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Gli ordini religiosi sono il futuro della Chiesa?

La vita religiosa tra passato e futuro: quali caratteristiche aveva alla sua nascita e quali sono i tratti fondamentali per il suo futuro.

«Si quis vult post me venire, abneget semetipsum et tollat crucem suam et sequatur me. Qui enim voluerit animam suam salvam facere, perdet eam; qui autem perdiderit animam suam propter me, inveniet eam» [1].

Con queste parole, nel Vangelo secondo Matteo, Gesù si rivolge ai suoi apostoli e in particolare a Pietro, dopo aver dato l’annuncio della necessità di andare a Gerusalemme per soffrire e morire e quindi risorgere per la redenzione del genere umano. Dette due frasi evangeliche si adattano particolarmente bene allo stile di vita del monaco, quell’uomo che per perseguire la perfezione della vita cristiana pratica «il completo distacco dal mondo e una severa disciplina di vita» [2]. Inizialmente i monaci condussero uno stile di vita anacoretico, cioè solitaria e dedita alla contemplazione e alla pratica ascetica: a tal proposito, non si possono non citare gli stiliti, vale a dire quei monaci che passarono, soprattutto nella città greca di Atene, buona parte della loro vita su una colonna, e i dendriti, che abitarono per lunghissimo tempo sugli alberi; dal primitivo anacorismo, su impulso soprattutto di san Basilio di Cesarea, si giunse allo stile di vita comune del cenobitismo, forma monastica particolarmente diffusa in Occidente. Benedetto XVI ha dedicato l’udienza generale in Piazza San Pietro del 9 aprile 2008 al «fondatore del monachesimo occidentale», san Benedetto da Norcia, collegando la storia occidentale tra V e VI secolo con la vita e l’opera del fratello di Santa Scolastica: «di fatto, l’opera del Santo e, in modo particolare, la sua Regola si rivelarono apportatrici di un autentico fermento spirituale, che mutò nel corso dei secoli, ben al di là dei confini della sua Patria e del suo tempo, il volto dell’Europa, suscitando dopo la caduta dell’unità politica creata dall’impero romano una nuova unità spirituale e culturale, quella della fede cristiana condivisa dai popoli del continente» [3]. Nella particolarissima situazione dell’Europa dell’epoca, i monaci benedettini in un primo momento si dedicarono alla preghiera, alla celebrazione di una liturgia realmente degna della maestà di Dio, ma presto ritornarono in mezzo alle città ormai allo sfascio e ridotte numericamente, «per portare Dio al centro della vita personale e sociale con la luce di Gesù che illumina l’uomo, indirizza il vivere insieme e ispira civiltà» [4]. I monasteri furono veri e propri fari di civiltà, che preservarono il sapere classico ricopiando e commentando pazientemente negli scriptoria le opere degli intellettuali latini, ma furono anche elementi di coesione e carità sociale, prendendosi cura dei più deboli e indifesi, fornendo quindi il modello a ogni successiva forma di assistenzialismo sociale. È ancora una volta Benedetto XVI a parlarci del rapporto tra il monastero benedettino, l’oasi, e la rovina dell’impero romano d’Occidente, il deserto, attualizzando una situazione storicamente determinata all’oggi, con queste suggestive parole, che richiamano la costante necessità del perdono reciproco: «le oasi della creazione […] non sono forse anticipazioni di questa riconciliazione della creazione che viene dai figli di Dio mentre, al contrario, Chernobyl, per esempio, non è forse l’espressione sconvolgente della creazione asservita nell’oscurità di Dio?» [5]. Il monastero, ma anche il convento di un qualsiasi ordine religioso, come luoghi di bellezza e di pace, quasi loci amoeni: penso che chiunque sia entrato in uno di questi complessi, dal più piccolo e sperduto al più grande e centrale, possa condividere questa diagnosi. Johann Baptist Metz è stato un filosofo e teologo tedesco, la cui ideologia in più punti si distacca dall’ortodossia cattolica, inizialmente discepolo del gesuita tedesco Karl Rahner e successivamente uno degli ispiratori del movimento cattolico e marxista della teologia della liberazione; ciò però non impedisce di accogliere anche in questo contesto un suo enunciato [6], in cui definisce la nascita di nuovi ordini religiosi «uno shock ecclesiale terapeutico»: anche oggi questo si verifica, quando constatiamo che, davanti al modo d’essere della gran parte della Chiesa cattolica, volto verso il progressismo, per usare una categoria tanto esemplificativa quanto imprecisa e da maneggiare con cautela, nascono istituti con un carisma volto a riaffermare la serietà della vita religiosa, come i frati francescani dell’Immacolata. 

