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Complotto contro Gesù

Nostro Signore Gesù Cristo, sposo della Santa Chiesa, indissolubilmente unito a Lei come il corpo lo è con il capo, dovette morire per poter riscattare la colpa infinita di Adamo, rivolta contro Dio.

E così’ era giusto che Egli agisse a favore degli uomini, colui che, in quanto uomo, poteva morire per l’uomo; era giusto che Egli, esente tuttavia dal peccato, portasse i peccati degli uomini; in quanto Dio, era giusto che riconciliasse gli uomini a Dio e a Sè, essendo una cosa sola” 

Abb. Gilberto di Nogent, Tractatus De Incarnatione Contra Judaeos, Liber Tertius, Caput II. D.

Nostro Signore Gesù Cristo, sposo della Santa Chiesa, indissolubilmente unito a Lei come il corpo lo è con il capo, dovette morire per poter riscattare la colpa infinita di Adamo, rivolta contro Dio. La morte di Cristo, seppur necessaria (solo un vero dio poteva riscattare la colpa rivolta contro un dio), si svolge in una dinamica che non si può trascurare, ma che il cristiano tende a dimenticare.

E’ ben noto, infatti, che già i profeti avevano preannunciato la persecuzione del Messia da parte del suo stesso popolo. Isaia dice che il Messia avrebbe compiuto prodigi mai visti e che, malgrado ciò, la sua nazione gli si sarebbe opposta. 

La deposizione dalla croce in un’illustrazione di Gustave Doré

Un interessante spunto, però, ci viene suggerito da Mons. Agostino Lemànn, ebreo convertito al cattolicesimo, fratello gemello di Giuseppe Lemànn, anche lui sacerdote. I fratelli Lemànn, animati da un profondo zelo apostolico, ma sopratutto per la conversione dei giudei al cattolicesimo, a cui entrambi auspicavano, si dedicarono alla stesura di un testo apologetico, atto a mettere in risalto le infrazioni del diritto penale giudaico allora vigente, operate dal Sinedrio che decretò la pena di morte contro Cristo. Questo, ovviamente, a conferma del fatto che i carnefici usarono l’inganno contro il Figlio di Dio, e decretarono la sua morte in maniera illecita. Vediamo quindi quali sono le irregolarità perseguite dal Sinedrio nella condanna di Gesù, facendoci guidare dai Lemànn:

