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La Natività nell’arte

Le prime rappresentazioni grafiche della Natività di Gesù provengono dai sarcofagi di Roma e della Gallia, intorno al 350 D.C.  e soprattutto nelle catacombe di Roma, dove venivano spesso decorate le pareti dei cunicoli sotterranei e delle volte con dipinti a tema religioso.

La Natività di Nostro Signore Gesù Cristo è stata uno dei temi più rappresentati nell’arte cristiana, sin dai primi secoli. Il testo biblico più dettagliato della nascita di Gesù si trova nel Vangelo di Luca (2:7-9)

“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce.”

Le prime rappresentazioni grafiche della Natività di Gesù provengono dai sarcofagi di Roma e della Gallia, intorno al 350 D.C.  e soprattutto nelle catacombe di Roma, dove i primi cristiani seppellivano i loro morti, decorando spesso le pareti dei cunicoli sotterranei e delle volte con dipinti a tema religioso.

Le prime rappresentazioni di Gesù sono molto semplici ed essenziali, Gesù bambino avvolto in panni e da bende come descritto dal Vangelo di Luca; questa caratteristica viene stravolta nelle raffigurazioni medioevali e rinascimentali perché viene rappresentato poco vestito o totalmente nudo, mentre il suo corpo irradia una luce sovrannaturale, questa rappresentazione si rifà alla visione mistica della Natività  avuta da Santa Brigida di Svezia (1303-1373) che ha pesantemente influenzato l’iconografia coeva e successiva, ella sosteneva di aver visto “il bambino glorioso che giace sulla terra, nudo e luminoso” (Revelationes Coelestes libro 7, capitolo 21) questa rappresentazione della luce proveniente dalla figura di Gesù bambino è stata in uso fino al tardo barocco.

Nella maggior parte delle rappresentazioni Gesù bambino è posto in una mangiatoia, una vasca per nutrire i maiali scolpita  nella roccia o in muratura, tuttavia nelle rappresentazioni più moderne la mangiatoia diventa in legno, riempita di paglia o addirittura scompare e Gesù bambino è posto direttamente sulla nuda terra.

Solitamente intorno alla mangiatoia, con le teste chinate sono presenti il bue e l’asino, sebbene non siano mai annoverati nel Nuovo Testamento, vengono menzionati nel Vangelo apocrifo di Pseudo-Matteo (14-1). Secondo questo testo dopo essere entrata nella stalla, Maria mise il bimbo nella mangiatoia  e “un bue e un asino lo adorarono”, che si interpreta come il compimento di una profezia di Isaia.

“Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non discerne” 

Isaia 1:3


I primi teologi cristiani trovarono un significato allegorico della presenza del bue e dell’asino, infatti Sant’Agostino e Sant’Ambrogio e molti altri teologi li considerano come rappresentazione del popolo ebraico (il bue) oppressi dal giogo della Legge, e dei popoli pagani (l’asino) che portano il peccato dell’idolatria; Cristo quindi è giunto a liberare i popoli dai loro fardelli.

Tradizionalmente, siamo portati a immaginare che Gesù sia nato in una stalla. In realtà, il Nuovo Testamento non menziona mai questo luogo: nel Vangelo di Luca (2:7-9) si racconta semplicemente che Maria pose Gesù in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nella locanda. I primi cristiani rappresentarono infatti la mangiatoia in una grotta. La Chiesa della Natività, che risale al IV secolo, fu costruita su una grotta di Betlemme, dove si credeva appunto che avesse avuto luogo la nascita. Anche il Vangelo apocrifo dell’infanzia di Giacomo (cap.18) colloca la Natività in una grotta, mentre il Vangelo di Pseudo-Matteo combina i due luoghi, spiegando che il terzo giorno dopo la nascita “Maria uscì dalla grotta e, entrando in una stalla, mise il bambino nella mangiatoia“ (cap 14).

