Search
Close this search box.

Agnosticismo e relativismo nel magistero di Benedetto XVI 

Contro l'incapacità del pensiero umano di superare la realtà fenomenica e la presunta inesistenza di verità assolute, alcuni spunti di riflessione da vari

Nella seconda metà del V secolo a.C. nacque nella città di Atene, in Grecia, una corrente filosofica che pone in posizione preminente nel proprio filosofare, basato sul metodo argomentativo dialettico, il domandare sull’uomo e sulla morale, sulla società e sulla politica, in antitesi agli interessi eminentemente naturalistici del maggiore movimento di pensiero presocratico, la scuola eleatica di Parmenide e Zenone: maggiore dei sofisti è stato Protagora, nato ad Abdera, in Tracia, intorno al 490 a.C., e morto durante un naufragio nel mar Ionio, nel 415 a.C. circa, il primo agnostico nella storia della filosofia occidentale, in quanto sostenitore, secondo la testimonianza dello storico Diogene Laerzio (data di nascita: 180 dopo Cristo, data di morte: 240 dopo Cristo) al capitolo ottavo del libro nono delle Vite dei filosofi, della necessità di sospendere qualunque giudizio sull’esistenza o meno degli dei, considerando che «molti sono gli ostacoli che impediscono di sapere, sia l’oscurità dell’argomento sia la brevità della vita umana».

Altri filosofi che sostennero posizioni considerabili agnostiche ante litteram furono l’inglese David Hume (nascita: 7 maggio 1711, Edimburgo, morte: 25 agosto 1776, Città nuova di Edimburgo), a proposito di un empirismo con forti venature di scetticismo, il prussiano Immanuel Kant (nascita: 22 aprile 1724, Königsberg, morte: 12 febbraio 1804, Königsberg), che parla, a proposito delle idee limite di anima, mondo e Dio, di antinomie quantitative, qualitative, relazionali e modali della ragione, e il danese Soren Kierkegaard (nascita: 5 maggio 1813, Copenaghen, morte: 11 novembre 1855, Copenaghen), per il quale l’atto di fede è un salto nel vuoto, una possibilità esistenziale al di fuori di ogni prospettiva razionalistica, basato su Dio, che certamente, al di là di ogni ragionevole dubbio, esiste, ma che sempre rimane sconosciuto e i cui attributi non sono altro che nomi, ma non è questa la sede idonea ad approfondire con la dovuta attenzione la loro avventura di pensiero: basti sapere, per il prosieguo del discorso, che il termine agnosticismo, dal greco ἀγνῶσις, fu utilizzato per la prima volta nel 1869 dallo zoologo inglese Thomas Henry Huxley (Ealing, 4 maggio 1825 – Eastbourne, 29 giugno 1895), che utilizzò il lemma nel corso di una relazione presso la Metaphysical Society di Londra a proposito del pensiero metafisico a lui contemporaneo, per indicare unitariamente il pensiero dei filosofi William Hamilton ed Herbert Spencer rispettivamente sull’incondizionato e sull’inconoscibile, volendo con esso «indicare l’incapacità del pensiero umano di superare l’ambito della realtà fenomenica e di risolvere i problemi metafisici e religiosi che non sono oggetto di scienza positiva», per usare la definizione dell’Enciclopedia Treccani, nella versione online.

Dalla seconda metà del XIX secolo a oggi, la Chiesa cattolica ha più volte e molto chiaramente condannato ogni forma di agnosticismo; quale esempio, si rilegga quanto detto al numero cinquantasettesimo della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, pubblicata il 7 dicembre 1965: «sane hodiernus progressus scientiarum artiumque technicarum, quae vi methodi suae usque ad intimas rerum rationes penetrare nequeunt, cuidam phaenomenismo et agnosticismo favere potest, quando methodus investigandi, qua disciplinae istae utuntur, immerito pro suprema totius veritatis inveniendae regula habetur. Immo periculum adest, ne homo, inventis hodiernis nimis fidens, se sibi sufficere aestimet et altiora amplius iam non quaerat».

Joseph Aloisius Ratzinger, nato il 16 aprile 1927 in Baviera, eletto Papa il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI e in carica fino al 28 febbraio 2013, deceduto all’interno del monastero Mater ecclesiae nella Città del Vaticano alle 9:34 del 31 dicembre 2022, ha più volte riflettuto sui temi di più stringente attualità in rapporto alla dottrina cattolica, dedicando illuminati pensieri anche alla critica dell’agnosticismo: si ricordino almeno due episodi.

Il presbitero, teologo e docente Luigi Giussani, nato a Desio il 15 ottobre 1922 e morto a Milano il 22 febbraio 2005, fondò nel 1954 il movimento Comunione e Liberazione; nel 1986 fu invitato a predicare gli Esercizi spirituali a Collevalenza, in provincia di Perugia, in Umbria, l’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che condusse le meditazioni sulle tre virtù teologali, ispirandosi al volume Amare, sperare, credere, pubblicato per la prima volta nel 1935 dal filosofo neotomista tedesco Josef Pieper (Rheine, 4 maggio 1904 – Münster, 6 novembre 1997); le riflessioni del cardinale furono raccolte tre anni dopo nella pubblicazione Guardare Cristo. Esercizi di fede, speranza e carità, da cui attingiamo le seguenti espressioni: «l’agnosticismo del nostro tempo, in apparenza così ragionevole, il quale lascia che Dio sia Dio per fare dell’uomo semplicemente un uomo, si dimostra una idiozia dalla vista corta. Ma lo scopo dei nostri esercizi dovrebbe consistere nell’ascoltare le parole che Dio ci rivolge, nel percepire il grido della nostra anima e riscoprire, nella sua profondità, il mistero di Dio. Soffermiamoci ancora un istante sulle prospettive che si aprono in questa riflessione prima di riprendere il filo dei nostri pensieri precedenti. Il proiettarsi dell’uomo in Dio, la ricerca e la strada verso il fondamento creatore di tutte le cose è qualcosa di molto diverso dal pensiero precritico o non critico. Al contrario, la negazione della questione di Dio, la rinuncia a questa elevata apertura dell’uomo è un atto di chiusura, è un dimenticare l’intimo grido del nostro essere».

