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Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúia

Gesù è risorto da morte ed ha offerto la Sua Risurrezione come la prova più solenne e diretta della Sua verità, che è come dire della Sua divinità. Tutti i miracoli escono dal limite di natura, ma questo esce semplicemente e sovranamente dai limiti della Storia, che soggiace alla morte.

Gesù è risorto da morte ed ha offerto la Sua Risurrezione come la prova più solenne e diretta della Sua verità, che è come dire della Sua divinità. Tutti i miracoli escono dal limite di natura, ma questo esce semplicemente e sovranamente dai limiti della Storia, che soggiace alla morte.

Gesù l’aveva preannunciato più volte; questo preannuncio era diventato così noto da costituire capo d’accusa contro di Lui e motivo delle meticolose precauzioni prese dai nemici al Suo sepolcro. Essi avevano il terrore di una Sua risurrezione. Risorse, apparve, convisse, stette in Giudea ed in Galilea quaranta giorni, ritornò ancora in Giudea. Nonostante tutto questo, moltissimi non vollero credere a lui.

Perché è accaduto un fatto simile ? Perché per vedere, soppesare, capire una dimostrazione, bisogna essere in stato di sanità e libertà mentale. Quando non c’è sanità mentale, od anche solo chiarezza mentale, che è poi sanità, quando non c’è più scioltezza nell’intelletto, le prove o dimostrazioni possono essere formidabilmente concludenti, ma non servono a nulla. Manca l’elemento ricettivo. È come quando si suona una meravigliosa sinfonia: occorre orecchio. Ed è pertanto che le più grandiose come le più insulse sinfonie sono perfettamente inutili per i sordi.

Il fenomeno per cui molti contemporanei di Gesù Cristo, pur essendo stati direttamente spettatori della risurrezione di Lazzaro, come di infinite altre meraviglie, ed almeno indirettamente testimoni della stessa Risurrezione di Gesù, non hanno capito la prova e non hanno creduto, è fenomeno abituale nella Storia. Non fu solo di allora, fu di tutti i tempi ed è anche del nostro tempo.

Anzi per taluni motivi è fenomeno peculiare del nostro tempo. Oso dire con assoluta franchezza che è il fenomeno più preoccupante del nostro tempo. Ed è per questo che ho creduto opportuno parlarvene oggi.

Ecco dunque quello che è succeduto allora, a proposito di Gesù, e quello che continua tuttora per qualunque rispettabile verità.

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Esistono delle vere diminuzioni mentali che diventano talvolta colpevoli incapacità a capire quello che è chiaro.

La prima diminuzione mentale è costituita dal peccato. Ossia chi pecca capisce meno. Non in tutto, bensì in quell’ordine di realtà e verità nelle quali chi pecca si è compromesso col piacere e con quanto gli si connette. Capisce meno in tutto quell’ordine che direttamente assume un valore di condanna nei riguardi del suo peccato. Ciò avviene naturalmente. Nasce una solidarietà colla propria colpa e coll’errore che sembra avallarla. Quella solidarietà finisce coll’essere solidarietà a se stesso peccatore. Quella solidarietà genera un fatto emotivo, affettivo nella direzione di quello con cui si solidarizza, revulsivo nei riguardi di chi si oppone e condanna.

La spinta revulsiva tende ad agire d’istinto, prima e fuori di ogni considerazione razionale, anzi proprio contro ogni considerazione razionale, e pertanto crea uno stato di animo, il quale, specialmente se la colpa continua, tende a divenire permanente. Non occorre molto per tirare le somme, dato che sono chiari gli addendi. Il risultato è una diminuzione di luce e di razionalità, un baluginare di crepuscolo in cui si vede poco, a volte così poco che è come non vedere affatto. Ecco la incapacità portata dal peccato. Dove il peccato ha già macchiato accade come in quelle aree di pelle che sono state bruciate: non respirano e non traspirano più. Gesù aveva trattato questo argomento qualche anno prima della Sua Passione, nel celebre colloquio notturno con Nicodemo ed aveva asserito: “Chiunque fa il male, odia la luce. E non si avvicina alla luce, affinché le sue azioni non siano conosciute per ciò che valgono. Ma colui che opera nella verità si avvicina alla luce, in modo che le sue opere si manifestino come compiute in Dio” (Gv 3, 20-21).

