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Ma perché questi impazienti devono cambiare sempre tutto?

Il brano evangelico di S.Luca 21, 16-19 “16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”, presenta, nella traduzione CEI 2008 la seguente scelta: “salverete la vostra vita”.
A nostro modesto giudizio è una traduzione poco felice che distorce non poco il senso della pericope. Il testo greco dice: “ἐν τῇ ὑπομονῇ ὑμῶν κτήσασθε τὰς ψυχὰς ὑμῶν”. Quello latino della nova vulgata conferma: “In patientia vestra possidebitis animas vestras” Infine anche la vecchia traduzione CEI 1974 propone: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”, tutti son concordi nel dire che la salvezza si applica all’anima, non alla vita (corporale).
Ora, un conto è “la vita” un altro è “l’anima”; l’una è mortale e sacrificabile di fronte ad un bene maggiore, l’altra è immortale ed inestimabile: di certo non sono la stessa cosa, a meno che non si generalizzi tutto. Invece, il testo del Vangelo, in modo inequivocabile, parla di anima: “τὰς ψυχὰς” “animas” “anime”. La realtà dei fatti conferma il Vangelo. Il Signore ci promette la salvezza dell’anima, non della “pelle”, di fronte a chi ci perseguiterà. Forse che non si debba applicare tale versetto ai martiri che de facto non han avuto salva la vita terrena bensì l’anima? Certamente ci piacerebbe moltissimo che tutto si concludesse con una happy ending di fronte agli assassini, che agiscono in odium fidei, e ai persecutori.

Tuttavia questa è una favola non cristiana.

Il Vangelo e la storia del cristianesimo raccontano una storia ben diversa: la salvezza promessa da Cristo è quella della vita eterna.
Sant’Agostino, nell’ Esposizione sul Salmo 26, 2, chiarisce bene l’atteggiamento dei cristiani verso la persecuzione e dice: “”Contro di me sono insorti testimoni che spirano violenza” (Sal 26,12). Il salmista si dibatte nelle mani di coloro che lo perseguitano e lo tormentano; è senza fiato, fatica, ma tiene duro; rimane saldo perché Dio lo sostiene, Dio lo aiuta, Dio lo conduce, Dio lo guida. Allo stesso tempo trasportato dalla gioia, (…) grida: “Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi” (v.13). (…) E quando ti vedrò, o bontà del Signore? “Sono certo di contemplarti”, ma non sulla terra dei mortali, bensì “sulla terra dei viventi“. Il Signore mi porterà fuori dalla terra dei mortali, lui che, per me, si è degnato di entrare in questa terra dei mortali e di morire fra le mani dei mortali (…)”.
Ancora, nel discorso 359/a tenuto a Tuneba sulla pazienza, mentre commenta la parabola dell’amministratore infedele, cita S.Luca 21,19, sottolineando l’atteggiamento di pazienza in attesa della conquista dei beni futuri, non di una situazione terrena che si risolverà bene. A tal proposito dice: ”(…) Con la vostra pazienza salverete le vostre anime. E in un altro luogo della Scrittura è detto: Guai a coloro che hanno perduto la pazienza. La si chiami pazienza o sopportazione o tolleranza, con diversi termini si allude alla stessa cosa. Fissiamo nel cuore non tanto la diversità delle parole ma l’unica sostanza del concetto e ciò che esprimiamo a parole cerchiamo di possederlo nell’intimo. Vive qui nella pazienza chi è consapevole che la vita, che egli conduce in questo mondo, è lontana dalla patria, in qualsiasi luogo della terra si trovi col suo corpo. Vive nella pazienza chi sa di possedere una patria, eterna, in cielo, chi ha fiducia che quella è la regione della felicità che qui non si può avere, ma solo desiderare, ed arde di un desiderio così buono, santo e casto
Purtroppo, ritoccando qualche parola qua è facile deviare dal testo originale, forzarne il senso originale, ed allontanarsi tanto dall’interpretazione dei Padri della Chiesa quanto dal perenne sensus fidelium della Chiesa. Ci auguriamo piamente, quindi, che le prossime traduzioni siano migliori. Tuttavia non vogliamo obliare l’anatema in fondo all’Apocalisse 21, 18-19: “Μαρτυρῶ ἐγὼ παντὶ τῷ ἀκούοντι τοὺς λόγους τῆς προφητείας τοῦ βιβλίου τούτου· ἐάν τις ἐπιθῇ ἐπ’ αὐτά, ἐπιθήσει ὁ θεὸς ἐπ’ αὐτὸν τὰς πληγὰς τὰς γεγραμμένας ἐν τῷ βιβλίῳ τούτῳ· 19καὶ ἐάν τις ἀφέλῃ ἀπὸ τῶν λόγων τοῦ βιβλίου τῆς προφητείας ταύτης, ἀφελεῖ ὁ θεὸς τὸ μέρος αὐτοῦ ἀπὸ τοῦ ξύλου τῆς ζωῆς καὶ ἐκ τῆς πόλεως τῆς ἁγίας, τῶν γεγραμμένων ἐν τῷ βιβλίῳ τούτῳ”.
Tale citazione suona così: “Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; [19] e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro”.

Sicut Oliva Fructifera

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