Uno degli aspetti maggiormente trascurati, nel clima modernistico della chiesa dei nostri giorni, è l’importanza dell’adorazione esterna nel culto dovuto a Dio.
Per adorazione esterna ci si riferisce a quel complesso semiotico di postura, gesti, comportamenti e portamenti, che il cristiano deve assumere, in corrispondenza del proprio stato di vita, per poter offrire qualcosa di gradito a Dio.
L’adorazione esterna non è quella che Gesù riprova nei giudei, perché in questo caso il riferimento di Nostro Signore è indirizzato alla natura intima della fede di costoro. Una fede fatta di esteriorità, ma estremamente insipida, profondamente erronea ed essenzialmente vuota. L’adorazione esterna, invece, è uno strumento fondamentale per la preghiera e per il culto, perché è gradita sommamente a Dio. Come sappiamo, noi siamo stati creati da Dio per conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita, e poi goderLo nell’altra in Paradiso. Per questo, tutti quei segni e comportamenti esterni, che noi dobbiamo avere durante la preghiera o nel corso del sacrificio della S. Messa, sono voluti e apprezzati tantissimo dal Signore. Perché sono atti di adorazione. Dopodiché, questi segni sono importanti anche per noi, perché ci ricordano che a Dio dobbiamo profondo rispetto e massima riverenza. Per questo, pregare Dio con le mani giunte, con il pollice destro sovrapposto al sinistro in segno di Croce, è profondamente diverso che pregare con le braccia conserte o raccolte dietro le natiche. Sopratutto, pregare in ginocchio è sommamente diverso che pregare in piedi.
Se le S. Scritture sono chiare sull’importanza del mettersi in ginocchio, i cristiani di oggi sono molto tiepidi a riguardo. Inginocchiarsi è vista come una pratica arcaica, che non serve più o che raffigura una visione misogina, patriarcale o fondamentalistica della vita religiosa. Ragazze e ragazzi entrano in Chiesa, e non si mettono in ginocchio nemmeno per errore. Si fanno un segno di croce a velocità folli, senza neanche pensare al significato intimo del gesto.
E’ chiaramente superfluo sottolineare come questa irriverenza sia dovuta essenzialmente all’infiltrazione dello spirito del mondo, che è intriso di materia antireligiosa, ribelle e non riconoscente di un’autorità, checché se ne discuta.
Perché è importante inginocchiarsi?
Perché, ancor prima di esserci comandato esplicitamente, ed essere un supremo gesto di riconoscimento dell’autorità suprema di Dio, inginocchiarsi implica un’umiliazione, ma allo stesso tempo un’accettazione della propria condizione umana. Una condizione che oscilla di continuo tra la volontà di esaltarsi di fronte agli uomini, ed il riconoscimento di essere nulla, e di finire in nulla.
Questa natura è tormentata dalla contraddizione, dal “bene” che si vuole, non fatto, e dal “male” che non si vuole, ma che si commette. Umiliarsi del nulla di fronte al Signore, e piegare quel ginocchio, significa far tesoro e memoria di chi siamo. Del fatto che noi a quel crocifisso dobbiamo la nostra Salvezza, e che da soli non possiamo amare Dio. Neanche sforzandoci. Dobbiamo invece inginocchiarci, adorare e chiedere umilmente la grazia, unico dono soprannaturale che ci divinizza, e ci consente di amare Dio, e di uniformarci a Cristo.
Ci inginocchiamo perché quei peccati che commettiamo, sia veniali che mortali, sono degli schiaffi tirati a Cristo, sono delle lance che finiscono nelle sue piaghe, sono sputi sul Suo sacro volto. Ed è attraverso quel dolore dell’osso piegato sul legno, che ci fa capire che quell’amore che muove Cristo ad abitare nei tabernacoli, ansioso di essere amato e di comunicarsi a noi, è arrivato ad un prezzo. E che prezzo.
Per questa ragione, i vecchi confessionali sono angusti. Concedono poco spazio per il penitente, costretto a stare ginocchioni sul legno duro, con pochi centimetri a disposizione. La via della penitenza è piena di dolore, dolore per i propri peccati, dolore per il danno fatto all’anima e a Cristo, che viene tradito alla stessa stregua di Giuda. E deve essere così.
Ricevere Gesù in ginocchio, nella Santissima Eucaristia, non è un indicatore statistico per evidenziare un “tradizionalista”. E’ il modo supremo con cui si riceve Cristo, che si offre per abitare in noi e conformarci a Lui. E’ un segno di profondo amore, rispetto e riconoscenza. Se non siamo disposti a stare in ginocchio, come affronteremo le croci che giustamente il Signore ci manda per espiare le pene dei nostri innumerevoli peccati? Chiaramente poi uno si lamenta e dice: “Il Signore mi punisce, perché è duro con me?”. Eh beh, certo. Tu come sei stato con Lui? Ti comportavi bene, quando pregavi con le braccia conserte, quando pensavi a tutto fuorché alle parole dell’Ave Maria che a nastro ripetevi, magari di fretta, per chiudere il prima possibile l’orazione? Ti comportavi bene, quando prima di riceverlo sacramentalmente ti strusciavi la mano sul naso, per poi riceverlo in piedi senza rispetto, e senza nemmeno prepararti a riceverlo e ringraziarlo dopo essere venuto nella tua anima ad abitarvi? Non parliamo della tua condotta di vita, con discorsi e atti volgari e contrari alla castità, a come tratti il prossimo: apriti cielo.
E cosa pretendi, tu? Che Dio ti ami quando tu non sei disposto a stare in ginocchio nemmeno durante il canone della S. Messa? Tu, che per Dio non sei disposto a stare dieci minuti, dieci di numero, in ginocchio, mentre Cristo stette ore sulla croce, con i nervi e i muscoli maciullati dai chiodi, con i polmoni schiacciati dal peso e pieni di acqua, con la schiena aperta fino a far uscire le costole a vista?
Che cattiva moneta, quella con cui ripaghi Dio.
Quando preghi, quindi, caro cristiano, certo.
Chiudi la porta dietro di te e prega il Padre tuo nei cieli. Certo.
Prega senza farti vedere e voler apparire come “il più devoto”. Certo.
Non esagerare, e compi i doveri del tuo stato.
Ma se puoi, inginocchiati. Fallo per la tua salvezza. Fallo per offrire qualcosa in suffragio di te stesso e delle anime del Purgatorio. Fallo per Dio.
Offri quel male alle gambe per Gesù Cristo, che per te ha offerto se stesso fino a morire.