È dunque senza colpa colui che non capisce, perché affetto da questa, purtroppo larga, diminuzione mentale? Non è senza colpa.

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Anzitutto perché è lui stesso causa delle tenebre, in quanto proprio lui ha posto ciò per cui le tenebre si sono stese sulla sua anima. In secondo luogo perché quelle tenebre lasciano sempre uno spiraglio di luce sufficiente a discernere qualcosa, almeno a dubitare, e pertanto a creare, nell’animo di chi vuole, una crisi di coscienza e cioè una indicazione per risorgere. Non dimenticatevi di questo.

Taluni non vogliono capire della Chiesa e la insultano: è perché hanno peccato e non possono più vedere. Dicono bene degli adulteri: è perché facilmente lo sono loro. Vogliono il divorzio: è perché non hanno la forza sufficiente, per colpa della vita abbracciata, a costruire una solidità familiare, o perché sono cosi vacillanti da temere di qualunque serio ed impegnativo dovere. Non vogliono le scuole colla Religione: è perché deve morire quanto condanna il loro tenore di vita. Ridono dell’ Inferno: è perché ne hanno paura. Rimenano scandali a non finire: è per essere in buona compagnia. Disprezzano tutto e tutti: è per consolarsi di non valer nulla innanzi a se stessi oltreché dinnanzi agli altri e probabilmente innanzi a Dio. Si divertono a cercare le vergogne di tutti: è perché non hanno più altra area di indagine. A costoro portate prove: che volete che vedano! Per loro, non c’è che la penitenza e la orazione degli altri a riottenere la luce.

La seconda diminuzione mentale è il pregiudizio. Il pregiudizio è quella posizione della mente in cui si dà una sentenza, si assume un criterio, si prende una direzione senza aver prima riflettuto e dimostrato, senza indagine razionale e documentazione. Cosicché, nella maggior parte dei casi, il pregiudizio coincide coll’errore e, a causa dell’errore, coll’ingiustizia, la malignità, l’oltraggio.

Il pregiudizio nasce dall’inconscio, dall’istinto, da un fatto di sentimento oppure da una atmosfera di ambiente, tradotta in fatto di sentimento. Non è razionale. Il pregiudizio, per definizione, non vuol ragionare: afferma e basta. Chi non vuol ragionare, è in stato di diminuzione mentale, perché consapevolmente mette delle barriere alla propria capacità conoscitiva e raziocinativa.

Non è neppure il caso di chiedere se nel pregiudizio la diminuzione mentale sia colpevole. La diminuzione è voluta, forse confusamente, ma è voluta, è amata e perciò è altrettanto colpevole. Naturalmente questa diminuzione mentale in un secondo momento si somma colla prima e la peggiora. Fra i Giudei ebbero dei pregiudizi quelli che vollero morto Gesù: Farisei, Sadducei ed Erodiani. Cristo doveva scomparire perché aveva dato loro torto, e la loro superbia non permetteva si ponessero neppure la questione se per caso il torto fosse vero. Essi non dovevano aver torto. Più in là non furono capaci di andare. Rimasero bloccati a quel punto: videro miracoli, sentirono la morte ritirarsi, ammirarono Lazzaro uscire dal sepolcro, fremettero di spavento per quello che provarono sul Calvario, ma non capirono nulla. Avevano dei pregiudizi e, per di più, le loro azioni erano riprovevoli. Provatevi a portare a costoro ed ai loro successori delle prove. Chi non vuole aver torto non sarà mai in grado di capire quello che non solo documenta il torto, ma anche soltanto, e magari indirettamente, si riferisce al torto. Qualunque torto per costoro è la corda in casa dell’impiccato e fa orrore.

Miei cari fedeli, vorrei invitarvi (dato che tutti siete soliti leggere, e forse taluno legge senza troppa prudenza e senso critico) a riesaminare una lunga serie di affermazioni e di fatti che si asseriscono a proposito della religione, della Chiesa, di singoli avvenimenti, e a vedere sino in fondo se si appoggiano a una documentazione. Vi accorgereste che non ne hanno e capireste che le cose asserite con leggerezza o con malizia, ma senza prove e documenti adeguati sono dei pregiudizi. Ad essi va la qualifica della diminuzione mentale.

