Discorso alla città di Mons. Mario Delpini
«Il discorso si intitola “Tocca a noi, tutti insieme”: adesso tocca a noi, tocca ancora a noi, sempre. Tocca a noi, non nel senso che abbiamo la presunzione di occupare tutta la scena, di imporci come maestri che devono indottrinare altri, di prenderci momenti di potere o di gloria. Tocca a noi, piuttosto, nel senso di un dovere da compiere, di un servizio da rendere, di un contributo da offrire con discrezione e rispetto, di intraprendere un cammino che nessuno può compiere al nostro posto. Un cammino che siamo chiamati a percorrere insieme».
Nel tradizionale Discorso alla città, pronunciato da monsignor Mario Delpini nella basilica di Sant’Ambrogio venerdì 4 dicembre, alla vigilia della festa del Santo patrono, l’Arcivescovo legge i segni di un tempo pesante che tutti stiamo vivendo, ma invita a guardare al futuro, alla speranza. E chiede con forza di farlo insieme, facendo eco alle parole di papa Francesco.
Emergenza spirituale
Stiamo vivendo non solo un’emergenza sanitaria e sociale, ma anche spirituale. Più volte l’Arcivescovo sottolinea un aspetto non meno grave degli altri. «Mi sembra che oggi sia diffuso un atteggiamento più incline alla rinuncia che alla speranza. Ho l’impressione che, insieme alla prudenza, alla doverosa attenzione a evitare pericoli per sé e per gli altri e danni al bene comune, ci siano anche segni di una sorta di inaridimento degli animi, un lasciarsi travolgere dal diluvio di aggiornamenti, di fatti di cronaca, di rivelazioni scandalose, di strategie del malumore, di logoranti battibecchi».
Continua Delpini: «Proprio questi sintomi inducono a formulare una diagnosi definibile come “emergenza spirituale”. Con ciò si intende lo smarrimento del senso dell’insieme che riduce in frantumi la società e l’identità personale e permette così ai diversi frammenti di imporsi e dominare la scienza. Ne deriva la condizione di aridità degli animi che sono come assediati dalle emozioni, dalle apprensioni, dalle notizie della pandemia. Non riescono a pensare ad altro, non possono parlare d’altro. Il resto del mondo e dei temi decisivi per la vita delle persone, delle comunità, del pianeta è emarginato, ha perso interesse».
Recuperare le nostre radici
Se l’ideologia non va bene come pure l’individualismo, Delpini punta il dito anche su un terzo aspetto: «Il neoliberismo non va bene: ha creato disuguaglianze insopportabili».
Tutti elementi assorbiti anche nel contesto culturale e sociale lombardo, ma che gli sono estranei: «Si può anche dire che all’umanesimo lombardo questi princìpi rovinosi non sono congeniali. Certo abbiamo importato anche l’ideologia, anche l’individualismo, anche il neoliberismo, ma senza mai sentirli veramente nostri. Per questo si può dire che tocca a noi recuperare le nostre radici, essere fieri della nostra identità originale e proporre una visione comune. Tocca a noi, in coerenza con la nostra cultura, elaborare una visione comune con i tratti di quella sapienza popolare, di quel pragmatismo operoso, di quel senso del limite e quella consapevolezza di responsabilità che sono alieni da ogni fanatismo, da ogni rassegnazione, da ogni conformismo ottuso, capaci di realismo, di serietà e onestà intellettuale, di senso dell’umorismo, di apertura verso l’altro e verso l’inedito».
Il compito irrinunciabile dell’educazione
Se la famiglia deve essere centrale, altrettanto il compito di formare i giovani. «Tocca agli adulti la responsabilità di consegnare alle giovani generazioni la visione da cui può partire il futuro. Poi le giovani generazioni daranno alla visione un colore nuovo, un nome inedito. Ma il compito educativo è essenziale perché non ci sia un popolo smarrito e vagabondo che non sa il nome né il senso delle cose e crede che distruggere o costruire, fare il bene o fare il male, dare la vita o toglierla siano equivalenti».
Sono diversi i soggetti coinvolti. «L’educazione è responsabilità dei genitori. I genitori perfetti non esistono e i genitori di oggi devono reagire al sospetto di non essere all’altezza del compito educativo, di non sapere che cosa dire a proposito della vita e del suo senso. Gli adulti non sono autorizzati dai loro fallimenti a sottrarsi al compito educativo».
Ma è necessaria un’alleanza educativa. «L’alleanza è per riconoscere alla famiglia la libertà di educare i suoi figli e insieme per sostenere un’opera educativa che sia un contributo al bene comune. L’educazione per sua natura fa riferimento alla sussidiarietà, alla capacità di dare vita a patti tra le diverse agenzie educative, valorizzando le autonomie scolastiche e la capacità delle famiglie e dei corpi intermedi di dare vita a diverse esperienze educative e di formazione. La tradizione delle scuole paritarie deve essere, in questa prospettiva, valorizzata come contributo all’esperienza educativa di tutti».
Fonte: Chiesa di Milano – discorso alla città