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Prepararsi alla buona morte

Tra le questioni essenziali a cui prestare attenzione e cura, la più rilevante è certamente quella della nostra morte corporale, la porta che ci introdurrà nell’eternità portandoci al giusto giudizio di Dio, che sarà di salvezza o condanna secondo i nostri meriti.

Accade frequentemente, nella quotidianità, di farsi prendere da miriadi di pensieri e preoccupazioni, ansie ed affanni, spesso per faccende di poco conto, per problemi fini a se stessi o impegni effimeri, tralasciando e trascurando, invece, la cura e la doverosa attenzione alle questioni veramente essenziali.

Di esse la più rilevante è certamente quella della nostra morte corporale, della fine della nostra esistenza terrena per entrare nell’eternità e ricevere da Dio il giusto giudizio di salvezza o condanna, di premio o pena eterna, ciascuno secondo i meriti, come affermiamo nell’Atto di Fede e come ci ricordano i Novissimi: Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso.

Tale momento è, dunque, di somma importanza e, non a caso, Santa Teresa d’Avila ha affermato: “Per chi ha fede, il morire è l’affare più importante della vita. Conviene stare preparati”.

Bisogna, pertanto, predisporsi nel modo migliore a questo evento, non lasciandosi cogliere alla sprovvista.

A tal fine la Sacra Scrittura ci offre molti importanti ammonimenti e raccomandazioni, come nella “Parabola delle dieci vergini” (Mt 25,1-13), con cui Gesù ci invita ad imitare le cinque prudenti che avevano conservato dell’olio di riserva nei vasetti, facendosi trovare pronte all’arrivo dello sposo ed accogliendolo con le lampade accese. Le stolte, al contrario, non avendo più olio ed essendosi allontanate per comprarne, rimasero poi chiuse fuori dalla sala delle nozze.

Si sottolinea, dunque, la necessità di vigilare, non conoscendo noi né il giorno né l’ora.

Vediamo, inoltre, nella parabola del ricco stolto (Lc 12,16-21), come il Signore ci mostra la futilità di accumulare nella vita beni materiali per sé senza, invece, preoccuparsi di arricchirsi di virtù e meriti davanti a Dio, preparandosi ad incontrarlo.

Quest’uomo, infatti, avendo ottenuto un abbondante raccolto, decise di demolire i suoi granai per costruirne di più grandi, dove conservare i suoi averi, per poterne poi godere per molti anni.

Dio, tuttavia, gli disse: “Stolto, questa notte stessa l’anima tua ti sarà ridomandata, e quanto hai preparato di chi sarà?”.

Ancora Gesù nel Vangelo ci raccomanda di non badare ad accumulare tesori sulla terra, ma piuttosto nel Cielo, dove non si consumano e nessuno può rubarli, poiché dove sarà il nostro tesoro lì sarà anche il nostro cuore.

Eloquente in tal senso è pure la parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Lc 16,19-31), in cui il primo, povero mendico che aveva sofferto molto durante la vita, alla morte venne accolto nel seno di Abramo, a differenza dell’altro che, invece, goduta un’esistenza di sfarzi e sollazzi viziosi, fu poi sepolto nell’Inferno, né poté trovare consolazione o tornare indietro ad avvertire i suoi fratelli sopravvissutigli, perché evitassero la stessa sorte, avendo già essi a disposizione le parole di Mosè e dei Profeti, come guida e riferimento.

Così noi dobbiamo far tesoro del tempo che ci viene concesso sulla terra, della guida che il Signore ci dà con la sua Rivelazione, nel Deposito della Fede custodito dalla Chiesa.

Così hanno fatto e ci insegnano a fare tutti i Santi, che nella loro vita hanno sempre avuto presente il pensiero della propria morte e di come si sarebbero presentati davanti a Dio.

