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L’arte del popolo di Dio e del suo Natale

I pastori furono i primi testimoni. Perché il messaggero divino si rivolge ai pastori, o se vogliamo perché i pastori sono i primi  a ricevere il lieto annuncio? Il popolo è di Dio, e Lui si rivela ai piccoli, gli ultimi,  ai più semplici.

“Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro”.

I pastori furono i primi testimoni. Perché il messaggero divino si rivolge ai pastori, o se vogliamo perché i pastori sono i primi  a ricevere il lieto annuncio? Bisogna sapere che nella società ebraica del tempo in cui nacque Gesù, alcune categorie di persone erano di fatto reiette, escluse dal tempio e più in generale condannate a una discriminazione permanente, e tra questi vi erano i pastori. Il popolo è di Dio, questo è innegabile, e Lui si rivela ai piccoli, gli ultimi,  ai più semplici.


Correggio (1489-1534), nella sua opera “La Notte”, inaugura una nuova tipologia di Natività, in cui la figura del Bambino costituisce il fulcro luminoso dell’intera composizione. Egli impiega vivaci contrasti di luce ed ombra per conferire alla scena un’intensa carica emozionale. La luce, la protagonista assoluta della scena, riflettendosi più debole sulle figure circostanti, mette in risalto i pastori curiosi che parlano tra di loro come ad annunciare tra di loro lo stupore di ciò che hanno visto.

A inserire però i volti del popolo seicentesco è Caravaggio, quasi una prerogativa di tutte le sue opere. Nell’ Adorazione dei Pastori, le loro espressioni estremamente stupite nello scoprire dal vivo il celebre Re dei Re e sembra quasi che si si stiano avvicinando come se cercassero di scaldarlo, proprio come in una famiglia povera. Sono proprio questi pastori ad “assorbire” la luce divina che viene emessa dalla Vergine e da Gesù Bambino, rappresentata come un raggio di luce color bronzo e che giunge sulle figure vicine.

Nel corso del 1600, gli artisti iniziano a concentrarsi sull’aspetto crudo e reale tra questi possiamo citare la natività di Rembrandt. Ciò che maggiormente salta all’occhio è una sacra famiglia che pur nella sua centralità per luci e colori è messa in contrasto, quasi in secondo piano, rispetto ai pastori. Il dipinto è risolto con uno stile che valorizza la visione d’insieme piuttosto che i particolari.  Nella sua interpretazione del tema sacro aggiunse le figure delle donne una delle quali regge un bambino. Inoltre compaiono nella scena altre figure umane più umili in primo piano. Questo particolare rende la scena sacra certamente più spontanea.

Ma continuiamo la nostra analisi sulle traccie legate al natale dal punto di vista della pietà popolare. “La pietà popolare è una nostra forza, perché si tratta di preghiere molto radicate nel cuore delle persone- ci dice Benedetto XVI-  Anche persone che sono un po’ lontane dalla vita della Chiesa e non hanno grande comprensione della fede sono toccate nel cuore da questa preghiera. Si deve solo «illuminare» questi gesti, «purificare» questa tradizione affinché diventi vita attuale della Chiesa”. La cultura è qualcosa di dinamico, che un popolo ricrea costantemente, ed ogni generazione trasmette alla seguente un complesso di atteggiamenti relativi alle diverse situazioni esistenziali, che questa deve rielaborare di fronte alle proprie sfide. L’essere umano «è insieme figlio e padre della cultura in cui è immerso». Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi. Qui viene in nostro soccorso l’Angelus di Jean-François Millet, realizzato nel 1858-1859 nell’ambito del movimento artistico del realismo. Egli stesso nel presentarlo disse: «L’Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l’angelus in memoria dei poveri defunti»  Lo scopo dell’artista, dunque, era quello illustrare con la pittura le fasi che segnano periodicamente lo scorrere della vita agreste e la preghiera dell’ Angelus Domini è ricordo del mistero perenne dell’Incarnazione. Tale opera quindi si può definire la piena rappresentazione della tradizione impregnata di forte pietà popolare.


Nel 1911, sempre nell’ambito del clima del realismo, osserviamo un dipinto più borghese di Albert Chevallier Tayler col titolo di “Christmas three” Il suo dipinto presenta una semplice scena di una famiglia mentre si accinge a preparare l’addobbo del proprio albero di Natale. Le  moltissime candele rischiarano i volti dei numerosi bambini che lo circodano rapiti dallo stupore di quello che è il simbolo natalizio per eccellenza dopo il presepe.

Per concludere volgiamo uno sguardo alla Santera di Manuel Gonzales Santos  realizzato intorno al 1930. È un’opera di grande realismo, ci viene presentata una vecchia seduta su una poltrona, e su uno dei suoi braccioli offre l’elemosina alla sua devota immagine. È un magnifico ritratto. L’accostamento delle luci diurne con i toni rossastri di una stufa o di un braciere che non possiamo vedere, avvolge la composizione in un’atmosfera penetrante, ricca di colori e sfumature, il tutto con una raffinata tecnica di pennellate sciolte e coraggiose.

È uno sguardo intenso, quello della tradizione che guarda avanti. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci. A partire dall’infanzia e poi in ogni età della vita, ci educa a contemplare Gesù, a sentire l’amore di Dio per noi, a sentire e credere che Dio è con noi e noi siamo con Lui. Il Natale è proprio questo, non una festività dedita al consumismo, ma espressione di quella pietà popolare tramandataci, perché no, da quegli stessi pastori che hanno contemplato per la prima volta quel grande mistero. In questa novena prepariamo il Presepe con maggiore cura e attenzione nelle nostre case. “ Davanti al presepe, la mente va volentieri a quando si era bambini e con impazienza si aspettava il tempo per iniziare a costruirlo. Questi ricordi- dice papa Francesco in “Admirabile Signum”-  ci inducono a prendere sempre nuovamente coscienza del grande dono che ci è stato fatto trasmettendoci la fede; e al tempo stesso ci fanno sentire il dovere e la gioia di partecipare ai figli e ai nipoti la stessa esperienza. Non è importante come si allestisce il presepe, può essere sempre uguale o modificarsi ogni anno; ciò che conta, è che esso parli alla nostra vita. Dovunque e in qualsiasi forma, il presepe racconta l’amore di Dio, il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi”.

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