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San Tommaso d’Aquino

“Voi lo chiamate il bue muto, io vi dico che questo bue muggirà così forte che il suo muggito risuonerà in tutto il mondo”.

San Tommaso d’Aquino, padre della Chiesa, è uno dei principali maestri del pensiero cristiano, che per il suo spiccato intelletto, per la sua innocenza e per la sua purezza si guadagnò il titolo di “Dottore angelico”. La sua vastissima opera filosofica e teologica, infatti, costituisce le fondamenta della fede cattolica e da quanto detto si può facilmente capire perché, assieme a Sant’Agostino, sia la figura più citata all’interno del Catechismo della Chiesa Cattolica. 

Nato nel 1225 nell’odierno territorio di Roccasecca (Lazio), ricevette la prima educazione religiosa e umanistica presso i monaci benedettini di Montecassino. In seguito, proseguì gli studi presso l’università di Napoli: è qui che fin da subito diede prova del suo acume intellettuale, ma, soprattutto, è qui che entrò in contatto con l’ordine mendicante dei frati predicatori. Tommaso ne rimase talmente affascinato ed edificato da decidere di prendere i voti proprio con essi, trasferendosi nel loro convento. Tale decisione scatenò, però, le ire dei suoi genitori: da nobili quali erano, nutrivano l’ambizioso desiderio che il figlio potesse diventare il nuovo abate del già citato monastero di Montecassino -una posizione confacente sia alla sua nobile discendenza che alla sua indole pacata e taciturna- e non che questi entrasse a far parte di un semplice ordine mendicante; nel tentativo di farlo desistere da tale risoluzione, perciò, decisero di imprigionarlo in una cella del loro castello e di far entrare all’interno di essa una prostituta: indignato, Tommaso la farà fuggire prendendo in mano un tizzone ardente, preservando, così, la sua purezza. Fermo nella sua volontà, dunque, dopo un anno di lusinghe e tentazioni, Tommaso sarà libero di rientrare nel convento dei domenicani. 

Di primaria importanza fu il suo soggiorno a Colonia nel 1248, presso lo Studio teologico di S. Alberto Magno. Quest’ultimo, intendendo fin da subito la capacità del suo ingegno e difendendolo dai compagni di corso, che per schernirlo gli avevano affibbiato -per via della sua taciturnità e della sua corporatura piuttosto robusta- il titolo di “bue muto”, profetizzò la sua futura grandezza: 

“Voi lo chiamate il bue muto, io vi dico che questo bue muggirà così forte che il suo muggito risuonerà in tutto il mondo”.

San Tommaso, infatti, è tutt’oggi considerato l’esponente più importante della filosofia scolastica, nonché uno dei più grandi teologi cristiani. Ma non solo. Quella di S. Alberto è una figura cardine per l’intera formazione del giovane Tommaso, poiché è proprio da quest’ultimo che egli assimilerà il concetto dell’armonia tra fede e ragione, principio cardine di tutto il suo futuro pensiero e principale argomentazione della sua tesi contro gli averroisti [1]:

“Sebbene la verità della fede cristiana superi la capacità della ragione, tuttavia i principi naturali della ragione non possono essere in contrasto con codesta verità.” [2]

Alla scuola di Alberto, inoltre, ebbe anche modo di dedicarsi allo studio del grande filosofo precristiano Aristotele, del quale egli divenne il maggiore commentatore, dedicandosi alla distinzione tra ciò che della sua riflessione era contrario alla fede e alla ragione e ciò che invece era stato correttamente insegnato dal filosofo. Sebbene il suo rapporto con Aristotele sia stato molto dibattuto, così è come ci viene descritto da Marcello Landi:

“Si può ridurre Tommaso ad un aristotelico tardo? In effetti, per motivi storici e teoretici è meglio fare l’operazione contraria: cercare, cioè, di cogliere la peculiarità e l’originalità del tomismo rispetto all’aristotelismo, se si vuole capire il modo di pensare dell’Aquinate, il cui punto di vista tiene conto di quanto è intervenuto, nel frattempo, in Occidente: l’arrivo del Cristianesimo e del pensiero da esso suscitato. Tommaso, insomma, ha assimilato Aristotele al Cristianesimo, non ha fatto l’operazione contraria.” [3]

Ad appena 27 anni divenne baccelliere dell’università di Parigi e qui, qualche tempo dopo, ebbe anche modo di tenere la sua prima lezione in cattedra. In quegli stessi anni, inoltre, compose la Summa contra Gentiles, un testo di teologia in aiuto ai missionari la cui scrittura terminò nel 1264. Nello stesso anno, su richiesta del papa Urbano IV, scrisse l’officio per la solennità del Corpus Domini, istituita in seguito al miracolo eucaristico di Bolsena. Nacquero così i meravigliosi inni eucaristici in uso ancora oggi, come il famoso Pange Lingua (con le celeberrime ultime due strofe del Tantum Ergo) e l’Adoro Te Devote. 

L’anno successivo iniziò la stesura del suo capolavoro, la Summa Theologiae: com’è noto si tratta di una monumentale opera di teologia, dove Tommaso -volendo sintetizzare tutto lo scibile filosofico e teologico allora conosciuto- si sofferma su Dio (troviamo, infatti, le famose cinque dimostrazioni dell’esistenza di Dio), sul mistero della Trinità, sulla gerarchia angelica, sulla creazione, sul peccato e sul male, sulla necessità di osservare la legge naturale (specchio della legge eterna), sul rapporto tra natura umana e Grazia. Grazie alla sua completezza e chiarezza, il testo -per volere di papa Pio V (e come ribadito anche dal Concilio Vaticano II in due documenti) – è tutt’oggi studiato in varie università del mondo, sebbene si tratti di un’opera incompiuta. 

Il 6 dicembre del 1273, infatti, mentre celebrava la Santa Messa, Tommaso cadde in estasi ed è proprio in seguito a tale evento che decise di abbandonare la scrittura, dichiarando: 

“Tutto quello che ho scritto mi sembra un pugno di paglia a paragone di quello che ho visto e mi è stato rivelato. È venuta la fine della mia scrittura e spero che sia vicina la fine della mia vita”.

Ed effettivamente, dopo essere stato invitato dal beato papa Gregorio X a partecipare al secondo Concilio Ecumenico di Lione, essendo già molto malato morì lungo il viaggio il 7 marzo 1274, presso l’abbazia di Fossanova. Aveva solo 49 anni, ma tutti ben spesi nell’amore per Dio e nella preghiera. Come questa che lui stesso scrisse: 

“Concedimi, Ti prego, una volontà che Ti cerchi, una sapienza che Ti trovi, una vita che Ti piaccia, una perseveranza che Ti attenda con fiducia e una fiducia che alla fine giunga a possederTi”.


  1. Corrente del pensiero filosofico occidentale del XIII e XIV secolo che, richiamandosi ai commenti di Averroè ai testi aristotelici, riteneva la fede assolutamente inconciliabile con la ragione
  2. San Tommaso d’Aquino
  3. Marcello Landi, Salvatore Muscolino, Il problema della legge naturale in san Tommaso e Rosmini, in Bollettino telematico di filosofia politica.

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