  1. S. Giovanni ci dice che la prima seduta notturna avviene di notte (“erat autem nox”): questa è una prima irregolarità: infatti, la legge giudaica afferma chiaramente: “Se si ha per le mani un affare punibile con la pena capitale, lo si tratti durante il giorno, ma lo si sospenda col giungere della notte.” 
  2. Essendo notte, il sacrificio vespertino era già stato compiuto: ecco una seconda irregolarità: “Non siederanno in giudizio che dal mattino sino alla sera.” 
  3. Nel Vangelo viene detto poi che era il primo giorno degli azzimi: era perciò vigilia della Pasqua: ecco la terza irregolarità. “Non giudicherete alcuno né la vigilia del sabato, né la vigilia di un giorno di festa.” 
  4. L’accusatore è anche giudice: quarta irregolarità. S. Giovanni dice infatti: “Nel frattempo Caifa interrogava Gesù”. In questo caso, basta osservare, a rigore di logica, e sulla base anche del diritto penale basilare, che chi accusa non può essere giudice. Questo perché, qualora fossero coincidenti questi due ruoli, l’accusato sarebbe privo di qualsiasi forma di difesa. “Se […] un testimone comincia ad accusare un uomo d’aver violato la legge, in questa lite, essi si presenteranno entrambi dinanzi al Signore, alla presenza dei sacerdoti e dei giudici che saranno allora in funzione” . S. Giovanni sottolinea espressivamente che Caifa aveva dapprima accusato Gesù, ove “[…] Caifa era colui che prima aveva dato il consiglio secondo cui il popolo poteva avvantaggiarsi dalla morte di quel solo uomo” 
  5. Caifa ignora il diritto penale giudaico, poiché interroga direttamente Gesù sul suo operato e sulla sua dottrina (che conosceva bene, avendolo per primo accusato in precedenza), prima di convocare i testimoni e ascoltare le loro accuse. Eccoci alla quinta irregolarità. “(Caifa) Lo interrogava sui suoi discepoli e sulla dottrina da lui predicata”. La legge però parlava chiaro: “Se si troverà in mezzo a voi un uomo o una donna che sia stato accusato di aver commesso il male davanti al Signore, voi indagherete accuratamente se il suo accusatore è credibile […] e sulla deposizione di due o tre testimoni”. Gesù, nella sua sconfinata sapienza, risponde accusando lo scellerato: “Ho parlato in pubblico, ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel Tempio ove si radunano i giudei, senza dir mai nulla in segreto: di cosa dunque mi interroghi?
  6. Dopo aver risposto in questo modo, Gesù viene aggredito da un inserviente: “Aveva appena risposto con quelle parole, che un inserviente là presente gli diede uno schiaffo, dicendo: Così rispondi al pontefice?”. Ecco una sesta irregolarità. Non si ordina forse, in tutte le legislazioni, che l’accusato debba godere della protezione della legge e dei giudici, ancorché la colpevolezza dell’accusato non sia stata nemmeno dimostrata? Il silenzio dopo l’aggressione e l’impunità concessa all’aggressore sono indici della diavoleria che si sta compiendo dinanzi agli occhi del Sinedrio. Sia la Bibbia che la Mischna ORDINANO di usare benevolenza con l’accusato. Un reo costituito davanti ad un giudice è insiememente sotto la potestà del medesimo, e sotto la sua tutela; non è lecito a nessuno usare violenza contro di lui, soprattutto a un ministro del giudice.
  7. Dopo che Gesù, messo in difficoltà Caifa con la sua mansuetudine, gli chiede di far parlare i testimoni, il Sinedrio si trova di fronte a un problema serio: trovare dei testimoni per accusare Gesù. Sapendo che il Cristo è palesemente innocente, il Sinedrio sguinzaglia degli incaricati per cercare gente disposta a giocare il ruolo di falso testimone: ci si astiene quindi dal giudicare la credibilità e qualità dei testimoni, ed ecco la settima irregolarità.
  8. Giunge però l’ottava irregolarità! I giudici avevano l’obbligo di far prestare giuramento ai testimoni, facendo dire loro la verità (che sostiene Gesù, e quindi le accuse saranno per definizione tutte false).
  9. Di male in peggio: i giudici, subordinando falsi testimoni volontariamente, violano la legge del diritto giudaico che prevedeva la punizione dei falsi testimoni: “Li tratteranno come se avessero macchinato di tradire un loro fratello: vita per vita, dente per dente, occhio per occhio” Siamo quindi di fronte non a dei giudici, ma a dei carnefici.
  10. I Vangeli continuano: “Molti attestavano il falso contro di lui ma le loro testimonianze contro di lui non erano però concordi. Alcuni si alzarono per testimoniare il falso, dicendo: ‘Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d’uomo’. Però nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde”. Notiamo fin da subito una decima irregolarità: due testimoni presentano e depongono assieme, ma questo è in chiaro contrasto con la legge. “Separateli tra loro, quindi li esaminerete”.
