere il contenuto dogmatico solo i ministri ordinati.
Nel Medioevo comparvero i “cardinali diaconi”, il grado più basso dei cardinali (seguono presbiteri e vescovi), creati tali dal Papa per gestire le sette diaconie di Roma. Nel corso dei secoli aumentarono di numero con l’espandersi del “territorio della Chiesa”. Il cardinale più anziano, “il proto diacono”, era colui che aveva il privilegio di incoronare il Papa, oggi annuncia l’elezione del nuovo pontefice.
Per secoli, fino a prima del Concilio Vaticano II, i diaconi erano, eccetto i cardinali diaconi visti sopra, coloro che, terminato il cammino di seminario attendevano l’ordinazione presbiterale e nelle liturgie servivano all’altare cantando il Vangelo e coadiuvando nella celebrazione stess il Sacerdote. E, come si è mantenuto ancora oggi, il diacono può amministrare alcuni sacramenti fuori dalla Divina Liturgia: battesimo, matrimonio e rito delle esequie. Dopo il Concilio Vaticano II si aprì la strada al “diaconato permanente”, uomini ordinati diaconi ma che continuano la loro vita nel secolo, accudendo la famiglia e coadiuvando la parrocchia/le parrocchie a cui vengono assegnatati per la predicazione e le opere di carità.
3. Il diaconato oggi
Oggi, come visto, il diaconato si presenta in due forme ma entrambe hanno le stesse funzioni:
«Spetta al diacono, conforme a quanto gli sarà assegnato dalla legittima autorità, conferire solennemente il Battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, in nome della Chiesa assistere e benedire il Matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire . È ed esortare il popolo, presiedere il culto e le preghiere dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere il rito del funerale e della sepoltura. Dediti alle opere di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito del beato Policarpo: “Siano misericordiosi, attivi e camminino nella verità del Signore, il quale si è fatto il servo di tutti”9
Come si nota restano le funzioni istituite apostolicamente negli Atti con l’aggiunta di altre tra cui l’amministrazione di buona parte dei Sacramenti ad eccezione dell’Eucarestia (“solo” la sua distribuzione ai fedeli e l’ostensione e benedizione per le adorazioni) e della Confessione, propri del sacerdozio. Il poter dare benedizioni, amministrare i sacramenti sono sia un modo per coadiuvare i sempre meno sacerdoti nell’amministrare gli stessi, sia, per i diaconi transeunti la possibilità di iniziare a esercitare il ministero che vivranno da sacerdoti con, in molti casi, l’amministrazione dei Sacramenti nella Santa Messa.
Si nota anche come restino intatte le funzioni principali della predicazione e della carità che di seguito analizzeremo in riferimento alle domande che pone il vescovo ai candidati durante il rito:
Volete, come dice l’Apostolo, custodire in una coscienza pura il mistero della fede, per annunziarla con le parole e le opere, secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa?
Qui viene chiesto all’eletto di portare il Vangelo, il mistero della fede nella predicazione, in riferimento al magistero e alla Tradizione perché ovviamente la riflessione sulla Scrittura non inizia con l’ordinando (!). Il diacono è tenuto, nelle catechesi e nell’omelia a portare, rendere più fruibile al popolo di Dio la Parola di Dio e anche con l’esempio della vita, nelle opere perché, come insegna la Gaudem et Spes al n. 22 “l’uomo è unità di corpo e anima”, quindi sia uomo in cui “la Parola è incarnata” per portarla veramente in tutti i modi e ambienti dove si trova. Qui è importante anche lo studio e la meditazione della Scrittura, l’esegesi, il Magistero della Chiesa e gli scritti dei Padri che da sempre orientano i fedeli e i ministri ordinati ad una lettura ortodossa, nel solco della Chiesa, la Sacra Scrittura. Infatti:
Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni10.
“Volete esercitare il ministero del diaconato con umiltà e carità in aiuto all’ordine sacerdotale, a servizio del popolo cristiano?”
