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Una silenziosa speranza, quella di Papa Benedetto XVI

“Non mi preparo per una fine ma per un incontro”, diceva Benedetto XVI. Con la dipartita del Papa emerito non termina solo un anno ma un’era del mondo cattolico e una pagina di storia totalmente inedita.

Negli ultimi giorni si è parlato molto di Papa Benedetto e dell’atteggiamento di Papa Francesco durante la celebrazione dei funerali. Personalmente ho seguito in diretta la funzione e mi ha molto rattristato vedere tanta tiepidezza nei confronti, prima di un predecessore, poi di un confratello. In questa occasione Papa Francesco, che avrebbe potuto far buon viso e cattivo gioco, ha espresso molto bene il detto “si predica bene e si razzola male”. Nell’Enciclica Fratelli tutti, facendo riferimento al documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, il Santo Padre ha sottolineato che Dio «ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro»; e ancora: «l’essere umano possiede la medesima dignità inviolabile in qualunque epoca storica e nessuno può sentirsi autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di conseguenza. L’intelligenza può dunque scrutare nella realtà delle cose, attraverso la riflessione, l’esperienza e il dialogo, per riconoscere in tale realtà che la trascende la base di certe esigenze morali universali». É chiaro che il Santo Padre si riferisce al dialogo interreligioso riconoscendo una fraternità umana tra cristianesimo e islamismo, nonché tra tutte le altre entità religiose. Tuttavia questo rispetto e riconoscenza di dignità non è stato riservato al suo predecessore Benedetto XVI che, sicuramente imperturbabile dall’alto dei cieli, ha subito un funerale “semplice”, senza tutti quegli onori d’altare che si sarebbe meritato. 

©CNN

Qualcuno, ancora con gli occhi velati, avrà pensato che forse il Papa era troppo provato fisicamente da non riuscire a trasmettere quell’afflato che invece nella piazza, ma soprattutto in via della Conciliazione, era palpabile. Santo subito! Queste le parole di molti come forma di ultimo saluto a Papa Benedetto XVI. Gli stessi che non si riconoscono più in una Chiesa secolarizzata, sempre più lontana dalla dottrina cattolica e più vicina ai media protestanti. Quella «silenziosa speranza – di cui parlava Papa Ratzinger –  che potrebbe rappresentare in tutto ciò una piccola isola di vita migliore, una piccola oasi di libertà, in cui di tanto in tanto ci si può ritirare» sta di fatto emergendo e potrebbe al più presto insorgere come un grido, lo stesso della folla che lo acclama Santo subito. Questa collera non può venir meno, proprio poiché non si può estinguere quel sogno che ci aveva rivolti con speranza verso la Chiesa. Una Chiesa come “città ideale per noi uomini”, intesa come società in grado di garantire la libertà sul piano delle regole, ma formata da cittadini liberati dal peccato. Dunque una realtà alternativa alla solita omologazione che realizza cittadini realmente liberi, sia sul livello esteriore che interiore. Ma per edificare una simile dinamica civile è fondamentale la libera adesione alla visione spirituale della Chiesa da parte degli individui.

Forse un giorno il fumo di satana si estinguerà e si ritornerà ad assaporare il profumo di Cristo. Nel ringraziare Sua Santità per il servizio reso alla Chiesa e per aver dedicato la sua intera esistenza terrena a proclamare le verità rivelate e a difendere con insistenza il deposito della fede, chiediamogli di vegliare su di essa perché non assuma il sapore di una istituzione e di tutto ciò che è umano, ma che, contemplando il volto crocifisso e glorioso di Cristo, torni a testimoniare il Suo amore nel mondo.

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