  11. Inoltre, le accuse sono false perché riferiscono le non esatte parole di Cristo. Gesù, infatti, aveva detto: “Distruggete questo tempio e io lo ricostruirò entro tre giorni!”. In questo caso, la frase è da intendersi chiaramente come “Supponete che questo tempio venga distrutto”, quindi, oltre a riferire una frase non esatta, che quindi consta di accusa falsa, la parola è ipotetica, non costituisce un carico serio contro l’imputato. I testimoni erano poi falsi, perché attribuiscono a Gesù parole sbagliate. Giovanni aveva sentito in persona le parole di Cristo, e infatti asserisce: “Egli intendeva parlare del proprio corpo”. Gesù usa il vocabolo “solvite”, che i falsi testimoni traducono come ”distruggere”, ma il vero significato è “sciogliere”. Chiaro è il riferimento al corpo, tempio vivo, di cui si può rompere o sciogliere il legame con l’anima mediante la morte. Gesù poi aggiunge infatti: “E in tre giorni io lo farò risorgere. Lo richiamerò a vita”. Cristo non sta quindi minimamente parlando del tempio materiale: parlava invece del suo tempio mistico. Quindi i casi sono due: o i giudei hanno inteso male, o hanno inteso bene e stanno “rigirando la frittata”. Infine, anche nel caso in cui essi avessero deposto il vero e Cristo avesse realmente pronunciato tali parole (caso remoto e irreale, ma per assurdo considerabile), la deposizione dei testimoni rimane inaccettabile giuridicamente. Secondo la legge giudaica, “una testimonianza perdeva ogni suo valore se chi la faceva non era d’accordo con essa in tutte le sue parti”. Ora, il primo testimone accusa: “Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo”; il secondo accusa: “Io posso distruggere il tempio di Dio”: sono due accuse discordanti, ma vengono fatte passare: ecco l’undicesima irregolarità.
  12. Dopo il silenzio di Gesù, si verifica una cosa giuridicamente inaudita. Dopo che il Sinedrio si è preoccupato di cercare in tutti i modi un capo di accusa (falso) contro Gesù, improvvisamente Caifa prende il sopravvento, afferra il timone del processo e si rivolge direttamente a Gesù: “Ti scongiuro per il Dio vivente, di dirci se tu sei il Messia, l’Eletto, il figlio di Dio benedetto!”. Caifa quindi cestina di fatto le accuse e il lavoro svolto per i testimoni, e si rivolge a Gesù con una accusa: quindi Caifa conosceva bene l’imputato. L’accusa è diretta, e se tale è, significa che lui sapeva bene chi fosse Cristo, non aveva bisogno di testimoni o accuse. Il giudice diventa testimone ed accusatore: dodicesima irregolarità.
  13. La tredicesima irregolarità segue dal fatto che Caifa impone a Cristo di giurare. Ma all’accusato non era consentito: infatti, lo avrebbe messo nella alternativa di essere spergiuro o di incriminare se stesso. Caifa accusa quindi sapendo bene che, in ogni caso, Cristo è condannato: se risponde di si, allora sarebbe reo di bestemmia; se risponde di no, allora sarebbe reo di impostura, avendo insegnato in pubblico il contrario.
  14. Caifa, sentita la risposta di Gesù, si strappa le vesti. Ecco la quattordicesima irregolarità. Il sommo sacerdote doveva innanzitutto mostrare sempre mitezza e rispetto nei confronti dell’accusato, e poi gli era espressamente vietato strappare le proprie vesti: “Il pontefice [….] non strappi mai queste sue vesti”. Non a caso, quando Cristo morirà, il velo del tempio sarà squarciato in due: simbolo della rottura con il sacerdozio di Aronne, e il sacrificio della legge di Mosè; la vecchia alleanza sarà revocata, nascerà la nuova alleanza. Ma le irregolarità non sono terminate.
  15. Caifa accusa Cristo di avere bestemmiato, ma non ha verificato con le prove il fatto che Cristo stia dicendo la verità. Se i giudei aspettavano un Messia, allora si dovevano confrontare le Sacre Scritture, vedere i caratteri del Messia, confrontare questi aspetti con gli atti di Cristo, e poi eventualmente accusarlo di bestemmia. L’accusa quindi non rispetta l’ordine giuridico di verifica dei fatti: ecco la quindicesima irregolarità.
  16. Caifa ignora completamente la presenza degli altri giudici. Secondo la Mischna, i giudici dovevano esprimere TUTTI un parere, dicendo: “Io assolvo; Io condanno”. Caifa, invece, impone la sua accusa (che non potrebbe fare, essendo un giudice non accusatore), vietando così agli altri giudici di pronunciarsi secondo il diritto. Sedicesima irregolarità.
  17. Fosse finita qui, saremmo già stupiti di quanta sporcizia ci sia stata in questo processo, ma ahimè, le anomalie continuano. Caifa dice espressivamente: “Che bisogno noi abbiamo di testimoni?”. Ma come? Innanzitutto, abbiamo visto come la legge esigesse dei testimoni. Poi, questa uscita di Caifa consuona con la illecita congregazione del Sinedrio: se egli fosse stato in grado di esprimere una condanna senza testimoni, avrebbero fatto meno fatica a compiere l’inganno, come quando un gruppo di ladri entra in una banca cercando di evitare di scomodare l’allarme. Facendo un processo di notte, senza che la gente possa difendere Gesù (visto che la gente amava Gesù, basta guardare l’ingresso trionfale a Gerusalemme), non avrebbe dato troppo nell’occhio con testimoni da chiamare in appello. Disgustoso! Diciassettesima irregolarità.