Scrisse Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nella sua “Via della Salute”:

“Fra cento anni al più dunque lettore mio, né voi che leggete, né io che scrivo, saremo più su questa terra, ma tutti saremo già alla casa dell’eternità. Ha da venire un giorno, un’ora, un momento, che sarà l’ultimo per voi e per me; e quest’ora e questo momento già sta da Dio prefisso; e come possiamo pensare ad altro che ad amare quel Dio, che in quel momento ci ha da giudicare?”; “Che direste voi, se vedeste un reo andare alla morte ridendo, girando gli occhi per le finestre e pensando agli spassi di mondo? non lo stimereste pazzo, o uomo che non ci crede? E voi non camminate ogni momento alla morte? ed a che pensate? sapete già che si ha da morire, ed una volta si muore. […] E come chi ciò crede, può attendere ad altro che ad accertare una buona morte? Ah mio Dio, datemi luce, fate che mi sia sempre presente il pensiero della morte e dell’eternità, dove ho da essere.”; “Ah Gesù mio crocifisso, non voglio aspettare ad abbracciarvi, quando mi sarete dato nell’ora della mia morte; da ora vi abbraccio e vi stringo al mio cuore. […] Così spero alla vostra passione. E così spero ancora alla vostra protezione, o Maria.”

Non dobbiamo vivere in perenne ansia e paura, ma al contrario nella speranza e nella gioiosa fiducia in Dio, nella sua guida e nella sua misericordia, impegnandoci a servirlo con letizia, ad osservare i suoi comandamenti e riparare le nostre colpe, praticando e coltivando le virtù, prodigandoci in opere di carità e pietà.

Soprattutto bisogna ricorrere ai meravigliosi mezzi di salvezza, che il Signore ci dona.

Il primo è più importante è certamente la Santa Messa, il vero Sacrificio della Croce di Nostro Signore, di valore ineffabile e infinito, fonte inesauribile di grazie inimmaginabili per la nostra anima.

Ad essa bisogna assistere con fede, attenzione e fervore.

Gesù ha, infatti, promesso a Santa Gertrude: “Sii certa che a chi partecipa devotamente alla Santa Messa, io manderò, negli ultimi istanti della sua vita, tanti dei miei santi angeli per confortarlo e proteggerlo quante saranno state le Messe da lui ben ascoltate”.

Si devono, inoltre, ricevere i Santi Sacramenti, mezzi visibili della Grazia invisibile; frequentemente la confessione e la Comunione eucaristica, cibo di vita eterna e farmaco d’immortalità.

Per non parlare delle indulgenze, plenarie e parziali, elargite abbondantemente, alle dovute condizioni, dalla Chiesa, in cancellazione delle pene temporali meritate per i propri peccati, attingendo al tesoro infinito della misericordia divina e che bisogna impegnarsi a lucrare copiosamente, per se stessi e per le anime del Purgatorio.

Prepararsi alla buona morte

In caso di malattia o pericolo di morte, è anche sommamente raccomandabile “l’Unzione degli infermi”, o “Estrema Unzione”, che cancella i peccati mortali e veniali che la persona, pentita, non potesse più confessare; infonde forza nell’orientarsi al bene e nel sopportare il male, resistendo alle tentazioni e disponendosi ad una morte santa.

Se è maggiormente utile alla salute dell’anima, inoltre, questo sacramento aiuta anche le forze della natura procurando anche la guarigione del corpo.

L’olio santo va dato, possibilmente, dopo la confessione generale e la comunione, che in questo caso prende il nome di “Viatico”, ovvero passaporto di salvezza.

Per prepararsi alla buona morte è anche importantissimo recitare ogni giorno il Santo Rosario, coltivarne e diffonderne la devozione, perché la Madonna ha promesso al Beato Alano della Rupe che: “I veri devoti del mio Rosario non moriranno senza i Sacramenti della Chiesa. Coloro che reciteranno il mio Rosario, troveranno durante la loro vita e alla loro morte la luce di Dio, la pienezza delle sue grazie e parteciperanno dei meriti dei beati”.

Sono altresì fondamentali le pie pratiche dei “Primi nove venerdì del mese” e dei “Primi cinque sabati del mese”.

