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L’Avvento è un tempo penitenziale?

Con l’inizio del mese di Novembre, una volta trascorsa l’Ottava dei defunti, le attività commerciali ci introducono già nel clima natalizio o, meglio, dell’attesa natalizia. I negozi si riempiono di addobbi, sulle strade vengono preparate le illuminazioni, nelle piazze si allestiscono gli alberi pronti per essere accesi con effetti scenografici l’8 Dicembre. 

In tutto questo, però, la liturgia della Chiesa sembra distaccata rispetto all’organizzazione della società civile. Infatti, solo nel rito ambrosiano questo clima prefestivo si sovrappone effettivamente al Tempo di Avvento, il quale, nell’Arcidiocesi ambrosiana, inizia com’è noto la domenica dopo la festa di San Martino (11 novembre), tale da venire informalmente soprannominato «Quaresima di San Martino». Nel resto della Chiesa, invece, il Tempo di Avvento è molto spesso limitato al solo mese di dicembre, con al limite una settimana a fine novembre, tale che il clima natalizio di cui è già permeata la società civile risulta spesso in discordanza col tema liturgico.

A prescindere da ciò, tuttavia, non possiamo non evidenziare una diversità piuttosto evidente tra il modo in cui le persone in generale e anche i fedeli percepiscono l’attesa del Natale rispetto all’attesa della Pasqua. L’attesa della Pasqua è infatti un tempo triste, poiché deve passare attraverso i giorni prima di Quaresima e, successivamente, della Settimana Santa, in cui i fedeli sono chiamati ad osservare, se non il digiuno come era prassi un tempo, quantomeno un atteggiamento penitenziale e di sobrietà, per consentire poi alla gioia pasquale di sfociare durante la Veglia e per tutto il Tempo Pasquale a seguire. Al contrario, l’attesa del Natale non solo è gioiosa e festosa in sé, ma sovente si rivela un periodo più felice rispetto al Tempo di Natale vero e proprio, poiché trascorso il 25 dicembre l’immaginario popolare vuole che la parte natalizia delle feste sia ormai ultimata, per lasciare il posto prima alla festività civile del capodanno e poi all’Epifania, la quale è spesso vissuta con un senso di tristezza per il termine dei giorni festivi e la ripresa delle normali attività scolastico-lavorative.

Seguendo questo ragionamento, quindi, l’Avvento assume un carattere decisamente più festivo rispetto ai giorni post-natalizi o, se anche così non fosse, non è certamente vissuto come momento penitenziale. La domanda che, pertanto, ci possiamo porre è se la liturgia della Chiesa confermi o meno quest’idea propria dell’immaginario collettivo. Inutile dire che la risposta è complessa e, pertanto, merita un doveroso approfondimento.

Per prima cosa, si rende opportuno un richiamo ai testi ufficiali. Il Codice di Diritto Canonico non inserisce l’Avvento tra i giorni di penitenza, mentre l’OGMR lo descrive come un tempo di «devota e gioiosa attesa». Va detto, tuttavia, che l’analisi dei testi deve necessariamente affiancarsi all’approfondimento della tradizione liturgica di questa stagione, che prenda in considerazione i paramenti, le letture e gli adattamenti liturgici propri del tempo.

Il colore liturgico dell’Avvento è il viola, ovvero il morello nel rito ambrosiano. Quest’elemento avvicina inequivocabilmente l’Avvento alla Quaresima; inoltre, il viola non è certo un colore festivo ma, al contrario, esprime un senso di sobrietà nonché di clima penitenziale (non è però un colore luttuoso, per quanto oggi si sia sostituito al nero durante i funerali). Il viola è il colore del Sacramento della Confessione, è il colore dei giorni di digiuno, era il colore delle Vigilie. Tutto ciò ci porta a ritenere che l’Avvento sia un tempo penitenziale, ma vi sono anche quanti sostengono come il viola avventizio sia differente dal viola quaresimale, il quale dovrebbe essere per tonalità più scura, e sia portatore di un diverso messaggio, ovvero, come già detto, un messaggio di gioiosa attesa del compimento.

