«In tutto il tempo che trascorse tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, questo la Provvidenza di Dio procurò di insegnare e imprimere nei cuori e agli occhi dei suoi: che il Signore Gesù Cristo era veramente Risuscitato, come realmente era nato, aveva patito, era morto. Per questo i beatissimi apostoli e tutti i discepoli, che erano stati tanto trepidanti per la sua fine sulla Croce e titubanti nel credere alla Risurrezione, furono con tanta chiarezza confermati nella Verità, da non provare nessuna tristezza nel vedere il Signore ascendere nell’alto dei Cieli, ma piuttosto una grande letizia. E veramente grande e ineffabile era il motivo della gioia, cioè che al cospetto di quella santa moltitudine, la natura del genere umano ascendesse a una dignità superiore a quella di tutte le creature celesti, al di sopra delle schiere angeliche, per essere elevata oltre le sublimi altezze degli arcangeli; non avrebbe potuto ricevere tale sublime esaltazione se non fosse stata accolta nel consesso dell’Eterno Padre, associata al trono di Gloria di Colui alla cui natura era strettamente unita nel Figlio». [1]
Gesù ritorna a Colui che lo aveva mandato, al Padre che tanto aveva amato il mondo da dare il Suo Unigenito Figlio, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna (cfr Gv 3,16). Da adesso in poi sarà lo Spirito Santo a guidare i primi e i successivi discepoli perché si formi in loro il Cristo, con tutta la sua Santità, in modo che essi, sue membra, edifichino il Suo Corpo mistico.
Gli apostoli gli chiesero di poter ascendere con Lui, affinché non li lasciasse orfani. Egli disse loro: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandato» (Mt 28,19-20). «Non vi lascerò orfani» (Gv 14,18), «Ecco, Io sono con voi», cioè nel Santissimo Sacramento dell’altare, «tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo» (Mt 28,20).
«Con i discepoli guardiamo il Cielo senza nuvole come se volessimo penetrare i segreti del Regno Celeste al di là e testimoniare l’ingresso di Cristo in esso. Allora sorge in noi il pensiero: “O felici Apostoli! scelti per contemplare l’Ascensione del Signore; potessimo conoscere i sentimenti che riempirono i vostri cuori quando lo vedeste, circondato da una nuvola luminosa, scomparire alla vista!” ». [2]
Chiunque mediti come dovrebbe sulle realtà del Cielo si sente abbastanza forte da faticare, lottare e soffrire per questo, con fedele perseveranza, fino alla fine. E cosa dovrebbe esserci di più facile che suscitare nel proprio cuore questo desiderio ardente per ogni fedele figlio della Chiesa?
L’uomo sopporta, con la massima pazienza, le operazioni più dolorose, allo scopo di salvare la propria vita o l’integrità fisica. Dovremmo ancor più sforzarci di sopportare con pazienza i dolori e le prove della terra in modo da salvare anche le nostre anime immortali. Pensiamo al Paradiso non solo mentre commemoriamo questa festa gloriosa, ma anche nel lento ed inesorabile trascorrere del tempo, affinché possiamo vivere in modo tale che, quando chiuderemo gli occhi alle cose terrene, possiamo, senza indugio, ascendere a quella luminosa e gloriosa condizione per dimorare con Cristo in Cielo, per sempre.
Nel profondo del cuore umano aleggia la dolce speranza di ascendere finalmente al Cielo. Non c’è peccatore, per quanto abbandonato, che non nutra la speranza che per qualche Grazia inaspettata vedrà il suo Salvatore Glorificato.
Se amiamo Gesù sopra ogni cosa, dovremmo rallegrarci della Sua Ascensione Gloriosa. Qual esultanza deve allargare il cuore del cristiano che veramente lo ama mentre ricorda le parole del Salmo che profeticamente descrive l’Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo: «Alzatevi, porte eterne, perché il Re della gloria si avvicina!» (cfr Sal 24,7).
