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Sedevacantismo? No grazie.

Alcuni spunti apologetici per rigettare questo diffuso mal abito.

Oggi ci imbattiamo in uno dei tanti problemi gravi che riscontriamo negli ultimi tempi della Chiesa.

Stiamo parlando della posizione sedevancatista, una tendenza sbagliata che conduce molte anime lontano da Cristo.

Padre Albert Lang, nel suo testo di Apologetica, afferma chiaramente: “Pietro è la ‘pietra’ che conferisce saldezza alla Chiesa”.

Sono parole incontrovertibili, non misinterpretabili, eccezionalmente chiare.

La figura di Pietro è stata costituita ed instituita da Nostro Signore Gesù Cristo per essere costantemente un punto di connessione tra il Capo e il Corpo Mistico. Infatti, così come noi diciamo che un uomo è unito quando la sua testa e unita al suo corpo, mentre è diviso quando la testa è separata dal corpo, così, proprio per analogia, non possiamo pensare ad una Chiesa dove il Corpo non sia unito al Capo. 

Ora, sappiamo che senza unità non c’è essere (ens et unum convertuntur).

Per questa ragione, la Chiesa Cattolica, senza un Papa, cesserebbe di esistere all’istante. Dalla Scrittura e dalla teologia sappiamo che la Chiesa Cattolica (militante) continuerà ad esistere fino alla fine dei tempi, quando il Signore Gesù tornerà come giudice in occasione del giudizio universale. Questa durata implica necessariamente la negazione della posizione sedevacantista di fatto; la quale, invece, se non esplicitamente, almeno implicitamente suppone la possibilità che la Chiesa possa sussistere senza Pietro. C’è, dunque, un contrasto radicale tra le due posizioni. 

Molti sedevacantisti, arroccati sulle loro posizioni, si prodigano in continue prosopopee cattedratiche e pseudo-filosofiche, cercando in tutti i modi di mostrare la liceità, logicità e durabilità della loro posizione. Facendo questo, si arrampicano sui rovi e sugli spini, e non dimostrano altro che superbia: absit iniuria verbis.

Sant’Ignazio, nel capo: “Regole del Discernimento degli spiriti” dei suoi Esercizi, evidenzia come, se un’ipotesi, un pensiero, inizialmente buono, conduce ad una assurdità, allora sappiamo che sicuramente non proviene da spirito buono. Il sedevacantismo pone dei buoni presupposti, ma giunge ad una conclusione intrinsecamente cattiva, ossia al punto che la Chiesa Gerarchica venga di fatto annichilita, sussistendo solo virtualmente. L’Obbedienza al dogma rimane, dicono. Ma questo lo diciamo anche noi cattolici. Solo che non si capisce come possa il dogma essere tramandato, se l’organo deputato a questa mansione, a detta di questi psicopatici, è praticamente scomparso. 

Appunto, la Chiesa Gerarchica.

Se si suppone, con questi signori, l’assenza di una chiesa gerarchica, o meglio, se si suppone che, al posto del disorientamento della gerarchia superiore ad opera del demonio, ci sia una defezione totale, unanime, completa della gerarchia e una dissoluzione della Chiesa visibile: ecco, questo è un errore gravissimo, che non si può mantenere senza negare gli attributi sostanziali della Chiesa: la visibilità e l’indefettibilità. 

L’evidenza che noi abbiamo avuto continuamente, nel corso della storia, è che anche quando tutto sembrava perduto, nella Chiesa c’era sempre qualcuno che teneva testa ai nemici.

Vediamo come esempi San Cirillo, Sant’Atanasio, San Francesco di Sales. L’esistenza perpetua di una Chiesa docente conferma questa sostanziale immutabilità della gerarchia visibile, che invece i sedevacantisti vogliono morta per scandalo o per reazione emotiva ai magisteri post-conciliari, indubbiamente fumosi.