Questa domanda fa riferimento al modo in cui vivere il ministero, umiltà e carità, cioè mettendosi al servizio senza ricercare gloria e onori in terra per amore dei fratelli. In quest’ottica cambia tutta la prospettiva che si può avere del ministro ordinato come “altro dai laici”, “uno che ha fatto carriera”, ma come una persona che si è donata alla Chiesa, a Cristo suo sposo, per servire i fratelli aiutando il sacerdozio. In pratica ci sono vari modi in cui si può tradurre dall’obbedienza al vescovo, al parroco all’aiutare la parrocchia circa le opere di carità (caritas parrocchiale, centri di ascolto,ecc.) come anche la visita ai malati portando Cristo eucarestia, celebrando la Liturgia della Parola in quelle comunità dove il sacerdote non può arrivare e curando, se persona capace, l’aspetto economico parrocchiale in aiuto al parroco.
Ci sarebbero altri aspetti su cui riflettere circa i doveri del diacono (orazione mentale, partecipare all’Eucarestia quotidiana, recita della Liturgia delle Ore, il tenersi aggiornato con la formazione permanente, ecc.) ma vorrei soffermarmi ancora su una delle promesse: il celibato.
Voi che siete pronti a vivere nel celibato: volete in segno della vostra totale dedizione a Cristo Signore custodire per sempre questo impegno per il regno dei cieli a servizio di Dio e degli uomini?
Il celibato richiesto come parte costitutiva del ministro ordinato (diacono transeunte, sacerdote, episcopo,ecc.) a volte viene visto come una “limitazione” o come “qualcosa che si può superare con i tempi di oggi”. Non voglio soffermarmi troppo su questo e le varie polemiche intorno al celibato, tema che a “ondate” ritorna nella Chiesa, ma vorrei solo sottolineare come il ministro ordinato o il religioso vivano sulla terra, qui e ora come se vivessero “già di là”. Mi spiego meglio: vivono già l’oggi come si vivrà un domani nel regno dei Cieli dove “non si prenderà più moglie e marito” ma pienamente dedicati a Cristo, a contemplare la Santissima Trinità. Quindi per meglio dedicarsi al ministero, nell’oggi su questa terra, come segno di totale dedizione a Cristo a servizio dei fratelli, è bene che si viva il celibato per poter, senza legarsi a una sola persona, amare in modo casto tutti i fedeli per dedicarsi pienamente a loro, sull’esempio di Gesù.
Conclusione
È dovere di tutti i fedeli della Diocesi accompagnare con la preghiera i candidati al diaconato.11
Come premesso, questo articolo ha solo lo scopo di accendere alcune luci intorno al ministro ordinato del Diacono, un ministero che ha le sue origini, se non “gesuane”, apostoliche che nel corso dei secoli ha visto varie differenziazioni, implementazioni di funzioni ma che è rimasto fisso al suo centro: il dono totale di sé per la predicazione e il servizio. Oggi, in questo tempo che vede diminuire sempre più i sacerdoti, bisogna pregare perché ci siano ancora giovani che, rispondano di si alla chiamata del Signore e che portino la Parola e il Suo Corpo a tutti i fedeli nel diaconato prima e nel sacerdozio poi e perché ci siano anche uomini “secolari” che dicano il loro si nel servire la Chiesa negli ambienti quotidiani (lavoro, famiglia e parrocchia).
Note
- Uomini celibi o sposati che scelgono di rimanere nel secolo (lavoro, famiglia) e esercitare il ministero del diaconato.
- Colui che, terminato il percorso di seminario, viene ordinato diacono in vista del presbiterato.
- Presi da “Ordinazione del vescovo, dei presbiteri e dei diaconi”, CEI, 1992.
- At 6,1-6.
- At 8,55-60.
- At 8,5-8.
- At 8,26-40.
- Lc 24, 13-35.
- Premesse all’Ordinazione, n.192.
- Dal Rito, nel momento della consegna del Vangelo nelle mani dell’ordinando.
- Premesse all’Ordinazione, n. 197
Questo articolo è tratto da
Templum Domini 11 | Marzo-Aprile 2022