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“Io sono tuo padre” – Guerre stellari rovescia il figlio prodigo

Egli è un esempio malvagio di paternità, che si contrappone all’archetipo del buon padre, di cui il paradigma più noto è nella parabola del figlio prodigo.

“Io sono tuo padre!”, così Dart Fener si presenta al figlio Luke in Guerre stellari, dopo che lo ha quasi ammazzato e sta tentando con tutta la sua “forza” di sedurlo al “lato oscuro”. Egli è un esempio malvagio di paternità, che si contrappone all’archetipo del buon padre, di cui il paradigma più noto è nella parabola del figlio prodigo [1] . In questo episodio narrato da Gesù, un padre riaccoglie il proprio figlio minore, che dopo aver abbandonato la casa e dilapidato il patrimonio riappare nel momento del bisogno. Questo figlio, tuttavia, non torna uguale a prima, ma segnato dalla carestia e pentito dei peccati compiuti:

“Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi”.

[2]

Il padre fa festa per questo evento, che per lui è una rinascita, una resurrezione spirituale del figlio minore, anche di contro a quanto il figlio maggiore afferma mediante rimprovero. Il padre perdona ed accoglie.

L’antitetico Dart Fener, invece, è una figura paterna che cerca di coartare il figlio in una dimensione crudele ed infelice della vita, attraendolo con le grandi possibilità che può offrire il lato oscuro della forza. Miraggi di potere e dominio, oscuri e senza speranza. Tuttavia, Dart Fener non nasce come un oscuro signore. Egli venne alla luce col nome di Anakin Skywalker, in una forma quasi divina, poiché concepito senza l’intervento di uomo. Egli aveva solo la madre ed era potentissimo nella forza, grazie alla quale fu generato. Tuttavia conobbe atroci dolori spirituali e corporali, dapprima rifiutato dal consiglio dei jedi, conobbe il dolore di veder la propria madre morta, fra atroci sofferenze, in schiavitù, infine, divenuto jedi non gli fu permesso di vivere il proprio amore né la propria paternità. La sua volontà s’indebolì e prese il sopravvento il desiderio di vendetta. Da questo momento fu progressivamente sedotto dal lato oscuro della forza, corrotto dalle manovre dell’imperatore. Pronunciato il suo “sì” definitivo al lato oscuro, egli ne fu schiavo. Potente, ma pur sempre schiavo.

Era un uomo apparentemente senza possibilità di salvezza, eppure dentro di lui albergava ancora una scintilla remota del bene. Un residuo antico, che l’imperatore conosceva e temeva. “Cerca dentro di te, lord Fener”, gli disse, per sondare quanto il suo servo più potente fosse consapevole di nascondere un barlume di bontà. [3]

Quando il nero lord vide suo figlio, questa fiamma si riaccese, ma il lato oscuro era ancora troppo forte. Usò violenza, fisica e psicologica, verso di lui, affinché unisse la sua forza alla propria. Voleva un’alleanza familiare tutta incentrata al potere di assoggettare il prossimo. Cionondimeno, la coscienza iniziò ad emergere, i sentimenti del sopito Anakin Skywalker si destarono ed ebbe luogo una svolta. Dart Fener decide di salvare suo figlio dalla crudeltà assoluta dell’imperatore, vera incarnazione del male fine a sé stesso. Sconfitto l’imperatore, Dart Fener torna ad essere Anakin e, ormai in fin di vita, chiede di vedere un’ultima volta suo figlio, ma coi suoi veri occhi e non con la maschera che il male lo aveva costretto ad indossare.

Luke si china sul padre, gli toglie la maschera e lo riconosce come genitore. È il ribaltamento della parabola del figlio prodigo. È il figlio che perdona il padre. Quel padre che aveva rinnegato sé stesso e che, redento, torna implorante a chiedere la pietà del figlio:

“Era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”.

(Lc 15, 32)

Tra l’epopea di Guerre Stellari e la parabola evangelica del figlio prodigo è possibile evidenziare questo parallelo, dove la conclusione è per entrambi i personaggi la conversione e la redenzione. Un figlio si è riconciliato col padre, un padre si è riconciliato col figlio, in ambedue i casi l’esito sarà la gioia e la festa, nella quale è possibile trovare simbolicamente il più alto senso escatologico della gioia del cielo anche “per un solo peccatore che si converte”. [4]


Note

  1. Cf. Lc 15, 11-32.
  2. Lc 15, 18-19.
  3. Una testimonianza interessante è quella di Massimo Foschi, il doppiatore italiano di Dart Fener, il quale ricorda spesso nelle sue interviste che il direttore di doppiaggio, Mario Maldesi, lo scelse poiché aveva la voce giusta, scura e profonda, ma al contempo conservasse uno sfondo di bontà, che era appunto la dimensione nascosta del personaggio.
  4. Lc 15, 7.

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