L’arrivo della bella stagione è per molte persone un evento di cui potersi rallegrare ogni anno. Infatti, le scuole sono chiuse, buona parte dei lavoratori riesce ad accaparrarsi qualche settimana di ferie, il caldo, se non troppo intenso, consente di trascorrere del tempo all’aria aperta.
Anche la celebrazione della Messa e della liturgia in generale pare risentano delle alte temperature. Purtroppo, va ammesso che la partecipazione dei fedeli ai Sacri Misteri diminuisce durante la stagione estiva. Molte persone, infatti, che magari abitualmente vanno in chiesa tutte le domeniche, non vi si recano nelle settimane di vacanza, sia perché in taluni casi non ne hanno i mezzi, sia perché molto più frequentemente non hanno voglia di interrompere il proprio relax. Inoltre, anche la partecipazione di anziani e malati, nonostante la loro minor inclinazione alle ferie, risente di una discreta diminuzione, a motivo delle temperature che per alcuni di loro possono costituire veri e propri fattori di rischio.
Chi risente del caldo, però, è anche il clero. Tendenzialmente tutte le parrocchie riducono il numero delle Messe durante il periodo estivo, con la sola eccezione, probabilmente, delle comunità di villeggiatura. Ciò è anche comprensibile, poiché non dovrebbe essere complicato comprendere come un minor numero di fedeli comporti una diminuzione delle celebrazioni eucaristiche. Ciò che, invece, appare meno comprensibile è il modo in cui i paramenti liturgici vengono adattati alle temperature. Si sa che il nemico numero uno del caldo sia la casula, il primo paramento di cui i sacerdoti (non tutti ovviamente) si sbarazzano volentieri per evitare sofferenze e affaticamenti durante la celebrazione. Inutile ricordare che il Messale preveda, almeno per il celebrante principale, l’obbligo della casula. Detto ciò, il resto dovrebbe essere dettato dal buonsenso: sarebbe da insensibili rivolgere la critica a qualche sacerdote anziano, magari malato, che celebra con la sola stola in un luogo semi-privato, un po’ meno se si tratta di celebranti nel fior degli anni che non aspettano scusa migliore per liberarsi di un orpello ormai privo di significato. Va inoltre rammentato che, nel Messale di Paolo VI, non vi è menzione dell’obbligo di indossare la talare sotto i paramenti, il che significa che con un camice non troppo pesante il caldo non dovrebbe diventare così insostenibile. Si potrebbe pensare, inoltre, a soluzioni pratiche che non collidano con le rubriche liturgiche, come ad esempio il posizionamento di ventilatori nei pressi del presbiterio. Infine, pur sapendo che questo consiglio verrà difficilmente apprezzato, sarebbe l’occasione buona per tirare fuori dai cassetti pianete un po’ troppo impolverate ma che sicuramente, per quanto riguarda la vestibilità, sono meno pesanti delle casule.
Anche il camice non è immune alle alte temperature: pur essendosi infatti affermato quale paramento per eccellenza che va bene per ogni occasione (laddove, invece, andrebbe impiegato solo per la S. Messa e sostituito, nelle altre circostanze, da cotta e stola) non è immune da adattamenti fantasiosi, quali maniche arrotolate, colletti un po’ troppo aperti e altri impropri usi che è meglio non ricordare. Per amitto e cingolo, invece, niente da fare: il secondo è rimandato a settembre, il primo probabilmente dovrà aspettare la prima occasione in cui, per errore, si preparerà un camice più solenne.
Veniamo ora alla stola. L’assenza della casula, difatti, si ripercuote inevitabilmente su questo paramento. L’estate è quindi il momento perfetto per rendere pubblici i gusti personali del sacerdote in merito a simboli e decorazioni: quando va bene, ci si trova davanti soltanto a ricami discutibili, quando va male, si assiste alla totale sparizione dei colori liturgici, a disegni poco opportuni se non di cattivo gusto, a stole arcobaleno. Delle tre croci ovviamente neanche l’ombra.
Tutto quanto abbiamo esposto finora ha valenza per le Messe celebrate regolarmente nelle chiese. Altro tassello fondamentale del periodo estivo, però, sono le Messe di villeggiatura, organizzate ad hoc in località turistiche, oppure in occasione di campeggi e gite varie. Potremmo chiamarle “Messe scout”. Intendiamoci, questa forma di celebrazione non è di per sé negativa, tutt’altro, in quanto consente la partecipazione all’Eucarestia di molti fedeli i quali avrebbero verosimilmente infranto l’obbligo di precetto. Inoltre, un buon sacerdote ha tutti gli strumenti per assicurarsi che, nei limiti del possibile, anche l’Eucarestia “in trasferta” sia celebrata seguendo per filo e per segno le norme liturgiche. Purtroppo, però, sono molto spesso i sacerdoti stessi a sfruttare queste occasioni per dare spazio alla propria creatività liturgica. Ad esempio, nei luoghi di montagna si trovano senza problemi molte chiese o piccole cappelle, ma si preferisce inventare Messe nei luoghi più disparati. Le località di mare non solo hanno molti punti di preghiera, ma soprattutto offrono sovente ampi spazi aperti in cui è possibile allestire un regolare altare mobile e un congruo spazio per i fedeli. Tutto ciò sarebbe però troppo banale, e allora cosa si arrangia come soluzione? Una bella Messa in mare su un materassino con celebrante e fedeli in costume. Fortunatamente, riguardo a quella nota vicenda risalente ormai allo scorso anno ci fu l’intervento di mons. Delpini (il sacerdote era del clero di Milano), ma sappiamo fin troppo che ciò è accaduto solo per la notorietà che la celebrazione marittima aveva ormai raggiunto. Che dire di quelle innumerevoli Messe di cui nessuno sa nulla ma che vengono celebrate in totale spregio al rispetto e alla devozione eucaristica?
I sacerdoti (e alcuni vescovi) dovrebbero ricordarsi che la liturgia non va mai in vacanza e, con essa, le regole del decoro e della sacralità oltre che, molto più banalmente, anche quelle del buonsenso. Infatti, mentre i fedeli seri piangono nel vedere immagini e filmati di liturgie celebrate come fossero spettacoli da divertimento, i nemici della Chiesa Cattolica si sbizzarriscono nel costatare il ridicolo stato in cui alcuni suoi ministri (speriamo non troppi) si sono ormai ridotti.