Il Rituale Romano, nel caso in cui venga affidato al Sacerdote dal Vescovo il potere di assolvere dalla pena della scomunica, prevede un rito specifico de modo absolvendi ab excommunicatione, fuori dalla confessione sacramentale.
Il sacerdote che si appresta a compiere questo rito, deve assicurarsi che lo scomunicato soddisfi prima nei confronti di quello per la cui offesa è incorso nella scomunica e, se il peccato è grave, deve esigere il giuramento che lo scomunicato si conformerà al mandato della Chiesa e non commetterà più alcun peccato contro quel canone o decreto per il quale è incorso nella censura.
Il sacerdote, quindi, inizia il rito percuotendo la spalla scoperta dello scomunicato, che si trova inginocchiato dinanzi a lui, con una bacchetta o una cordicella recitando il Salmo 50, Miserere mei, Deus.
Poi, alzato, recita il Kyrie e, sottovoce, il Pater Noster, fino a et ne nos inducas in tentationem.
Dopodiché recita la seguente orazione:
Deus, cui próprium est miseréri semper et párcere: súscipe deprecatiónem nostram, ut hunc fámulum tuum, quem (hanc fámulam tuam, quam) excommunicatiónis senténtia constríngit, miserátio tuæ pietátis cleménter absólvat. Per Christum Dóminum nostrum.
Dio, che perdoni sempre e sei misericordioso : accogli la nostra supplica, affinché questo tuo servo, che è costretto dalla sentenza di scomunica, sia assolto misericordiosamente dalla tua pietà. Per Cristo nostro Signore.
Recitata questa orazione, il sacerdote siede, indossa la berretta e recita la seguente formula di assoluzione:
Dóminus noster Jesus Christus te absólvat et ego, auctoritáte ipsíus, et sanctíssimi Dómini nostri Papæ (quando è delegato dal Papa), (oppure reverendíssimi Epíscopi N., oppure N . Superióris), mihi commíssa, absólvo te a vínculo excommunicatiónis, in quam incurrísti, propter (questo fatto o questo motivo, ecc.); et restítuo te communióni et unitáti fidélium, et sanctis Sacraméntis Ecclésiæ, in nómine Patris, et Fílii, + et Spíritus Sancti. Amen.
Il Signore nostro Gesù Cristo ti assolva ed io, per la sua autorità e per quella del Beatissimo nostro Papa N. (oppure “del Nostro Reverendissimo Vescovo N.”; oppure “del nostro Superiore N.”) a me concessa, ti assolvo dal vincolo della scomunica, nella quale incorresti a causa di …; e ti restituisco la comunione e l’unità dei fedeli e dei santi Sacramenti della Chiesa, nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo. Amen.
Se al sacerdote non viene prescritta alcuna formula da utilizzare o non abbia un mandato per assolvere nella forma consueta della Chiesa, non usi nessuna delle cerimonie predette per la gravità della cosa, ma se il peccato non è tanto grave può assolvere utilizzando la formula di assoluzione descritta precedentemente.
In foro sacramentale, il confessore che ha facoltà di assolvere lo scomunicato, può assolvere secondo la forma comune prescritta per l’assoluzione sacramentale:
Dominus noster Jesus Christus te absolvat: et ego auctoritate ipsìus te absolvo ab omni vinculo excommunicationis, (suspensionis, se si tratta di un sacerdote), et interdicti, in quantum possum, et tu ìndiges. Deinde ego te absolvo a peccatis tuis, in nomine Patris, et Filii +, et Spiritus Sancti. Amen.
Il Signore nostro Gesù Cristo ti assolva: ed io, per la Sua autorità ti assolvo da ogni vincolo della scomunica, (della sospensione) e dell interdetto, per quanto posso e per quanto tu necessiti. Quindi, io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo. Amen.
Qualora uno scomunicato, morendo, avesse dato segni di pentimento, affinché non resti privo della sepoltura ecclesiastica, ma sia aiutato dai suffragi della Chiesa, può essere assolto secondo il Ritus absolvendi excommunicatum jam mortuum.
Il corpo viene percosso, poi assolto e sepolto in un luogo sacro.
Il sacerdote, dopo aver percosso il corpo, recita la seguente antifona:
Exsultábunt Dómino ossa humiliáta.
Le ossa umiliate esulteranno nel Signore.
Dopodiché si passa alla recita del Salmo 50, Miserere mei, Deus.
Terminata la recita del Salmo, il sacerdote assolve il morto dicendo:
Auctoritáte mihi concéssa, ego te absólvo a vínculo excommunicatiónis, quam incurrísti propter tale factum, et restítuo te communióni fidélium, in nómine Patris, et Fílii, + et Spíritus Sancti. Amen.
Per l’autorità a me concessa, io ti assolvo dal vincolo della scomunica, nel quale incorresti a causa di tale fatto, e ti restituisco la comunione dei fedeli, nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo.
Data l’assoluzione, il sacerdote recita il salmo 129, De Profundis clamavi ad te e la recita del Pater Noster che viene detto sottovoce.
Al termine del rito, il sacerdote recita la seguente orazione:
Oremus
Da, quæsumus, Dómine, ánimæ fámuli tui, quem (fámulæ tuæ, quam) excommunicatiónis senténtia constrínxerat, refrigérii sedem, quiétis beatitúdinem, et supérni lúminis claritátem. Per Christum Dóminum nostrum.
Dona, ti prego, Signore, all’anima di questo tuo servo (di questa tua serva), che era costretto dalla sentenza della scomunica, la sede del refrigerio, la beatitudine della quiete e il chiarore della luce celeste. Per Cristo nostro Signore.
La Chiesa, madre e maestra, attraverso questi riti, ci mostra come alcuni gesti, più di altri, hanno una loro gravità e che non tutto può essere cancellato in un batter d’occhio. Essa ci mostra come ogni cosa ha delle conseguenze e come, oltre alle parole, servano anche gli atti a dimostrazione di un sincero pentimento.
Essa ha giurisdizione sulle anime e, per questo motivo, dando l’assoluzione ad un defunto, revocandogli la scomunica, anche se ha mostrato segni di pentimenti in vita, essa opera esternamente alla confessione sacramentale che non può concedere ad una persona ormai deceduta. Ciononostante, attraverso questi riti, ella ci mostra quanto l’amore e la misericordia di Dio siano grandi e quanto, noi, come Chiesa, attraverso i suffragi, possiamo fare per domandare al Signore la salvezza delle anime.