All’inizio della vestizione, il sacerdote si lava le mani recitando un’apposita preghiera; oltre al fine pratico dell’igiene, questo atto ha anche un simbolismo profondo, in quanto significa il passaggio dal profano al sacro, dal mondo del peccato al puro santuario dell’Altissimo. Lavarsi le mani equivale in qualche modo al togliersi i sandali davanti al roveto ardente (cf. Esodo 3,5).
Da, Domine, virtutem manibus meis ad abstergendam omnem maculam; ut sine pollutione mentis et corporis valeam tibi servire.
(Da’, o Signore, alle mie mani la virtù che ne cancelli ogni macchia: perché io ti possa servire senza macchia dell’anima e del corpo)
L’amitto
L’amitto è un semplice panno di lino rettangolare munito di due fettucce, che si appoggia sulle spalle e si fa poi aderire al collo; infine si lega attorno alla vita. L’amitto ha lo scopo di coprire l’abito quotidiano attorno al collo, anche se si tratta dell’abito del sacerdote. In questo senso, bisogna ricordare che l’amitto va indossato anche quando si utilizzano fogge di camici moderne, le quali spesso non prevedono un’apertura ampia nella parte superiore, e tendono piuttosto a stringersi attorno al collo. Nonostante ciò, l’abito quotidiano rimane ugualmente visibile e per questo è necessario coprirlo anche in questi casi con l’amitto.
Impone, Domine, capiti meo galeam salutis, ad expugnandos diabolicos incursus.
Con richiamo alla Lettera di san Paolo agli Efesini 6,17, l’amitto viene interpretato come «l’elmo della salvezza», che deve proteggere colui che lo porta dalle tentazioni del demonio, in particolare dai pensieri e desideri cattivi durante la celebrazione liturgica.
Il Camice
Il camice è la lunga veste bianca indossata da tutti i sacri ministri, che ricorda la nuova veste immacolata che ogni cristiano ha ricevuto mediante il battesimo. Il camice è dunque simbolo della grazia santificante ricevuta nel primo sacramento ed è considerato anche simbolo della purezza di cuore necessaria per entrare nella gioia eterna della visione di Dio in Cielo (cf. Matteo 5,8).
Dealba me, Domine, et munda cor meum; ut, in sanguine Agni dealbatus, gaudiis perfruar sempiternis.
Il Cingolo
Sopra il camice, all’altezza della vita, è indossato il cingolo, un cordone di lana o di altro materiale adatto che si utilizza a mo’ di cintura. Tutti gli officianti che indossano il camice dovrebbero portare anche il cingolo. Per i diaconi, i sacerdoti e i vescovi, il cingolo può essere di diversi colori, secondo il tempo liturgico o la memoria del giorno. Nel simbolismo delle vesti liturgiche, il cingolo rappresenta la virtù del dominio di sé, che san Paolo enumera anche tra i frutti dello Spirito (cf. Galati 5,22).
Praecinge me, Domine, cingulo puritatis, et exstingue in lumbis meis humorem libidinis; ut maneat in me virtus continentiae et castitatis.
Il Manipolo
Il manipolo è un paramento liturgico che è, purtroppo, caduto in disuso negli anni della riforma liturgica, anche se non è stato abolito. Il manipolo è simile alla stola, ma di lunghezza minore: è lungo meno di un metro e fissato a metà da un fermaglio o da fettucce simili a quelle che si trovano nella pianeta. Durante la Santa Messa, il celebrante, il diacono e il suddiacono lo portano all’avambraccio sinistro. Questo paramento deriva da un fazzoletto (mappula) che era portato dai romani annodato al braccio sinistro. Siccome la mappula si utilizzava per detergere il viso da lacrime e sudore, gli scrittori ecclesiastici medievali hanno assegnato al manipolo il simbolismo delle fatiche del sacerdozio.
Merear, Domine, portare manipulum fletus et doloris; ut cum exsultatione recipiam mercedem laboris.
La Stola
La stola è l’elemento distintivo del ministro ordinato e si indossa sempre nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali. È una striscia di stoffa, di norma ricamata, il cui colore varia secondo il tempo liturgico o il giorno del santorale. Siccome la stola è un paramento di enorme importanza, che indica più di ogni altro lo stato di ministro ordinato, non si può non lamentare l’abuso ormai diffuso in molti luoghi che i sacerdoti non portino più la stola quando indossano la casula.
Redde mihi, Domine, stolam immortalitatis, quam perdidi in praevaricatione primi parentis; et, quamvis indignus accedo ad tuum sacrum mysterium, merear tamen gaudium sempiternum.
La Pianeta o la Casula
Infine, ci si riveste della casula o della pianeta, la veste propria di colui che celebra la Santa Messa. I libri liturgici hanno usato in passato i due termini latini casula e planeta come sinonimi. Mentre il nome di planeta si usava particolarmente a Roma ed è rimasto in Italia, il nome di casula deriva dalla forma tipica della veste che all’origine circondava interamente il sacro ministro che la portava. La preghiera relativa alla casula fa riferimento all’esortazione della Lettera ai Colossesi 3,14: «Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione».
Domine, qui dixisti: Iugum meum suave est, et onus meum leve: fac, ut istud portare sic valeam, quod consequar tuam gratiam. Amen.