«In questa prospettiva comprendiamo perché l’evangelista Luca affermi che, dopo l’Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme “pieni di gioia” (24,52). La causa della loro gioia sta nel fatto che quanto era accaduto non era stato in verità un distacco, un’assenza permanente del Signore: anzi essi avevano ormai la certezza che il Crocifisso- Risorto era vivo, ed in Lui erano state per sempre aperte all’umanità le porte di Dio, le porte della vita eterna. In altri termini, la sua Ascensione non ne comportava la temporanea assenza dal mondo, ma piuttosto inaugurava la nuova, definitiva ed insopprimibile forma della Sua Presenza, in virtù della Sua partecipazione alla Potenza Regale di Dio. Toccherà proprio a loro, ai discepoli, resi arditi dalla potenza dello Spirito Santo, renderne percepibile la presenza con la testimonianza, la predicazione e l’impegno missionario». [3]
«Durante l’Ascensione, Gesù gettò un’occhiata verso la terra che stava piombando nell’oscurità. Soltanto alcune piccole luci brillavano timidamente sulla città di Gerusalemme. L’Arcangelo Gabriele, che era venuto ad accogliere Gesù, gli domandò: “Signore, che cosa sono quelle piccole luci?”.”Sono i miei discepoli in preghiera, radunati intorno a Mia Madre. E il mio piano, appena rientrato in Cielo, è di inviare loro il mio Spirito, perché quelle fiaccole tremolanti diventino un incendio sempre vivo che infiammi d’Amore, poco a poco, tutti i popoli della terra!”. L’Arcangelo Gabriele osò replicare: “E che farai, Signore, se questo piano non riesce?”. Dopo un istante di silenzio, il Signore gli rispose dolcemente: “Ma Io non ho un altro piano». [4]
Non dobbiamo smettere di guardare al Cielo, dove nostro Signore ora regna nella Gloria degli Angeli e dei Santi. «La nostra patria è il Cielo» ci ripete da diversi anni, ormai, durante le sue innumerevoli apparizioni sulla terra, la nostra Mamma del Cielo. Dal Cielo, che è il Cuore stesso di Dio, siamo usciti, e al Cielo siamo chiamati a fare ritorno al termine del nostro pellegrinaggio terreno.
Con simili parole si esprime San Giovanni Crisostomo, nella sua omelia sull’Ascensione: «Oggi l’umanità è completamente riconciliata con Dio. Sono finite le vecchie lotte e inimicizie. Noi indegni di vivere sulla terra siamo saliti in Cielo. Oggi diventiamo gli eredi del Regno dei Cieli, noi che non siamo degni del terreno, andiamo in Paradiso ed ereditiamo il trono del Re e del Signore».
«Festa della Fede questa nostra dell’Ascensione – commenta San Paolo VI, Papa, l’8 maggio 1975 – una Fede che spalanca la finestra sull’oltretempo riguardo a Cristo Risorto, lasciandoci intravedere qualche cosa della Sua Gloria immortale: e sull’oltretomba riguardo a noi morituri, ma destinati, alla fine dei nostri giorni nel tempo, alla sopravvivenza nella comunione dei Santi e alla Risurrezione dell’ultimo giorno per l’Eternità. La Fede, allora, diventa Speranza; una Speranza vittoriosa emana dal mistero dell’Ascensione, fonte ed esempio del nostro futuro destino, e che può e deve sorreggere il faticoso cammino del nostro pellegrinaggio terrestre. E la Speranza, ci è assicurato, non delude: spes autem non confundit (Rm. 5, 5)».
Le preghiere di questa Solennità ci chiedono di rimanere fedeli alla duplice condizione della vita cristiana, orientata contemporaneamente alle realtà temporali e a quelle eterne. Questa è la vita nella Chiesa: impegno nell’azione e perseveranza nella contemplazione. il Cristo, infatti, innalzato al di sopra della terra, ha attirato a Sé tutti gli uomini; risorgendo dai morti, ha inviato il suo Spirito vivificante sui suoi discepoli e per mezzo di Lui ha costituito il Suo Corpo, che è la Chiesa, come Sacramento universale di Salvezza; seduto alla destra del Padre, Egli agisce incessantemente nel mondo per condurre gli uomini alla “Sua Chiesa” e, per mezzo di Lei, unirli più strettamente a Sé, nutrendoli del proprio Corpo e del proprio Sangue, per renderli partecipi della Sua Ascensione al Cielo e della Sua Gloriosa Risurrezione.
