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Riparazione come atto d’amore a Gesù oltraggiato

Il lamento di Gesù è vero ancora oggi. La maggioranza delle persone manifesta indifferenza verso il SS. Sacramento, sembra che ignori Gesù presente nei santi tabernacoli.

Nell’ottava del Corpus Domini del 1675, Gesù, apparendo a S. Margherita M. Alacoque, le mostra il Suo Cuore circondato di spine ed esclama: «Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini fino a esaurirsi per attestare loro il suo amore. E in contraccambio non ricevo, dalla maggior parte degli uomini, se non ingratitudini con le loro irriverenze, sacrilegi, freddezze e il disprezzo che hanno per me in questo Sacramento d’amore».

Il lamento di Gesù è vero ancora oggi. La maggioranza delle persone manifesta indifferenza verso il SS. Sacramento, sembra che ignori Gesù presente nei santi tabernacoli. Per essi si potrebbe ripetere il rimprovero che S. Giovanni rivolgeva agli Ebrei: «In mezzo a voi c’è uno che non conoscete». Ma la cattiveria umana non si limita ad ignorare l’amore di Gesù Sacramentato, commette anche irriverenze e peccati sotto i Suoi purissimi occhi, e perfino nelle chiese! Quanta gente poi Lo riceve in peccato mortale nell’anima, rinnovando così il bacio traditore di Giuda. Lo spettacolo dei peccati che si offrì all’amabile Gesù nel Getsemani, lo perseguita anche ora nel SS. Sacramento fino a fargli nuovamente esclamare: «L’anima mia è triste fino alla morte».

Riparazione come atto d’amore a Gesù oltraggiato

Come un giorno Gesù, trovandosi in grande stato di angoscia nell’Orto degli Ulivi, si rivolse a Pietro, Giacomo e Giovanni, invitandoli a tenergli compagnia e a consolarlo, così oggi dall’Eucaristia ripete alle anime che l’amano: «Trattenetevi qui a vegliare con me». Sembra strano, eppure è così. Dio cerca consolazione e riparazione dalle sue creature. «Ecco quel cuore che tanto ha amato gli uomini. Io domando quindi da te riparazione», ha detto Gesù a S. Margherita M. Alacoque. Agli appelli così insistenti del Redentore, fa eco la voce della Chiesa. Già Pio IX parlava della riparazione descrivendola come «l’opera divina destinata a salvare l’umanità». Allo stesso modo si esprimeva Leone XIII all’inizio del XX secolo; ma soprattutto Pio XI con l’enciclica “Miserentissimus Redemptor”, ha inculcato il grave dovere della riparazione. Questa riparazione, oltre che desiderio di Cristo e volontà della Chiesa, è anche un dovere di carità. Come può dire che ama veramente il prossimo chi assiste inerte alla perdizione di tanti fratelli? A Fatima la Vergine Santissima ha ribadito questo dovere. Mostrando ai tre veggenti, attraverso una terrificante visione, l’Inferno, esclamò: «Ecco dove vanno a finire tante anime perché non c’è chi prega e si sacrifica per loro». Inoltre, tutti gli uomini formano un’unica famiglia di cui Dio è il Padre. Per la legge della solidarietà e dell’amore, le offese dei figli ribelli devono essere riparate dai figli fedeli. Dunque tutti gli uomini devono sentire il bisogno di riparare sia per i propri peccati che per quelli dei fratelli.

Cosa significa riparare

«Dammi tu almeno questo piacere di supplire alle ingratitudini degli uomini», diceva Gesù a S. Margherita M. Alacoque. In queste parole vi è la definizione più autentica dell’anima riparatrice: è un’anima che supplisce. Si supplisce sia compensando, sia espiando. Queste due azioni si addicono all’anima riparatrice. Gesù nell’Eucaristia è abbandonato: da questo nasce nell’anima il bisogno di compensare le trascuratezze e le ingratitudini umane. L’anima riparatrice si sentirà spinta a ringraziare, adorare, visitare e ricevere Gesù Sacramentato anche per coloro che non Lo ringraziano, non Lo adorano, non Lo visitano e non Lo ricevono. Gesù Eucaristico è offeso e oltraggiato in migliaia di modi: irriverenze, bestemmie, sacrilegi, profanazioni, aborti, peccati contro natura ecc.

Ecco la necessità di riparare e di espiare, che si traduce nell’accettare volentieri la sofferenza, con l’intenzione di risarcire l’offesa ed impetrare il perdono a noi stessi e ai fratelli peccatori.

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