  18. Caifa, in seguito, chiede un parere generale: “Cosa ne pensate di Costui?”. Ma anche questa è una violazione del diritto! “Ciascuno parlerà quando sarà il suo turno, i giudici si esprimeranno per assolvere o condannare”. Segue perciò una diciottesima irregolarità.
  19. Tutti (ugualmente preso accordo con Caifa prima di processare Gesù, in linea con la volontà di incastrare Gesù già tempo addietro) si esprimono dicendo: “E’ degno di morte!”. Il diritto è stato letteralmente cestinato: i giudici, infatti, dovevano prima ritrovarsi, confrontarsi, e poi emettere la sentenza. Lo hanno fatto? Non esitiamo a dire di no, ma non ci sorprende nemmeno: eccoci di fronte alla diciannovesima irregolarità.
  20. La sentenza viene poi emessa lo stesso giorno in cui il processo aveva avuto inizio. Questo è, ancora una volta, contrario alla legge. “Ogni giudizio criminale può aver termine nel medesimo giorno d’inizio se la sentenza è favorevole all’imputato. Ma se dovrà essere eseguita una condanna a morte, il processo non potrà dirsi concluso se non il giorno appresso”. Quindi abbiamo scovato una ventesima irregolarità.
  21. La ventunesima scaturisce dalla totale assenza degli scribi segretari, che avrebbero dovuto raccogliere i voti, proprio perché i giudici non avevano votato. “Ad ognuna delle estremità del sinedrio prendevano posto dei segretari incaricati di raccogliere i voti: uno, quelli che assolvevano; l’altro, quelli che condannavano”. Come non vedere in questa assemblea di assassini quelli descritti da Davide nel Salmo: “Un’assemblea di malvagi mi ha trascinato in mezzo a essa. Uomini peccatori si sono dati appuntamento, aspettando solo l’occasione buona per perdermi
  22.  Nella seduta del venerdì mattina, il Sinedrio mette le catene a Gesù, al fine di metterlo a morte. “Fin dall’alba di quel gran giorno di festa, il sinedrio si riunì.” Ma era vietato incominciare una riunione prima che avesse avuto termine il sacrificio del mattino. Giuseppe Flavio ci dice in particolare che “La legge ordina che si immoli ogni giorno due agnelli d’un anno, quando comincia la giornata, e quando essa termina”, in accordo con la Sacra Scrittura. Calcolando che il sacrificio durava almeno un’ora, sicuramente non hanno atteso il suo termine: ventiduesima irregolarità.
  23. Era poi il giorno di Pasqua, tra le altre cose, quindi questo implica che ogni giudizio doveva essere rigorosamente interdetto. “Non si giudicherà di sabato, né in un altro giorno festivo”. Eccoci quindi alla ventitreesima irregolarità.
  24. La seconda assemblea generale, quindi, rinnova ancora la sentenza: “Che bisogno abbiamo di altre testimonianze? Lo abbiamo sentito dalla sua stessa bocca!”: seconda votazione di massa, seconda violazione del diritto penale: ventiquattresima irregolarità.
  25. Dopo la risposta di Gesù, dove afferma di essere figlio di Dio, il Sinedrio nuovamente non si preoccupa di sottoporre ad indagine questa affermazione: venticinquesima irregolarità.
  26. Si aggiunge anche una ventiseiesima. La sentenza avrebbe dovuto essere rimandata al sabato mattina: il processo, iniziato nella notte tra giovedì e venerdì, faceva parte del giorno di venerdì. I giudei, infatti, contano un giorno da un tramonto all’altro. Il primo giorno del processo andava dal giovedì sera al venerdì sera. Essendoci quindi l’obbligo di lasciar trascorrere una notte di intervallo tra la fine di un consiglio e la sentenza, non poteva essere che di sabato mattina. 
  27. Finalmente le irregolarità terminano con la ventisettesima. Il luogo della condanna contro Gesù non era giuridicamente riconosciuto, non poteva ospitare processi penalmente validi. Infatti, il luogo adibito al processo era la casa privata di Caifa, pontefice quell’anno. La sala legalmente riconosciuta era la sala delle pietre squadrate. Tuttavia, poiché i giudei non volevano dare troppo nell’occhio e far sparire Gesù, non potevano permettersi di usare un’aula che, con ogni probabilità, era in buona vista e sorvegliata. Il Talmud è granitico sotto questo aspetto: “Non poteva esservi condanna a morte se non quando il sinedrio sedeva nella sala prefissata, ossia nella sala delle pietre quadrate”. Il Vangelo di Giovanni dice invece chiaramente che “essi condussero Gesù dalla casa di Caifa al pretorio di Pilato
Cristo davanti a Pilato – Dipinto murale di Borlone G. (1470) – Chiesa di San Bernardino, Clusone