Nell’arte paleocristiana, la grotta era ancora l’ambientazione preferita per le scene della Natività, e continua ad essere così presso la Chiesa cristiana orientale. L’iconografia orientale colloca il Bambino appena nato all’imboccatura di una profonda grotta, a simboleggiare la sua discesa nella profondità della condizione umana.

L’Occidente adottò molti degli elementi iconografici bizantini, ma preferì contestualizzare l’episodio all’interno di una stalla piuttosto che in una grotta.

Inizialmente, Maria non era sempre presente nella rappresentazione della natività, ma era per lo più fissa nella raffigurazione dell’Adorazione dei Magi. Dalla fine del V secolo però dopo il Concilio di Efeso, la Vergine diventa una figura stabile della scena.

I racconti biblici di Matteo e Luca chiariscono che Gesù nacque miracolosamente da una vergine, e “la vergine si chiamava Maria” (Luca 1:27). Luca riporta che Maria era presente con il bambino durante la visita dei pastori (2:16), e Matteo dice che quando arrivarono i Magi “videro il bambino con Maria sua madre” (2 :11).

Per i primi mille anni di arte cristiana Maria venne di solito raffigurata sdraiata (secondo lo stile iconografico orientale), in una posa molto naturale per una donna che ha appena partorito. Ciò inizia a cambiare nell’arte occidentale nel corso del XIV secolo, e dalla fine del XV Maria viene normalmente rappresentata in ginocchio, con le mani giunte, mentre prega rivolta al suo Bambino; Giuseppe e i pastori spesso si inginocchiano con lei. La posa inginocchiata di Maria, con le mani giunte in preghiera, riflette le già citate visioni mistiche di Santa Brigida.

… la Vergine si inginocchiò con grande venerazione in atteggiamento di preghiera, girata verso la mangiatoia … Vidi il bambino glorioso steso a terra nudo e splendente. Il suo corpo era puro da ogni tipo di terreno e impurità. Poi ho sentito anche il canto degli angeli, che era di miracolosa dolcezza e di grande bellezza… Questa scena descritta da Santa Brigida diventa una delle raffigurazioni più comuni nel XV secolo in Occidente.

Il colore degli abiti della Vergine è frequentemente azzurro chiaro; tuttavia, non solo insoliti anche rosso, bianco e altri colori.

All’interno della composizione, da sempre Giuseppe è un elemento variabile. Nel racconto biblico il marito di Maria è descritto come discendente del re David (Luca 2:4) e “uomo giusto” (Matteo 1:19). La Sacra Scrittura non rivela l’età di Giuseppe, ma nell’arte è stato tradizionalmente rappresentato come un uomo anziano, a volte calvo, in linea con la sua rappresentazione in numerosi testi non canonici. Ad esempio, nel Vangelo dell’infanzia di Giacomo, Giuseppe dice: “Ho figli e sono vecchio” (9:2). Alcune Natività moderne mantengono questa tradizione, ritraendo Giuseppe con i capelli grigi e spesso ha in mano un bastone, che a volte termina in un fiore. A partire dal XV secolo, molte volte i dipinti mostrano Giuseppe che tiene una candela, questo attributo si riferisce sempre ad un passaggio della visione mistica di Santa Brigida. Gli scritti della mistica proseguono dicendo che, dopo la nascita, la grotta fu riempita di un’ineffabile luce divina che superò completamente la luce terrena della candela di Giuseppe. Nei secoli successivi, gli artisti sostituirono la candela di Giuseppe con una lanterna, e questa caratteristica è arrivata fino ai giorni nostri, e in molte rappresentazioni moderne san Giuseppe è raffigurato con la lanterna in mano.

Inizialmente, il santo era spesso ritratto addormentato nelle Natività, con fattezze a volte un po’ comiche e impacciate, vestito in modo disordinato, con un copricapo tipico ebraico e spesso non aveva nemmeno il nimbo intorno al capo, ma con i secoli assunse una rappresentazione più dignitosa e questo continuò a migliorare nel rinascimento e nel barocco.

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