di Roberto Cascioli – lanuovabq.it
«Cosa ha il Papa contro l’Opus Dei?», titolava recentemente Crisis Magazine, una influente rivista cattolica americana. Domanda che in molti si sono fatti dopo l’ennesima mortificazione inflitta al movimento fondato da san Josemaría Escrivá de Balaguer nel 1928: lo scorso 8 agosto con un nuovo Motu Proprio papa Francesco infatti modificava i canoni 295 e 296 del Diritto canonico per “retrocedere” le prelature personali assimilandole «alle associazioni pubbliche clericali di diritto pontificio con facoltà di incardinare chierici». E siccome l’unica prelatura personale esistente è l’Opus Dei, è chiaro l’obiettivo del Pontefice.
Fino a quel momento le prelature personali erano invece assimilate alle diocesi, secondo quanto stabilito dal Concilio Vaticano II nel decreto Presbyterorum Ordinis al numero 10.
Si diceva che si tratta dell’ennesima mortificazione sotto questo pontificato. In effetti la battaglia personale di papa Francesco contro l’Opus Dei inizia già nel 2017 quando non ha voluto l’ordinazione episcopale del nuovo prelato, monsignor Fernando Ocáriz, un segnale forte di discontinuità con i pontificati precedenti. Ricordiamo infatti che era stato san Giovanni Paolo II a elevare l’Opus Dei a prelatura personale nel 1982 con la Costituzione apostolica Ut Sit, a conclusione di un accurato lavoro di una commissione paritetica di canonisti che aveva studiato la modalità migliore per garantire lo sviluppo del carisma dell’Opus Dei a servizio della Chiesa. Ed era stato lo stesso san Giovanni Paolo II a ordinare vescovo nel gennaio 1991 il primo prelato dell’Opus Dei, monsignor Alvaro del Portillo, e poi ancora nel 1995 ordinò vescovo anche il suo successore, monsignor Javier Echevarría Rodriguez, morto nel dicembre 2016.
La mancata nomina episcopale di monsignor Ocáriz preludeva ad altri cambiamenti; ci è voluto del tempo ma sono puntualmente arrivati con la riforma della Curia Romana del marzo 2022 (Costituzione apostolica Predicate evangelium) seguita in luglio dal Motu proprio Ad charisma tuendum che ne adegua le disposizioni: le competenze sulle prelature personali passano dalla Congregazione dei vescovi a quella del clero, e il prelato dell’Opus Dei non può diventare vescovo (una curiosità questa, perché si tratta dell’unico sacerdote che per decreto non potrà essere nominato vescovo).
Sembrava finita qui, perché a questo punto l’Opus Dei ha rimesso mano agli Statuti per adeguarli alle nuove disposizioni. Quasi un anno di lavoro e proprio tra giugno e luglio la revisione è stata consegnata alla Santa Sede, ignari che però nel frattempo papa Francesco stava preparando una nuova sorpresa che ora costringerà gli esperti dell’Opera a rivedere ancora una volta gli Statuti.
Malgrado ciò, la reazione ufficiale – in linea con la spiritualità del movimento – è di totale collaborazione: «Accogliamo con sincera obbedienza filiale le disposizioni del Santo Padre – ha scritto monsignor Ocáriz ai circa 90mila membri dell’Opera – e vi chiedo di rimanere, anche in questo, tutti molto uniti. Seguiamo lo stesso spirito con il quale san Josemaría e i suoi successori hanno accettato qualsiasi decisione del Papa sull’Opus Dei. Poiché l’Opera è una realtà di Dio e della Chiesa, lo Spirito Santo ci guida in ogni momento».
Se questo è lo spirito con cui i membri dell’Opus Dei vivono queste circostanze, resta il fatto che le decisioni del Papa hanno suscitato perplessità e contrarietà, come dimostra l’intervento della canonista Geraldina Boni: in un articolo pubblicato dal sito del Centro Studi Livatino la Boni contesta l’ultima decisione dell’8 agosto perché assimilare le prelature personali alle associazioni clericali va contro la volontà dei padri conciliari e mette a rischio il «carisma autentico».
Non si tratta di discussioni teoriche, ma di un concreto restringimento dell’autonomia del movimento e della possibilità di svolgere la propria missione. Un caso emblematico è quello del santuario mariano di Torreciudad, in Spagna: costruito negli anni ’60 per volontà di san Josemaría, è diventato meta di centinaia di migliaia di pellegrini, che hanno sempre trovato sacerdoti dell’Opera ad accoglierli. Ma ora il vescovo locale ha di fatto espropriato l’Opus Dei dal santuario, assumendone l’amministrazione; e dal 1° settembre prossimo a dirigerlo sarà un prete nominato dal vescovo.
In ogni caso il tema della preservazione del carisma dell’Opus Dei è anche la preoccupazione del professor Luis Felipe Navarro, rettore della Pontificia Università della Santa Croce, che ricorda alla Bussola come all’origine dell’Opus Dei ci sia la «chiamata universale alla santità, santificando le realtà temporali, attraverso lavoro e famiglia». «Il carisma dell’Opus Dei è secolare – precisa il professor Navarro – la stragrande maggioranza dei membri sono laici, quasi tutti sposati. E un punto importante sottolineato da san Josemaría è che tutti i membri sono alla pari, non ci sono membri di serie A e di serie B, i laici hanno la stessa importanza dei sacerdoti». E quindi come si concilia questo con l’assimilazione alle associazioni clericali? «Questo sarà il lavoro da fare nella revisione degli Statuti, rendere possibile la conservazione del carisma autentico nelle nuove circostanze», dice ancora Navarro, che si dimostra comunque fiducioso sull’esito.
Il compito però non è facile perché la sensazione è che il fondamentale obiettivo della Santa Sede sia – carisma o non carisma – quello di mettere sotto stretto controllo l’Opus Dei, tendenza che si vede anche con gli altri movimenti ecclesiali. Ma il movimento fondato da san Josemaría Escrivá de Balaguer gode effettivamente di un’attenzione particolare: sia perché è l’unico ad essere stato eretto prelatura personale sia perché deve scontare una sorta di “leggenda nera” nei suoi confronti, che peraltro ha fatto da ispirazione alle “fantasie” di Dan Brown.
E sicuramente ha molti nemici in Vaticano e, soprattutto, nel circolo ristretto del Papa. Al punto che per colpire l’Opus Dei papa Francesco si è contraddetto su almeno due princìpi al cuore del suo pontificato. Anzitutto l’attuazione del Concilio: come abbiamo ricordato l’istituzione della prelatura personale e la sua assimilazione alle diocesi era stata una intuizione conciliare, che non esisteva prima. Il motu proprio dell’8 agosto rovescia completamente quanto i padri conciliari desideravano con la prelatura personale, cioè uno strumento più efficace nella prospettiva pastorale della missione in tutto il mondo.
Inoltre il modo in cui sono maturati questi passaggi è la negazione della sinodalità, che tra poco più di un mese sarà il tema del Sinodo. Infatti, se l’erezione a prelatura personale ha visto un lungo dialogo e un lavoro comune tra esperti dell’Opera e della Santa Sede, le decisioni di papa Francesco sono state prese d’imperio, certamente maturate in un circolo ristretto di consiglieri che non hanno sentito alcun bisogno di un dialogo e di un cammino condiviso con i vertici dell’Opus Dei.