Se quindi l’analisi del colore ci mantiene nel dubbio, gettiamo uno sguardo ai testi che vengono proclamati durante le liturgie d’Avvento. A differenza di quanto si potrebbe pensare nell’immaginario collettivo, i riferimenti chiari al Natale sono presenti solo nella settimana immediatamente precedente la solennità, in quei giorni che nel Rito ambrosiano vengono nominate ferie «de Expectato», cioè «dell’Accolto». Sempre nel medesimo rito, l’ultima domenica di Avvento è la domenica della Divina Maternità della Beata Vergine Maria, o dell’Incarnazione del Signore, il cui significato potremmo far coincidere con la solennità romana di Maria SS. Madre di Dio. Anche nel rito romano, comunque, la sola IV domenica di Avvento conserva un’impronta prenatalizia, a differenza delle altre tre. I temi, invece, dominanti nel corso del Tempo di Avvento sono quelli legati al concetto di venuta del Signore, soprattutto la I domenica, dove il Vangelo ci introduce direttamente nel tema della parusìa, ovvero della venuta del Signore alla fine dei tempi (da non confondere col concetto fantascientifico-protestante di fine del mondo). Nelle altre domeniche, lo stesso tema viene approfondito con le pericopi evangeliche che narrano di San Giovanni Battista, ovvero del Precursore del Signore, colui che sarebbe venuto prima di Lui per aprirGli la strada. Inutile rammentare come questi testi abbiano un carattere tutt’altro che festoso, caratterizzandosi invece per un invito alla conversione e alla penitenza. Come in Quaresima, quindi, si segue il digiuno per essere degni di vivere le solennità pasquali, in Avvento è necessario adeguare la propria vita per prepararsi ad accogliere il Signore che viene.

Volendo approfondire, invece, la questione dal punto di vista dei segni liturgici, ricordiamo che nel vetus ordo (prima delle riforme di Giovanni XXIII) in Avvento come in Quaresima il diacono e il suddiacono dovevano sostituire la dalmatica o tonacella con le pianete plicate, espressioni proprie di un tempo di penitenza. Ancora, sia nel vetus che nel novus in Avvento si omette l’inno Gloria in excelsis Deo e, come in Quaresima, ci si dovrebbe astenere dal posizionare fiori sull’altare e dal suono dell’organo (queste disposizioni, però, sono obbligatorie per la Quaresima, mentre in Avvento restano facoltative). L’Avvento è anche uno dei tempi in cui è proibito celebrare le nozze (cosa che la gran parte di noi ha scoperto leggendo I Promessi Sposi), ma anche questo precetto è ormai in disuso.

Altra somiglianza con la Quaresima è, nel rito romano, la presenza della domenica Gaudete, che emula la quaresimale domenica Laetare, in cui il sacerdote assume paramenti di colore rosa. Queste domeniche furono introdotte per rammentare al fedele di essere giunti a metà del percorso penitenziale e, pertanto, la loro stessa presenza implica il carattere penitenziale della stagione.

Con la Quaresima vi sono comunque anche significative differenze. Ad esempio, non si omette il canto dell’Alleluia, così come in Avvento resta consentito celebrare le feste dei santi come da calendario mentre in Quaresima tale privilegio è consentito solo alle solennità di San Giuseppe e dell’Annunciazione.

Abbiamo quindi cercato di analizzare la questione da numerosi punti di vista e, ora, non ci resta che rispondere alla domanda: l’Avvento è un tempo penitenziale? La risposta è sì, l’Avvento è un tempo penitenziale, ma non quanto la Quaresima e la penitenza avventizia dovrebbe essere intesa come preparazione a ricevere la venuta del Signore nel Santo Natale. Sarebbe quindi opportuno vivere l’Avvento non con il rigido clima penitenziale della Quaresima ma nemmeno con quello spirito gioioso e festoso che andrebbe riservato al Santo Natale e, in generale, ai giorni che lo seguono, troppo spesso trascurati o nemmeno degnamente considerati dal punto di vista liturgico.


  1. L’Avvento romano inizia formalmente la domenica tra il 27 novembre e il 3 dicembre, tale che si possa di fatto parlare di un inizio coincidente con la domenica più vicina a Sant’Andrea. Quest’ultimo criterio è quello ufficialmente seguito in alcune chiese orientali.
  2. Fino all’Alto Medioevo, il digiuno avventizio era paragonabile a quello quaresimale, con durata variabile tra le quattro e le sei settimane a seconda della località. Con l’inizio del Basso Medioevo, tale consuetudine iniziò ad essere limitata ai chierici, finché una bolla di Urbano V del 1362 ridusse l’obbligo ai soli chierici della corte papale. La prassi del digiuno d’Avvento continua, invece, ad essere rispettata dalle chiese orientali
  3. Nel romanzo del Manzoni si nota che la prima domenica d’Avvento ambrosiano cade il 12 novembre 1628. Facendo un veloce conto, si evince come vi siano in totale sette domeniche prima di Natale, di cui l’ultima coincidente col 24 dicembre. Questa particolare struttura dell’Avvento a sette domeniche si ripresenta anche quest’anno, 2023, e si rende necessaria per rispettare la norma che impone l’inizio di questo tempo liturgico la prima domenica dopo la festa di San Martino. In questi casi, il 24 dicembre viene denominato «Domenica prenatalizia», giorno liturgico con colore bianco e letture proprie.

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