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Memorie del Rito Ambrosiano – II

Parte seconda, Capo Primo

Capo Primo, Parte Seconda

§ III S.Ambrogio introduce un Canto per l’Ufficiatura

Allorchè S. Ambrogio fu eletto a reggere questa Chiesa, il che avvenne l’anno 374, trovare la dovette in quello stato a un di presso che abbiamo qui esposto. La persecuzione contro lui mossa l’anno 385 dall’imperatrice Giustina e dagli Ariani, dai quali era ella guidata, e che violentar voleva il santo pastore a cedere agli Ariani la basilica Porziana (ove esercitare potessero le loro funzioni), occasione gli porse d’introdur nella sua chiesa il canto dei salmi, delle antifone e degli inni, non che le vigilie, che già erano in uso nelle chiese orientali, e che ben tosto furono dalle occidentali adottate. Risoluto il popolo cattolico col suo vescovo d’impedire che non fosse dagli eretici occupata quella basilica, erasi determinato di restarvi giorno o notte senza mai abbandonarla. Acciò dunque non avesse egli a mancare per la noia, Ambrogio pensò di tenerlo sollevato con quel nuovo spirituale esercizio. Paolino, discepolo di S.Ambrogio, che gli attentati riferisce degli Ariani, fa eziandio avvertire questa nuova istituzione del santo pastore (Vita Ambrosii Num. 13). S. Agostino pure ciò conferma (Lib. 9 Confess. C. 7). Isidoro lo stesso attesta dicendo (In Chron. prop. 12):

Ambrosius episcopus ritus canendi antiphonas in ecclesia primus ad latinos trastulit a græcis, apud quos hic ritus iam inoleverat ex instituto S. Ignatii Antiocheni episcopi […]”

§ IV. Melodioso canto del Popolo

Il popolo recitava le stabilite preci sciogliendo ei pure le voci in un melodioso canto, Bene mari (sono le parole stesse di S. Ambrogio) plerumque comparatur Ecclesia. Responsoriis paslmorum, cantu virorum, mulierum, virginum, parvolorum consonans undarum fragor resultat (Henam. lib. 3 c.5).

Altrove e con più diffuso stile, e con una specie di santa compiacenza descrive egli la salmodia, in cui nella sua chiesa esercitavansi a gara le diverse età e condizioni delle persone (Præf. in Psalm.). Con sì dolce e soave concento risuonavanvi le voci del popolo Milanese, che il cuor n’era commosso e lagrime facevano spargere di tenerezza; effetto che nell’ascoltarlo attesta S.Agostino (Lib. et cap. cit.) d’avere in lui stesso sperimentato. E perchè appunto gli inni metrici e ritmici ambrosiani avevano compunctionis gratiam, quæ ex dulcedine concinna augetur, afferma Valfridio Strabone (De Reb. Eccles. c. 25) essere stati da altre chiese adottati. L’effetto da questo canto prodotto nello spirito dei Milanesi, insoffribile riusciva agli ariani. Laonde si videro costretti a lagnarsi pubblicamente, che S. Ambrogio ingannasse il popolo coll’incantesimo di questi inni. Ma egli non si vergognò di un delitto di questa natura, anzi confessò servirsi egli del più possente tra tutti gli incantesimi, cioè della confessione della Trinità, che il popolo avea ne’ suoi versi imparata, e ad una voce confessava cantandola. Di maniera che insinuandosi la verità ne’ loro spiriti con questo innocente mezzo, quelli che appena potevano essere discepoli, divenissero maestri e dottori. I fanciulli eziandio cantavano la gloria di Gesù Cristo secondo le profezie di Davide, e gli ariani, colle loro mordaci dicerie, rendevano simili ai farisei, i quali non avevano potuto soffrire, senza mormorarne, la maniera con cui i fanciulli di Gerusalemme applaudivano a Gesù Cristo, quand’egli entrava nella loro città (Hermant, Vita di S. Ambrog. lib. IV. cap. 14, p.361.)

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