Domenica 6 gennaio 2013, solennità dell’Epifania del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI celebra la Santa Messa nella Basilica vaticana, con l’«Ordinazione episcopale per quattro sacerdoti che d’ora in poi, in funzioni diverse, collaboreranno al Ministero del Papa per l’unità dell’unica Chiesa di Gesù Cristo nella pluralità delle Chiese particolari»; anche da questa seconda allocuzione si possono estrarre alcuni passaggi, particolarmente significativi per il tema affrontato: «l’umiltà della fede, del credere insieme con la fede della Chiesa di tutti i tempi, si troverà ripetutamente in conflitto con l’intelligenza dominante di coloro che si attengono a ciò che apparentemente è sicuro. Chi vive e annuncia la fede della Chiesa, in molti punti non è conforme alle opinioni dominanti proprio anche nel nostro tempo. L’agnosticismo oggi largamente imperante ha i suoi dogmi ed è estremamente intollerante nei confronti di tutto ciò che lo mette in questione e mette in questione i suoi criteri. Perciò, il coraggio di contraddire gli orientamenti dominanti è oggi particolarmente pressante per un Vescovo. Egli dev’essere valoroso. E tale valore o fortezza non consiste nel colpire con violenza, nell’aggressività, ma nel lasciarsi colpire e nel tenere testa ai criteri delle opinioni dominanti. Il coraggio di restare fermamente con la verità è inevitabilmente richiesto a coloro che il Signore manda come agnelli in mezzo ai lupi».

Accanto all’agnosticismo, un altro tema più volte affrontato da Benedetto XVI, strettamente collegato con il primo, è quello del relativismo, vale a dire, ricorrendo ancora una volta alla definizione dell’Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, la «concezione fondata sul riconoscimento del valore soltanto relativo e non oggettivo o assoluto, sia della conoscenza, dei suoi metodi e criteri, sia dei principi e dei giudizi etici, variando tutti da individuo a individuo, da cultura a cultura, da epoca a epoca».

A partire dal Pontificato di Giovanni XXIII (Sotto il Monte, 25 novembre 1881 – Città del Vaticano, 3 giugno 1963) si è instaurata la consuetudine di un incontro settimanale tra il Papa e i pellegrini convenuti a Roma, evento da tutti conosciuto come Udienza generale, nel corso della quale possono venire affrontati varissimi argomenti, dall’agiografia ad argomenti teologici e spirituali, senza dimenticare i maggiori temi dell’attualità. Durante la permanenza estiva nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, Benedetto XVI dedica la catechesi di mercoledì 5 agosto 2009 a Jean-Marie Baptiste Vianney, santo presbitero francese nato l’8 maggio 1786 a Dardilly e morto a Ars-sur-Formans il 4 agosto 1859, protagonista dell’Anno sacerdotale apertosi il 19 giugno 2009 e conclusosi l’11 giugno 2010, celebrato in occasione dei centocinquanta anni dal dies natalis del curato d’Ars.

Leggiamo alcune frasi della catechesi, di parallelo tra la società francese del XIX secolo e l’attuale sistema sociale: «nella Francia post rivoluzionaria che sperimenta una sorta di dittatura del razionalismo volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima, negli anni della giovinezza, un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla Santa Messa, poi, da sacerdote, si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile […] Se allora c’era la dittatura del razionalismo, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di dittatura del relativismo. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo».

Il 18 aprile 2005 il cardinale Joseph Ratzinger, decano del collegio cardinalizio, presiede la Missa pro eligendo Romano Pontifice, tenendo durante la celebrazione l’omelia, nella quale, partendo da un brano del capitolo quarto della Lettera agli Efesini, pronunciò le seguenti celeberrime parole: «quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero. La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo a un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. Adulta non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo». Ecco che con poche, semplici frasi il futuro Papa demolisce tutta una fortunata, ma non per questo valida, tradizione di pensiero, dall’homo mensura protagorea all’espressione del filosofo e logico austriaco Ludwig Wittgenstein (Vienna, 26 aprile 1889 – Cambridge, 29 aprile 1951), per cui «se un leone potesse parlare, non lo capiremmo comunque».

Tag

TEMPLUM DOMINI

Leggi la nostra rivista telematica
Templum Domini

CANALE WHATSAPP

Iscriviti al nostro canale Whatsapp
per contenuti esclusivi

LEGGI ANCHE ...

La vita e le opere principali del santo protettore della gioventù cattolica esempio straordinario di vita al servizio di Dio
Il Termine altare deriva dal latino altarium e indicava in epoca antica una mensa destinata a ricevere sacrifici e o

TEMPLUM DOMINI

Leggi la nostra rivista telematica
Templum Domini

CANALE WHATSAPP

Iscriviti al nostro canale Whatsapp per contenuti esclusivi

error: Questo contenuto è protetto!