Lo struzzo teologico, però, non è mai la soluzione. Non è mettendo la testa sotto la sabbia che si risolve il problema: anzi, sono sempre le reazioni affrettate, dettate da paura o da delusione, che sfociano nel caos.

I sedevacantisti sono convinti che il magistero ordinario sia morto, che la Chiesa docente sia stata annientata, e che un mero manipolo di fedeli laici possa svoltare questa situazione. In effetti, l’ipotesi del sedevacantismo teologico è spesso il tentativo che certi fedeli, perseguono, convinti di arrogarsi un certo primato e abbacinati da un presunto diritto puritano, per cercare di crearsi una sorta di “incubatrice teologica” dove poter vivere serenamente la loro fede cattolica. Dimentichi che un’ipotesi è solo un’ipotesi, un miraggio è solo un miraggio, una suggestione rimane, per appunto, una suggestione. Una scrupolosa attenzione degli apologeti sedevacantisti verso la propria posizione è poi la conferma definitiva della loro superbia. Essi, infatti, sono spesse volte interessati più a far vedere di sapere le cose, e a palesare la loro tesi, piuttosto che alla verità e alla salvezza delle anime.

La teologia cattolica è molto chiara quando analizza le parole che Gesù rivolge a San Pietro. Quel “Tu es Petrus” è chiaramente contestualizzato in uno scenario storico, ma la sua valenza trascende la storia. Così come gli insegnamenti di Gesù non sono validi solo per il momento in cui sono stati proferiti (come decreta solennemente il Lamentabili Sane Exitu di S. Pio X), è assolutamente evidente che quando Cristo indica San Pietro, lo indica come una figura che durerà sempre, indipendentemente dai periodi storici. 

Pietro è Pietro, la pietra è la pietra. 

La parola di Gesù non è solo un modo di dire, ma oltre ad una promessa, definisce una precisa realtà. La struttura della Chiesa è definita, e non muta, come Dio non muta.

Ego sum Dominus, et non mutor.

La Chiesa è eterna, e senza un capo visibile non può vivere: questo i sedevacantisti non vogliono capirlo. Dunque, ragionando in termini sensazionalistici, disertano la realtà perché si ritengono orfani di padre, del Papa stesso. Lutero aveva ragionato così, lamentandosi della gerarchia corrotta, e poi sappiamo come è andata a finire. Probabilmente anche loro se ne renderanno conto.

Esiste poi una sostanziale differenza tra i periodi di sede vacante (interregno tra un Papa e il suo successore) e il sedevacantismo. Nel primo caso, gli Ordinari (vescovi residenziali e altri prelati ad essi equiparati) mantengono la giurisdizione ricevuta dal papa mentre era in carica; nel secondo caso, l’autorità è totalmente scomparsa in tutti, dal Papa ai cardinali e ai vescovi. La società spirituale della Chiesa sarebbe quindi senza principio formale di vita, onde sarebbe formalmente morta. Questo contraddice chiaramente quanto affermato da Gesù Cristo, quindi è anatema.

Concludiamo sottolineando come, di fatto, i sedevacantisti costituiscano una versione scimmiottata del luteranesimo, onde infatti i primi si attengono ad una precisissima condotta esteriore in pieno stile puritano (vado a messa solo da preti ordinati prima del concilio, porto i miei figli solo in una chiesa dove non ci sono altari non-coram Deo, parlo e frequento solo altri adepti sedevacantisti come me, et cetera), come i secondi, di cui ricalcano fedelmente le orme. Questi comportamenti sono segnale diretto della malattia che ha incancrenito le loro menti, avvicinandoli alla religione giudaica, dove appunto la gerarchia non esiste più. Non a caso, Dio ritirò l’alleanza con i giudei. I sedevacantisti forse impareranno la lezione, o forse no: quello che è certo è che, di ridicolo in ridicolo, finiranno per finire vittima degli stessi mali che denunciano nella Chiesa visibile.

Il passo, come abbiamo visto, è molto breve.

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