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O Dio, vieni a salvarci

Quest'oggi voglio raccontarvi un'esperienza che ho vissuto in prima persona e di cui sono rimasto profondamente sconcertato. Non saprei descrivere l'emozione e i sentimenti che hanno pervaso il mio cuore, lascio a ciascuno di voi l'interpretazione e gli eventuali commenti.

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Quest'oggi voglio raccontarvi un'esperienza che ho vissuto in prima persona e di cui sono rimasto profondamente sconcertato. Non saprei descrivere l'emozione e i sentimenti che hanno pervaso il mio cuore, lascio a ciascuno di voi l'interpretazione e gli eventuali commenti.

Quest’oggi voglio raccontarvi un’esperienza che ho vissuto in prima persona e di cui sono rimasto profondamente sconcertato. Non saprei descrivere l’emozione e i sentimenti che hanno pervaso il mio cuore, lascio a ciascuno di voi l’interpretazione e gli eventuali commenti. Sarà un racconto limpido, vero, senza distorsioni, semplicemente vissuto in prima persona e narrato come una storia. Buona lettura.

Tutto inizia a Materdomini, una frazione del comune di Caposele. Materdomini è comunemente conosciuta per via del santuario di San Gerardo Maiella. Luogo di preghiera e di profonda spiritualità, meta di numerosi pellegrinaggi che contano ogni anno migliaia di pellegrini pregare sulla tomba del Santo. Infatti, visitando il Santuario ci si accorge subito della profonda devozione che, fedeli di tutto il mondo, manifestano proprio sulle spoglie del religioso. Innamorato profondamente di Dio, San Gerardo dimostra da sempre uno spirito gioioso e una volontà instancabile; proprio lì a Materdomini, ancora in giovane età ma già famoso taumaturgo e guaritore, Gerardo rende la sua anima a Dio. Nel medesimo luogo viene poi in seguito edificato il Santuario gerardino attualmente gestito e curato dai padri della Congregazione del Santissimo Redentore, meglio conosciuti come “redentoristi”.

Qui inizia il mio racconto. Dovete sapere che sto trascorrendo le mie vacanze in Campania, terra a cui debbo le mie origini, precisamente in un piccolo paese della bassa irpinia. Non avendo potuto partecipare alla Messa prefestiva (unica in parrocchia visti i pochi residenti e i numerosi incarichi del parroco) ho deciso di recarmi questo pomeriggio al vicino Santuario di San Gerardo. Arrivato in largo anticipo rispetto all’orario della Messa, decido di recarmi nella chiesa vecchia per pregare sulla tomba del Santo e visitare il museo gerardino. Vi lascio immaginare le vetrine, calici in argento e oro, alcuni dei quali cesellati, paramenti ricamati, ostensori preziosi, reliquiari e statue mariane, oltre che del Santo. Insomma, mi sono perso ad ammirare quei vasi sacri in cui un tempo veniva celebrato il Sacrificio Eucaristico. Tornando verso la chiesa mi sono poi imbattuto nella cella di San Gerardo e li mi sono fermato a pregare. Richiamato dal suono della campana, che avvisava i fedeli dell’imminente inizio della Santa Messa, mi sono alzato e mi sono diretto verso la chiesa nuova, detta “del Redentore”.

O Dio, vieni a salvarci

Entro in chiesa, mi segno e prendo posto. Suona la campana, il sacerdote lascia la sacrestia e una suora inizia a cantare “Eccomi” di Frisina. Le mie orecchie hanno cominciato a chiedere pietà e, voltandomi, ho appurato di non essere stato l’unico ad aver avuto un attimo di delusione. Alcuni infatti, oltre ad aver scosso la testa, si sono messi a ridere sentendo una voce così stonata e stridula. In quel momento mi son detto “iniziamo bene”, ma tornato con lo sguardo verso il Cristo Redentore sopra il presbiterio, noto che il sacerdote, passando incurante davanti alla cappella del Santissimo Sacramento senza compiere alcuna riverenza, si dirige all’altare. Fatto il segno di croce spiega all’assemblea che oggi è la festa di Sant’Alfonso Maria De Liguori, fondatore della Congregazione dei redentoristi e, proprio in quel momento, mi accorgo che non è di origini mediterranee bensì sud americane dato l’accento. Nonostante un po di fatica nel comprenderlo sono riuscito a capire quello che stava spiegando circa il suo ordine e le missioni che ancora oggi compiono nel mondo.

La celebrazione prosegue con le letture, l’alleluia nuovamente stonato e poi il vangelo rigorosamente letto da un foglietto anziché dal lezionario. Arriva il momento della predica e due delle tante espressioni mi lasciano profondamente perplesso. La prima, in ordine cronologico, riguarda il Concilio Vaticano II a cui, secondo il celebrante, “Sant’Alfonso si è profondamente ispirato” seppur come tutti sappiamo sia morto duecento anni prima. La seconda invece, riguarda l’aspetto letterario circa Sant’Alfonso; infatti secondo il sacerdote, l’opera più bella, teologica e spirituale che il Santo abbia mai scritto è… Tu scendi dalle stelle, un canto popolare che tutti ben conosciamo. Io già pensavo alle Massime Eterne, la Theologia Moralis, le Glorie di Maria e così via, invece no, Tu scendi dalle stelle.

O Dio, vieni a salvarci

Sia lodato Gesù Cristo, annuncia. Ah no scusate, era quello che mi aspettavo di sentire anziché un “alziamoci in piedi”. La celebrazione prosegue con la preghiera dei fedeli, l’offertorio, rigorosamente ad orecchie tappate, la consacrazione senza alcun suono di campanello, il Padre Nostro e la comunione. Mentre il celebrante si comunica, la suora annuncia che chi vuole ricevere la comunione deve rimanere in piedi, mentre gli altri dovranno rimanere seduti cosicché il sacerdote passando per i banchi sa a chi rivolgersi. Io decido di rimanere in ginocchio e di comunicarmi come sempre in bocca. Vista la numerosità dei fedeli, una suora si presta ad aiutare il celebrante e casualità ha voluto che toccasse a me. Comunicata la famiglia davanti a me, la suora si avvicina per comunicarmi e in quel momento, inginocchiato, abbasso la mascherina per ricevere la comunione sulla lingua. La suora annuncia il Corpo di Cristo, nota che non presento le mani e, capendo che desideravo riceverla in bocca, mi volta le spalle e prosegue la distribuzione dell’Eucaristia. In quel momento sento gli occhi dei fedeli accanto penetrarmi il corpo, un senso di angoscia mi avvolge, guardo il Redentore, lo guardo ancora, continuo e all’improvviso sento come avvolgermi le spalle, eppure nulla mi toccava visibilmente.

Torno alla realtà e mi accorgo che il sacerdote stava dando la benedizione. Resto ancora un po in preghiera davanti all’altare, poi esco e mi dirigo verso la sacrestia. Un senso di rabbia mi circondava e al tempo stesso sentivo di essere stato abbandonato, non da Dio certo, ma dalla Chiesa. Come può una suora rifiutare di dare la comunione a un fedele che devotamente si inginocchia davanti al Corpo, Sangue, Anima e Divina di Nostro Signore? Mi sono sentito tradito, pugnalato.

In sacrestia ho ritenuto opportuno fare le mie rimostranze anche se inascoltate. Me ne sono andato con un peso sul cuore, mortificato e umiliato, ma certo di aver fatto la cosa giusta.

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