“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”.
(Mt 22,37)
Ancora una volta il Maestro, con queste parole, ci viene incontro quando meditiamo su come poter pregare fruttuosamente. Facciamo una premessa: pregare significa porsi in relazione con Dio. Egli non ha bisogno delle nostre preghiere ma siamo noi che abbiamo bisogno di rapportarci con Lui e, il mezzo perfetto, è l’orazione. Come bisogna predisporsi affinché sia fruttuosa? Amando Dio. Due termini con il più prezioso significato sono accostati insieme in un vincolo inscindibile. Si inizia ad amare Dio quando ci si rende conto che Egli è veramente il principio e la fine, l’alfa e l’omega della nostra vita. Si ama Dio quando nella sofferenza si sente la sua carezza consolatrice e si accetta la croce che egli ha posto sulle nostre spalle. Amarlo significa non smettere di sperare mai, anche nei momenti di dolore quando tutto sembra che vada al contrario, amarlo ci porta ad affrontare il mondo con una forza che solo Lui può donare. Chi è innamorato di Dio non può fare a meno di pregare perché, anche mediante l’orazione, si può attingere da quella fonte di Acqua Viva, essenziale nel nostro rapporto personale con Lui e con coloro che mette sul nostro cammino. Perché la preghiera sia autentica, quindi sia un fervido atto di amore, Gesù ci indica la via: amando con tutto il cuore, l’anima e la mente. Primo fra tutti indica il cuore che da sempre viene considerato il punto da cui giungono le decisioni più vere e sincere, è il simbolo per eccellenza dell’amore ma è anche quella parte del nostro corpo che più risente di periodi di sofferenza e di tristezza. Indicandoci il cuore Dio ci chiede di amarlo sempre, sia nella gioia che nel dolore; alle stesse condizioni che si promettono due innamorati al momento della celebrazione del matrimonio. Ma non basta. Egli ci chiede di più: di amarlo con tutta l’anima. Questa parola, guardando alla sua radice greca significa “vento, soffio”. Leggendo la Genesi ci si accorge che Dio crea Adamo con un soffio. L’anima, quindi, è quel soffio di Dio presente in noi e come dice Sant’Agostino, essa “non è tutto l’uomo ma la parte migliore”. È il sigillo di Dio posto ai Suoi figli, tanto amati e voluti. L’anima rappresenta il testamento di amore elargitoci dalla Sua infinita misericordia. Amarlo con tutta l’anima significa porci in relazione con lui nella consapevolezza che lui è nostro Padre, da sempre e per sempre. Gesù non lascia nulla al caso e ci richiama ad un amore che coinvolge anche la mente. La mente è sede della nostra razionalità, dei nostri pensieri, è generatrice delle emozioni e deposito di infinti ricordi. La mente, per la scienza, è la parte del nostro sistema più complessa e ancora soggetta a numerosi studi. Attraverso la mente governiamo il nostro corpo e compiamo scelte, consapevoli od immature che siano, le quali determineranno la nostra vita. La mente in sostanza è ciò che testimonia la nostra condizione umana. Insomma, quando si pensa alla mente si va ad indicare ciò che, nel bene e nel male ci rende persone. Amare Dio con la nostra mente significa prostrarci a Lui nella nostra umanità. Raccogliendo e rimettendo ai piedi della croce i nostri limiti, i nostri errori e le nostre cadute. Gli affidiamo tutto ciò perché, in umiltà e riconoscendoci semplici ed indegni uomini, Egli ci possa curare sanando le nostre ferite e indicandoci la strada da percorre perché, come ci ha detto: “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5). Ora, se davvero siamo fratelli in Cristo, dobbiamo comportarci come tali gli uni con gli altri ed infatti Gesù ci introduce un secondo precetto: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,37). Dicendo questo distrugge l’ipocrisia di tanti cristiani. Pregare, come ho già detto, è lo strumento per relazionarci con Dio così da poter attingere all’Acqua Viva. Perché la preghiera sia per noi fruttuosa è necessario porci in una condizione di amore totale e gratuito con Lui. Non è però sufficiente. Infatti, ci chiede di amare incondizionatamente anche gli altri. Senza distinzione. Anche il più disgraziato dei disgraziati. Solo così saremo degni di professarci cristiani. Quante volte ho visto persone essere perfette nel rispettare la liturgia delle ore o nell’adempiere al precetto domenicale. Ma era tutta forma e niente sostanza. Pronti a fare salti mortali per non perdersi un vespro o una compieta ma incapaci di fermarsi ad aiutare un amico in difficoltà o di avere il coraggio di dichiararsi cristiani alla relativa domanda. Guai a voi, portatori di menzogne! Vi rifugiate nelle forme e nelle regole ma siete vuoti dell’amore per Dio e per i fratelli. Anche il fariseo del tempio era bravissimo a seguire i precetti infatti adempiva immancabilmente alla preghiera, al digiuno e al pagamento delle decime. Eppure, era vuoto. Amava i precetti e le forme ma non Dio e nemmeno il prossimo. Il pubblicano, al contrario, sapeva di non essere perfetto anzi, si batteva il petto chiedendo pietà per i suoi peccati. Egli davvero amava Dio e lo amava talmente tanto perché concretizzava il Suo volere. Per concludere, la forma e la sostanza devono necessariamente coesistere in una relazione inscindibile. Da sole non hanno alcun valore. Quindi giustissimo e ammirabile saper rispettare le regole ed i precetti, ma senza la sostanza cioè l’amore verso Dio ed il prossimo, la forma è fine a sé stessa e, la preghiera, diviene soltanto una ritmica cantilena solitaria.