Nostro Signore Gesù Cristo, prima di ritornare al Padre suo e Padre nostro, ci ha lasciato la Sua Presenza Viva e Sostanziale nel Santissimo Sacramento dell’altare; ci lascia il Suo Vangelo, Parola di Verità viva ed eterna; ci lascia la Chiesa e in Lei lo Spirito Santo che la anima e la ringiovanisce continuamente; ci lascia il dono della Fede, della Speranza e dell’Amore; ci lascia il grande compito di creare una società nuova, da ricostruire e rifondare sul Comandamento dell’Amore. A noi, infine, lascia il compito di essere annunciatori, con la nostra vita, della Buona Novella, che è Lui, il Crocifisso, Risorto e Asceso al Cielo per noi e per la nostra Salvezza e quella del mondo intero.
«Gesù chiama a Sé i pastori, Lazzaro, Giuseppe, Nicodemo, Mannaen, Massimino e gli altri dei settantadue discepoli, ma tiene vicino specialmente i pastori, dicendo loro: “Qui, Voi vicino al Signore che era venuto dal Cielo, curvi sul Suo annichilimento, voi vicini al Signore che al Cielo ritorna, con gli spiriti gioenti della sua glorificazione. Avete meritato questo posto, perché avete saputo credere contro ogni circostanza in sfavore e avete saputo soffrire per la vostra Fede. Io vi ringrazio del vostro amore fedele. Tutti vi ringrazio. […] Tutti benedetti da Me in questo addio, invocandovi dal Padre la ricompensa di coloro che hanno consolato il doloroso cammino del Figlio dell’uomo. Benedetta l’umanità nella sua porzione eletta che è nei giudei come nei gentili, e che si è manifestata nell’amore che ebbe per Me […]. Tutte benedette, voi creature, opere del Padre mio. Mie compagne di quest’ora mortale, amiche a Colui che aveva lasciato il Cielo per togliere alla tribolata umanità i triboli della Colpa che separa da Dio. E benedetti anche voi strumenti innocenti della mia tortura: spine, metalli, legno, canape ritorte, perché mi avete aiutato a compiere la Volontà del Padre mio!”
[…] Gesù è in piedi su una larga pietra un poco sporgente, biancheggiante fra l’erba verde di una radura. Il sole lo investe facendo biancheggiare come neve la sua veste e rilucere come oro i suoi capelli. Gli occhi sfavillano di una luce divina. Apre le braccia in un gesto di abbraccio. Pare voglia stringersi al seno tutte le moltitudini della Terra che il suo spirito vede rappresentate in quella turba. La sua indimenticabile, inimitabile voce dà l’ultimo comando: “Andate! Andate in mio Nome ad evangelizzare le genti sino agli estremi confini della Terra. Dio sia con voi. Il suo amore vi conforti, la sua luce vi guidi, la sua pace dimori in voi sino alla vita eterna” ». [5]La tua ascensione al Cielo, Signore,
mi colma di gioia perché è finito per me
il tempo di stare a guardare ciò che fai
e comincia il tempo del mio impegno.
Ciò che mi hai affidato,
rompe il guscio del mio individualismo
e del mio stare a guardare
facendomi sentire responsabile
in prima persona della salvezza del mondo.
A me, Signore, hai affidato il tuo Vangelo,
perché lo annunciassi su tutte le strade del mondo.
Dammi la forza della Fede,
come ebbero i tuoi primi apostoli,
così che non mi vinca il timore,
non mi fermino le difficoltà,
non mi avvilisca l’incomprensione,
ma sempre e dovunque, io sia tua lieta notizia,
rivelatore del Tuo Amore,
come lo sono i martiri e i santi
nella storia di tutti i popoli del mondo. Amen. [6]
- Leone Magno, Discorsi, 73,4-5
- Francesco Saverio Weninger, La festa dell’Ascensione, 1876
- Benedetto XVI, Cassino, Piazza Miranda, 24 maggio 2009
- Bruno Ferrero, Racconti con Morale
- Maria Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, 24 aprile 1947, capitolo 638, Ascensione di Gesù al Padre
- Dal sito Preghiere per la Famiglia, Ascensione di Nostro Signore Gesù Cristo