La Dalmatica
La dalmatica era una veste utilizzata in epoca romana e poi rimasta in uso come paramento liturgico consistente in una lunga tunica, provvista di ampie maniche, che arriva all’altezza delle ginocchia. È l’abito proprio dei diaconi, i quali la indossano nelle Celebrazioni liturgiche.
La Tunicella
Oggi la tunicella si presenta esattamente come una dalmatica: è costituita da un rettangolo di stoffa, con un foro al centro per la testa, che ricade davanti e dietro. Ha una forma squadrata e ai lati vi sono dei lacci. Il vescovo (ad indicare la pienezza del sacerdozio) nei pontificali indossa sotto la casula o pianeta sia la dalmatica che la tunicella.
Il Piviale
Il piviale non è altro che un ampio mantello con abbozzo di cappuccio (prende appunto il nome dal latino pluvialis che indicava un mantello per la pioggia munito di cappuccio). Il suo uso all’esterno giustificava, pertanto, la presenza del cappuccio. Ciò che rimane di quest’ultimo è il cosiddetto “scudo” posteriore. Il piviale è lungo quasi fino ai piedi, aperto sul davanti e fermato sul petto con un fermaglio; disteso, esso ha la forma di un semicerchio con il raggio da 1 metro e 40 a 1 metro e 60 centimetri. Il fermaglio ornato dei piviali che usano i vescovi, i cardinali e il papa è detto razionale.
Lo si indossa dopo la stola sopra la cotta o sopra il camice.
La Cotta
Facilmente riconoscibile dal suo collo quadro, è molto simile al camice; tuttavia, mentre il camice copre tutto il corpo raggiungendo le caviglie, la cotta “si ferma” alle ginocchia. Il tessuto scende perpendicolarmente al corpo, provvisto, sulle parti anteriori e posteriori, di pieghe verticali. Anche ad essa, come per il camice, possono essere applicati ricami di ogni genere.
La cotta, indossata sull’abito talare, costituisce l’abito corale del clero. La cotta viene indossata dal clero in tutte le celebrazioni liturgiche, fatta eccezione della messa (in questo caso i diaconi, i presbiteri o i vescovi celebranti devono obbligatoriamente indossare il camice). Se durante la celebrazione della messa è presente un ministro ordinato che indossa la cotta, significa che questi non sta celebrando o concelebrando ma semplicemente assistendo.
Il Rocchetto
Simile per forma e funzioni alla cotta, il rocchetto si differenzia da essa per forma o ricamo più ricco ed elegante e per le maniche lunghe fino al polso e strette. Generalmente le maniche sono foderate internamente di rosso o di bianco (per il Papa) e si presenta chiuso al collo con un gancio o un nastro. Viene indossato nell’abito corale dal Papa, dai cardinali, dai vescovi, dai Prelati Superiori dei Dicasteri della Curia romana che non hanno la dignità episcopale, dagli Uditori della Sacra Rota Romana, dal Promotore Generale di Giustizia e dal Difensore del Vincolo nel Supremo tribunale della Segnatura apostolica, dai Protonotari Apostolici de numero, dai Chierici della Camera Apostolica e dai Prelati dell’Anticamera Pontificia. Non solo, esso può essere utilizzato da qualunque chierico che, se insignito di particolari uffici, può avere le maniche foderate secondo il grado. Tuttavia, soprattutto dopo l’ultima riforma dell’ultimo Concilio, esso è portato da qualunque presbitero indistintamente.
Mentre la cotta può anche essere utilizzata dai ministranti per il servizio alla Santa Messa, il rocchetto è un paramento liturgico proprio del presbitero. Questo paramento non ha utilizzo durante la celebrazione della S. Messa se non per assistervi.
La Berretta
La berretta, detta anche tricorno, è uno dei molteplici copricapi utilizzati dal clero cattolico. Essa possiede una forma approssimativamente cubica ed è munita di tre alette rigide e un fiocco sulla parte superiore. La berretta è indossata in modo tale che un’aletta punti sulla fronte, una verso la destra e una sul retro della testa. La berretta fa parte dell’insieme di abiti e insegne ecclesiastiche di presbiteri, prelati, vescovi, cardinali. Pertanto se a questi è chiesto esplicitamente di presentarsi con l’abito corale, dovranno avere in capo oltre che lo zucchetto, anche la berretta.
- Nera con fiocco nero: i presbitero.
- Nera con fiocco rosso: Protonotari apostolici di numero, chierici della camera Apostolica, Prelati superiori della Curia romana, canonici delle basiliche papali.
- Nera con fiocco paonazzo: i prevosti o presbiteri con titolo monsignorile o di canonico del Capitolo cattedrale, prelati superiori dei dicasteri della Curia Romana che non hanno la dignità episcopale, uditori della Rota Romana, promotore generale di Giustizia e difensore del Vincolo nel Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, protonotari apostolici de numero, chierici della Camera Apostolica e prelati dell’Anticamera Pontificia.
- Paonazza con fiocco paonazzo: vescovi, arcivescovi.
- Paonazzo marezzata con fiocco paonazzo: arcivescovi con incarico di Nunzi apostolici.
- Rosso marezzata senza fiocco: cardinali.
- Rosso con fiocco: Patriarca di Venezia e di Lisbona se non sono cardinali.
Crediti: vatican.va (con alcune modifiche in tema di manipolo)
Ecclesia Dei