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Chi vuol essere concelebrante?

La concelebrazione è ormai prassi comune. In molti episodi, però, essa conduce sempre più ad abusi liturgici, per non parlare di veri e propri sacrilegi

Per la quasi totalità dei cattolici che si recano a Messa vedere più di un sacerdote sull’altare non è certo evento raro. Ciò che, tuttavia, molti ignorano è che questa “abbondanza” di partecipazione non è altro che una recente introduzione, figlia della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II. 

Per essere più espliciti, non è che prima del Concilio ci fosse obbligatoriamente una sola persona ordinata nel presbiterio. I sacerdoti in sovrannumero potevano servire da diacono, suddiacono, semplici accoliti o, banalmente, assistere alla Messa dal coro, tuttavia il celebrante era sempre uno solo. Non esisteva quindi l’odierna concelebrazione, fatte salve rarissime occasioni come le ordinazioni.

La Chiesa, infatti, ha sempre insegnato che il sacerdote, nell’offrire il Sacrificio Eucaristico, agisce in persona Christi, e pertanto, come uno solo è il Signore che, Sacerdote e Vittima, sale sulla Croce, uno solo deve essere il sacerdote durante la S. Messa. Con la riforma liturgica sono state ovviamente addotte motivazioni in realtà anche molto valide e convincenti sulla possibilità di permettere la concelebrazione, tuttavia è importante che essa si svolga in modo ordinato e con il dovuto decoro.

È tristemente interessante notare che i più recenti sondaggi condotti tra la popolazione cattolica confermino come sempre meno fedeli credano nella presenza reale di Cristo nel Sacramento dell’Eucarestia. Una conseguenza di questo declino si manifesta purtroppo in alcuni abusi liturgici di cui si ha facilmente notizia in questi giorni. Per esempio, ha destato scalpore la diffusione di filmati e immagini scattate durante una celebrazione nella parrocchia di Effretikon, in Svizzera, di cui anche Ecclesia Dei si è occupata. Nei documenti circolati in rete si vede chiaramente una donna laica che non solo affianca due sacerdoti e un diacono all’altare (più una quarta persona che pare dichiararsi teologo), bensì si spinge oltre, partecipando direttamente alla consacrazione mediante la pronuncia, insieme ai sacerdoti, delle parole prescritte e, successivamente, assumendo perfino il posto centrale e recitando in prima persona parte della Preghiera Eucaristica. Il Vescovo di Coira, diocesi nella cui giurisdizione ricade la citata parrocchia, si è giustamente sentito in dovere di intervenire aprendo un’indagine canonica, tuttavia vedremo se e come la vicenda avrà delle reali conseguenze perché, come tristemente sappiamo, le priorità della Chiesa sono ormai altre.

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Desta ancora più scalpore apprendere come non sarebbe la prima occasione in cui questa donna, che da anni svolgeva attività in parrocchia in veste di collaboratrice, si sostituisce al parroco per amministrare battesimi, matrimoni e via dicendo. Evidentemente il fatto di avere un qualche tipo di ruolo “ufficiale” la renderebbe idonea, pur senza ordinazione, a prendere il posto dei diaconi, dei presbiteri e, chissà, magari anche del vescovo (è entrata processionalmente reggendo uno pseudo-pastorale). Risulta logico quindi dedurre che in questa occasione, formalmente un saluto della parrocchia per il suo ritiro, le spettasse un certo privilegio durante la Messa, come anche da lei stessa reclamato durante l’omelia (sì, ha tenuto anche l’omelia). 

Che dire, la perfetta immagine di una pastora luterana e di una Chiesa Cattolica, o almeno di una sua parte, che non comprende più la grandezza dei misteri su cui si fonda la propria esistenza. Gli abusi liturgici sono all’ordine del giorno (ricordiamo l’ormai tristemente nota Messa marittima di un sacerdote ambrosiano) ma in questo caso non possiamo non notare una totale mancanza di riguardo verso il Sacramento dell’Eucarestia. Perché quella celebrazione, tanto quanto è valida considerata la presenza di due sacerdoti, è altrettanto sacrilega nella misura in cui è ridotta ad una cena luterana, ad un mero simbolo. Non solo è evidente l’assenza di fede nella presenza reale, ma anche l’ignoranza di cosa avvenga durante la S. Messa, che il Catechismo ci ricorda essere «il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo offerto sui nostri altari sotto le specie del pane e del vino, in memoria del sacrificio della Croce».

Prima si è detto che questi abusi avvengono perché i pastori non hanno più fede nella transustanziazione, verissimo. Ma è altrettanto vero che se i fedeli non comprendono più la portata di quanto accade sull’altare è anche perché hanno costantemente dinanzi agli occhi episodi di questo tipo, che a tutto fanno pensare meno che alla rinnovazione di un sacrificio. Tempo fa lessi un commento di una donna che sosteneva che la Messa dovesse evolvere in tono gioioso perché l’aspetto sacrificale può essere tranquillamente relegato al Venerdì Santo, gli altri giorni non dovremmo lasciare che “i bambini pensino a scene cruente”. Già che ci siamo leviamo direttamente i Crocifissi e le raffigurazioni dei martiri e sostituiamoli con la bandiera arcobaleno. Ma come siamo arrivati a tanto?

La domanda è impegnativa e forse non spetta a noi dare una risposta. Ciò che possiamo fare, però, è ancora una volta richiamare le regole previste dal Messale, in questo caso riguardanti la concelebrazione.

«La concelebrazione, nella quale si manifesta assai bene l’unità del sacerdozio, del sacrificio e di tutto il popolo di Dio, è prescritta dal rito stesso: nell’ordinazione del Vescovo e dei presbiteri, nella benedizione dell’abate e nella Messa crismale.

È invece raccomandata, se l’utilità dei fedeli non richiede o suggerisce altro:

  • a) nella Messa vespertina «Nella Cena del Signore»;
  • b) nella Messa celebrata in occasione di Concili, di raduni di Vescovi e di Sinodi;
  • c) nella Messa conventuale e nella Messa principale nelle chiese e negli oratori;
  • d) nelle Messe in occasione di incontri di sacerdoti, secolari o religiosi, qualunque sia il carattere di tali incontri».

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