Quando si sente dir male del prossimo, se si accetta l’insinuazione prima di aver esaurito l’inchiesta, si cade oltreché nel peccato contro la giustizia o la carità anche nel pregiudizio e scientemente si vuole la propria diminuzione mentale.

La terza diminuzione mentale è data dalla suggestione, anche inconscia, anzi soprattutto inconscia. E qui siamo al punto veramente debole dei nostri giorni. La suggestione fa presa sull’animo con delle impressioni; le impressioni non sono mai ragionamenti e documenti in qualche modo valevoli. Fa presa colorando le cose, creando stati d’animo, inoculando istinti e reazioni sorde, proponendo di vedere, sentire, palpare cose che possono sembrare ingenue ed innocenti, ma che gettano nell’animo un fermento, lo maturano, lo costituiscono in una certa posizione. Tutto fa suggestione.

È falso che la maggior parte degli uomini e delle donne siano così colti, cosi armati di avvedutezza e di senso critico da sottoporre quanto arriva loro dall’esterno ad un esame di valore, severo e conclusivo. Essi per lo più bevono. Non avrebbero spesso neppure il tempo di fare diversamente. Così si svegliano con istintivi orientamenti di simpatia e di antipatia, di solidarietà e di reazione. È il dramma d’ogni giorno.

Potrebbero certamente, sono liberi in fin dei conti, imporre a se stessi una revisione, un approfondimento di quanto passa, una ricerca del perché, una stroncatura di atteggiamenti in tutto quello che non hanno onestamente appurato e per cui si trovano sprovveduti di elementi per determinarsi in un modo più che nell’altro. Ma fare questo costa; fare questo è il frutto di lunga e severa educazione; fare questo vuol dire mortificare continuamente la propria leggerezza d’orgoglio e la propria velleità di dominio. I più non lo fanno e così credono di ragionare con la propria testa. Ma non è vero: infatti ragionano, giudicano, stroncano, assassinano uomini e cose venerande, perché l’accidia del dovere ha donato loro la diminuzione mentale più pericolosa ed attiva che esista: quella indotta ogni istante dal rumore prevalente, dal ritornello incalzante, dalla propaganda orchestrata.

È un fatto semplicemente fisico quello di incassare ciò che si sente, anche se non lo si crede. Potrà chi ha questa diminuzione essere giusto nel giudicare di cose più grandi di lui ? È possibile che dei cristiani siano coerenti alla loro fede in tutti gli atti della loro vita fino a che non si rendono conto di essere assorbiti continuamente da una incredibile suggestione che li muove senza affatto toglier loro la colpa di muoversi male, di decidere male, di giudicare male e di cooperare all’altrui male? Allora, al tempo in cui Gesù fu ripudiato anche se risorto, gli elementi suggestionanti non erano molti: prestigio delle classi dirigenti, apparenze vistose dei farisei, subordinazione di agenti mestatori e sobillatori. Eppure ciò fu sufficiente a provocare il ripudio del popolo fino a quel momento “eletto”.

I fedeli stiano attenti, siano guardinghi. La Risurrezione di Cristo potrebbe diventare per loro non una gloria, ma una condanna.

La macchina che gli uomini si sono costruita in ogni modo li può portare a loro insaputa ad ammettere ogni inverosimiglianza e a riluttare di fronte ad ogni evidenza, li può condurre all’entusiasmo per delle ombre, dissolvendo la fiducia nelle realtà operanti.

Fedeli, le leggi non vi proteggono a sufficienza su questo punto, proteggetevi voi!

Perché Gesù Cristo è risorto, ma con tutto questo, Egli vittorioso della morte è talmente rispettoso della vostra libertà, che potrebbe anche lasciarvi divenire, ove lo voleste per accidia e leggerezza, autori della vostra stessa rovina. La Risurrezione è Sua; perché quella gloria passi a noi, mette condizioni severe. Quelle condizioni bisogna osservarle. Ma anzitutto capirle!

Card. Giuseppe Siri (1906 – 1989)
Omelia per la Solennità della Pasqua del Signore

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