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Mons. Nazareno Patrizi e la devozione al Sacro Cuore in epoca di digiuno eucaristico

L’epoca del coronavirus ha rappresentato un momento doloroso di digiuno eucaristico, ma anche un tempo di riflessione e di preghiera silenziosa con Dio, che interpella la genuinità e la concretezza della propria fede. Nel 1951, Mons. Nazareno Patrizi (1866-1959), un presbitero originario di Bellegra che servì la Chiesa dal pontificato di Pio IX fino a Giovanni XXIII[1], scrisse Il mese di giugno ad onore del Sacro Cuore, un libro di spiritualità pubblicato dalle Edizioni Paoline. L’epoca del libro era lontana dall’attuale contagio, ma segnata da un mondo e da un’Italia che usciti dalla guerra erano in piena fase di ricostruzione e con essi anche la fede si trovava ad affrontare nuove difficoltà storiche. Suddiviso in trenta riflessioni, una per ogni giorno, Il mese di giugno si concentra sull’amore di Gesù, il cui cuore si apre all’uomo e come cera si consuma eternamente per lui, nel desiderio di accoglierlo con gioia e ricolmarlo di grazie. Il testo è un dialogo tra Cristo e l’anima umana, nel quale il primo invita costantemente la seconda ad avvicinarglisi, consapevole che l’uomo progressivamente sa comprendere la necessità di questo avvicinamento, ma che a causa del peccato risulta tutt’altro che semplice. Mons. Nazareno Patrizi contesta l’indifferenza verso il tabernacolo, il Santissimo e, soprattutto, dinanzi al Sacrificio Eucaristico, come quell’indifferenza dei discepoli dormienti nell’orto del Getsemani. Sembra esservi un immenso divario tra l’atteggiamento umano e l’amore che portò all’incarnazione di Cristo, all’istituzione dell’Eucaristia ed alla sua morte e resurrezione per redimere il mondo. In modo particolare, l’Autore afferma che, con l’istituzione del Sacrificio nell’ultima cena, il Figlio di Dio incominciò “una nuova oblazione”[2] di sé stesso che “doveva ripetersi nei secoli” (p. 26) per l’eterna salvezza, per cui nel mondo, con tutti i suoi diversi fusi orari, “l’Ostia sacrosanta” è “sempre elevata nelle mani dei sacerdoti dinanzi al Padre” (pp. 26-27). Mons. Patrizi sottolinea, finanche attraverso questo dato empirico, il costante sacrificio di Cristo, ovunque. Ai tempi del coronavirus, quest’oblazione non cambia; dal Santo Padre fino ai parroci ed ai rettori delle chiese si è offerto e si offre quotidianamente il Sacrificio Eucaristico ed anche laddove i fedeli sono stati privati della Santa Comunione, la potenza della fede e la costanza dei pastori, che non li hanno abbandonati, li rinforza nella speranza, come attestato tanto dalle celebrazioni eucaristiche sui social quanto dalle solenni liturgie trasmesse in mondovisione. Centrale è stata la virtù teologale della speranza. In un tempo di digiuno eucaristico, si è saputo di non essere soli grazie all’unità della Chiesa, che è stata costantemente presente, utilizzando i mezzi a disposizione per curare le anime ed al contempo evitare il contagio. Tale digiuno ha rappresentato un’occasione per rivivere la fede nella sua autenticità, per infuocare le anime tiepide ed abbandonarsi alla preghiera silenziosa sul “Cuore amorosissimo” (p. 47) di Gesù, fonte di misericordia. Ne Il mese di giugno ad onore del Sacro Cuore è scritto: “Ora tu profitta, non esitare a far ricorso a lui, alla sua misericordia”(p. 50). Nell’angustia spirituale l’anima di apre a Dio ed in esso si accende; nell’amore di Dio “l’anima del peccatore, scontenta di tutto e perfino di sé stessa” (p. 51) può ritrovare fiducia e risolversi nell’abbraccio ”tutto amore” (p. 53) di Cristo. Il Sacramento Eucaristico che era dato per scontato, seppur temporaneamente, non lo è stato più, ma questa lontananza ha offerto vigore allo slancio “di affetto” (p. 59) col quale l’uomo si sarebbe riaccostato alla sacra mensa e per il quale il cuore di Gesù si dilata. Accolto nel Sacro Cuore, l’uomo – come afferma Mons. Patrizi – non tema di essere macchiato dell’umana miseria, non sia spaventato dal peccato, perché la vampa dei Sacri Cuori di Gesù e Maria purificano il cuore umano.

Parafrasando il pensiero e le parole di Mons. Nazareno Patrizi, canonico nella Chiesa romana dei Ss. Celso e Giuliano e particolarmente devoto ai Sacri Cuori, tanto che nel 1933 fu iscritto anche nell’Arciconfraternita del Ss.mo Cuore di Gesù: la speranza è che l’anima digiunante possa riunirsi rinnovata, maturata, col suo Dio e “come due cere liquefatte” si possano fondere “insieme in una sola vita” (p. 123). “Il tuo Gesù non altro desidera che una corrispondenza di affetto”(p. 42).


[1] Per una biografia più approfondita sul prelato, cf. D. Bracale, Mons. Nazareno Patrizi. Da Bellegra alla Corte Pontificia, Roma 2020.

[2] N. Patrizi, Il mese di giugno ad onore del Sacro Cuore, Edizioni Paoline, Bari 1951, p. 26. D’ora in poi citeremo solo il numero di pagina di riferimento in corpo all’articolo.

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