Non c’è bisogno di commentare ulteriormente. Ventisette irregolarità al diritto allora vigente: anche solo una di esse sarebbe stata sufficiente per dichiarare nullo il processo a Cristo. Eppure, tutti noi sappiamo come è terminata la vicenda. Ma ancora oggi, nella Chiesa, qualcuno cerca di raccontare i fatti in maniera anomala, raccontando una storia sulla morte di Gesù che è in palese contrasto con tutta la Tradizione e la Sacra Scrittura.

Per questa ragione, dobbiamo confidare nella speranza che i giudei possano convertirsi al cattolicesimo, riconoscere la Divinità di Cristo e entrare nel Santo Ovile, nella Santa Chiesa Cattolica, aderendo in tutto e per tutto alla Nuova Alleanza nel Sangue dell’Agnello.


Note:

  1. Mischna, trattato Sanhèdrin, 4, 1
  2. Talmùd di Gerusalemme, trattato Sanhèdrin, 1, 19.
  3. Mischna, trattato Sanhèdrin, 4, 1.
  4. Gv. 18, 19.
  5. Deut. 19, 16-17.
  6. Gv, 18, 14.
  7. Gv, 18, 19.
  8. Deut., 17, 2-6.
  9. Gv, 18, 20-21.
  10. Gv, 18, 22.
  11. Deut, 19, 18, 19-21.
  12. Mc, 14, 56-61; Mt, 24, 60.
  13. Dan, 13, 51.
  14. Gv, 2, 19.
  15. Gv, 2, 21.
  16. Mischna, trattato Sanhèdrin, 5, 2
  17. Mc, 14, 61; Mt, 24, 63.
  18. Lev, 21, 10.
  19. Mischna, trattato Sanhèdrin, 15, 5.
  20. Mt, 26, 66; Mc, 14, 64.
  21. Mischna, trattato Sanhèdrin, 5, 5.
  22. Mischna, trattato Sanhèdrin, 4, 1.
  23. Mischna, trattato Sanhèdrin, 4, 3.
  24. Sal, 21; Sal, 118
  25. Mc, 15, 1; Lc, 22, 66.
  26. Mischna, trattato Sanhèdrin, 1, 19.
  27. “Antiq,” L.3, 10, 1.
  28. Ex. 29, 38-39.
  29. Mischna, trattato Betza, 5, 2.
  30. Lc, 22, 70-71.
  31. Talmud di Babilonia, trattato Abboda-Zara, 14.
  32. Gv, 18, 26

Questo articolo è tratto da Templum Domini 7 | Luglio-Agosto 2021

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