Fondamentale affinché gli ordini religiosi siano realmente il futuro della Chiesa è il recupero della parte essenziale della vita religiosa, vale a dire la dimensione mistica [7], che «non è anzitutto un immergersi in sé stessi, ma incontro con lo Spirito di Dio nella parola che ci precede, incontro con il Figlio e lo Spirito Santo e così un entrare in unione con il Dio vivente, che è sempre sia dentro sia sopra di noi» [8]. L’Hessischer Rundfunk è un ente radiotelevisivo pubblico tedesco, che nel 1969 trasmise cinque lezioni dell’allora professore dell’Università di Ratisbona Joseph Ratzinger: l’attenzione va in modo particolare all’ultima, trasmessa nel giorno di Natale, in cui il dottor Ratzinger, guardando al futuro, certamente influenzato dalla recente conclusione del Concilio Vaticano II e dai fatti della contestazione sessantottina, parlò di una chiesa della fede e di quel piccolo gregge di credenti, conducendo un parallelo tra la Chiesa cattolica in età contemporanea e la Chiesa ai tempi della Rivoluzione francese. Ma è certamente cosa migliore leggere direttamente le parole del futuro duecentosessantacinquesimo successore di San Pietro: «[…] ciò che rimarrà sarà la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa che crede nel Dio che è diventato uomo e ci promette la vita dopo la morte. Il tipo di sacerdote che non è altro che un operatore sociale può essere sostituito dallo psicoterapeuta e da altri specialisti, ma il sacerdote che non è uno specialista, che non sta sugli spalti a guardare il gioco, a dare consigli ufficiali, ma si mette in nome di Dio a disposizione dell’uomo, che lo accompagna nei suoi dolori, nelle sue gioie, nelle sue speranze e nelle sue paure, un sacerdote di questo tipo sarà sicuramente necessario in futuro. […] Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali. […] La Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. […] Sarà una Chiesa più spirituale […] Il processo sarà lungo e faticoso, come lo è stata la strada dal falso progressismo alla vigilia della Rivoluzione francese – quando un vescovo poteva essere ritenuto furbo se si prendeva gioco dei dogmi e insinuava addirittura che l’esistenza di Dio non fosse affatto certa […] Sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte» [9].


Note

  1. Mt 16, 24-25: «se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà»
  2. Monachesimo, Enciclopedia Treccani: https://www.treccani.it/enciclopedia/monachesimo/
  3. Benedetto XVI, udienze, 2008, in vatican.va: http://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2008/documents/hf_ben-xvi_aud_20080409.html
  4. Angelo Bagnasco, Omelia pronunciata nel Monastero di Finalpia nella Santa Messa per la solennità di San Benedetto, 11-07-2022, in chiesadigenova.it: https://www.chiesadigenova.it/wd-interventi-vesc/quaerere-deum/
  5. [5] J. Ratzinger Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Bergamo 2007, p. 50
  6. [6] Si ricordi a tal proposito l’idea del logico e filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein (Vienna, 26 aprile 1889 – Cambridge, 29 aprile 1951), per cui nel proferimento e nella comprensione di un enunciato la dimensione dell’uso è prevalente rispetto alla dimensione del significato
  7. Non si può non citare qui, del 4 marzo 1980, La dimensione contemplativa della vita religiosa, documento della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica: https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccscrlife/documents/rc_con_ccscrlife_doc_12081980_the-contemplative-dimension-of-religious-life_it.html
  8. J. Ratzinger Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Bergamo 2007, p. 161
  9. Le citazioni sono tratte dal blog di Aldo Maria Valli Duc in altum, L’attacco a Ratzinger e la sua profezia del 1969 su una «Chiesa della Fede» e «un piccolo gregge di credenti»: https://www.aldomariavalli.it/2022/02/14/lattacco-a-ratzinger-e-la-sua-profezia-del-1969-su-una-chiesa-della-fede-e-un-piccolo-gregge-di-credenti/

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