Per la prima, infatti, Gesù ha rivelato a Santa Margherita Maria Alacoque: “A tutti quelli che, per nove mesi consecutivi, si comunicheranno al primo venerdì d’ogni mese, io prometto la grazia della perseveranza finale: essi non morranno in mia disgrazia, ma riceveranno i Santi Sacramenti (se necessari) ed il mio Cuore sarà loro sicuro asilo in quel momento estremo”.

Per chi, inoltre, avrà cura di praticare e propagare la devozione al suo Sacro Cuore, Nostro Signore ha promesso: “Sarò loro sicuro rifugio in vita e specialmente in punto di morte; Le persone che propagheranno questa devozione, avranno il loro nome scritto nel mio Cuore e non ne sarà cancellato mai”.

Per i “Primi cinque sabati del mese”, invece, la Madonna ha detto a Suor Lucia di Fatima: “A tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la Santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza”.

Quali sublimi promesse dal Sacro Cuore di Gesù e dal Cuore Immacolato di Maria!

Come si potrebbe non accogliere prontamente il loro invito?

Prepararsi alla buona morte

Un’altra devozione fondamentale da praticare e coltivare per pervenire ad una morte santa, è quella al glorioso Patriarca San Giuseppe, padre putativo di Gesù e vero sposo di Maria Santissima, affidandosi con piena fiducia alla sua potentissima intercessione, come Patrono della Chiesa Universale, della buona morte e degli agonizzanti.

Chi meglio di lui che ebbe il dono di spirare dolcemente tra le braccia di Gesù e della Madonna?

E’ essenziale onorarlo con particolare solennità il mercoledì, giorno a lui dedicato e nel mese di marzo, che gli è consacrato.

Egli certamente ci assisterà nel momento del nostro trapasso, ci sarà vicino difendendoci dagli attacchi e delle tentazioni diaboliche.

Non a caso, nella preghiera a lui rivolta, diciamo: “E stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, noi possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in Cielo”.

Santa Teresa d’Avila raccomandava caldamente alle sue Figlie la devozione a San Giuseppe ed ebbe a dire: “Ho osservato che al momento di rendere l’ultimo respiro, le mie figlie godevano pace e tranquillità; la loro morte era simile al dolce riposo dell’orazione. Nulla indicava che il loro interno fosse agitato da tentazioni. Quei lumi divini liberarono il mio cuore dal timore della morte. Morire, mi pare adesso la cosa più facile per un’anima fedele”.

E’ fortemente consigliabile, pertanto, fare ogni mese “L’Esercizio della Buona Morte”, recitando devotamente, in questa occasione, la “Preghiera a San Giuseppe per impetrare una buona morte”.

Sono pure altamente raccomandabili da dire ogni giorno, al mattino e alla sera, queste pie giaculatorie:

“Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia”;

“Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi nell’ultima agonia”;

“Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l’anima mia”.

Dio ci ha creati per il Paradiso, per essere eternamente partecipi della sua Gloria infinita, nella gioia perfetta e senza fine.

Se avremo condotto una vita santa e saremo rimasti saldi fino all’ultimo, allora potremo salutare la morte come un’amica, una sorella che ci conduce alla nostra Patria, davanti al Padre nostro che è nei Cieli, nel suo Regno, nella sua Luce e nel suo Amore.

Mirabilmente, infatti, scrisse San Francesco d’Assisi nel “Cantico delle creature”:

“Laudato si’ mi’ Signore
per sora nostra morte
corporale, da la quale
nullu homo vivente po’
scappare: guai a quelli
che morrano ne le
peccata mortali;
beati quelli che trovarà
ne le tue santissime
voluntati, ka la morte
secunda no ‘l farrà male.

Laudate et benedicete
mi’ Signore’ et ringratiate
et serviateli cum grande humilitate”

Lodato sii mio Signore per la nostra sorella morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare, guai a quelli che moriranno mentre sono in peccato mortale.

Beati quelli che troveranno la morte mentre stanno rispettando le tue volontà. In questo caso la morte spirituale non procurerà loro alcun male.

Lodate e benedite il mio Signore, ringraziatelo e servitelo con grande umiltà.

Facciamoci, dunque, trovare pronti a questo appuntamento, che sarà il più importante della nostra esistenza.

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