Il sesto mese dell’anno civile, giugno, oltre a proporre al popolo cristiano la venerazione e l’esempio di alcuni tra i più importanti santi del calendario liturgico della Chiesa cattolica, come il sacerdote e dottore della Chiesa Antonio da Padova, il 13 giugno, l’abate Romualdo, il 19 giugno, o, ancora, gli apostoli Pietro e Paolo, il 29 giugno, è in modo particolare dedicato alla considerazione del Sacro Cuore di Gesù.
Si tratta di una solennità mobile che si celebra nel periodo di tempo compreso tra il 29 maggio e il 2 luglio, cadendo il venerdì della seconda settimana successiva alla Pentecoste, il giorno successivo alla conclusione dell’Ottava del Corpus Domini, se esso è correttamente celebrato di giovedì e non, com’è prassi quasi universalmente diffusa, nella domenica successiva. La base scritturistica del culto di latria, vale a dire di adorazione, dovuta a Dio solamente in quanto perfetto e supremo dominatore su tutto il creato, «Id quo maius cogitari nequit», secondo la celebre locuzione contenuta nel Proslogion di Anselmo d’Aosta, è costituita dagli ultimi tre versetti, il ventottesimo, il ventinovesimo e il trentesimo, dell’undicesimo capitolo del Vangelo secondo Matteo, laddove si trovano alcune delle espressioni più famose dei Vangeli tutti: «Venite ad me, omnes, qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos. Tollite iugum meum super vos et discite a me, quia mitis sum et humilis corde, et invenietis requiem animabus vestris. Iugum enim meum suave, et onus meum leve est».
In questo passo Nostro Signore invita tutti coloro che si trovano in situazioni di fatica e oppressione, da intendersi certamente in senso fisico, ma anche e forse soprattutto in quello stato esistenziale, a cercare ristoro nel Sacro Cuore del Cristo, centro di tutta la vita spirituale, psichica e fisica del Salvatore. La condizione dell’uomo, che stoltamente rifiuta l’esistenza e la provvidenza di Dio, è di taedium vitae, mirabilmente espressa dal verso montaliano «Spesso il male di vivere ho incontrato», componimento poetico pubblicato il 19 giugno 1925 dal torinese Piero Gobetti all’interno della raccolta Ossi di seppia, L’enciclica Fides et ratio del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, pubblicata il 14 settembre 1998, contiene, in limine litterae, quasi un proposito di intenti, dichiarando, con quella solennità quasi liturgica intrinseca ai più alti pronunciamenti del magistero papale, che «Fides et ratio binae quasi pennae videntur quibus veritatis ad contemplationem hominis attollitur animus»: perciò, fede e ragione sono come un tutt’uno, come le due facce di una medesima medaglia, che, collaborando nell’intimo più profondo dell’essere umano, lo conducono alle vette della teoreticità, al più alto grado della sapienza possibile a un individuo ancora viator.
Ma bisogna sempre tenere presente, affinché la visione storica non sia parziale, che nell’epopea speculativa occidentale più volte si verificarono fenomeni di dissociazione tra le due istanze, come nel momento di passaggio tra età medievale ed età moderna. In questo periodo alla razionalità della filosofia scolastica si cercò di contrapporre la mistica, movimento religioso tedesco, che, privo del raziocinio al suo massimo grado, spesso confluì in posizioni non apertamente eterodosse, ma nemmeno completamente in linea con l’ortodossia cattolica.
Ciò si può chiaramente evincere dalla lettura delle opere di personaggi come Matilde di Magdeburgo o Matilde di Hackeborn, che furono rispettivamente maestra e discepola, ma anche Gertrude la Grande di Helfta e, uno dei pochissimi esponenti di sesso maschile in un movimento quasi esclusivamente femminile, Enrico Suso, quattro religiosi che diedero un impulso fortissimo alla diffusione europea della venerazione del Sacro Cuore. Negli ultimi anni del XIX secolo è stata un’altra mistica, la religiosa tedesca Maria Droste zu Vischering del Divin Cuore, nata a Münster l’8 settembre 1863 e morta a Porto l’8 giugno 1899, per poi venir beatificata da Papa Paolo VI il primo giorno di novembre del 1975, Solennità di Tutti i Santi nel contesto dell’Anno Santo del Rinnovamento e della Riconciliazione, a dare un nuovo forte impulso al culto del Sacratissimo Cuore del Signore.
Infatti fu lei a persuadere, a seguito di soprannaturali locuzioni, l’allora Santo Padre, il Papa Leone XIII, a consacrare il genere umano al Sacro Cuore. Ed è in questo clima che dev’essere inserita, il 25 maggio 1899, la pubblicazione della lettera enciclica Annum sacrum, scritto piuttosto breve, ma di immensa importanza, dato che contiene, in conclusione, la formula che tutti i vescovi del mondo in unione con il Vicario di Cristo hanno usato per compiere l’atto consacratorio. Nel XX secolo di nuovo i Papi tornarono a dedicare i loro più alti pronunciamenti al tema trattato nel presente contributo.
A tal proposito, il pensiero corre immediatamente a due date, all’8 maggio 1928, con la pubblicazione della lettera enciclica Miserentissimus Redemptor di Pio XI de communi expiatione Sacratissimo Cordi Iesu debita, che termina con una precatio piacularis ad Sacratissimum Cor Iesu, e al 15 maggio 1956, quando, felicemente regnante Pio XII, nel centenario dell’estensione, compiuta dal beato Pio IX, all’intero orbe cattolico della Messa propria e dell’Ufficio divino del Sacro Cuore, precedentemente in uso solo a particolari realtà ecclesiali, fu resa pubblica la lettera enciclica Haurietis aquas de cultu Sacratissimi Cordis Iesu, «dum centesimum exeuntem annum recolimus, ex quo Decessor Noster imm. rec. Pius IX, votis libenter concedens, e catholico terrarum orbe delatis, Festum Sacratissimi Cordis Iesu in universa Ecclesia celebrari mandavit».
Come nell’ultimo canto della Divina commedia la Vergine Santissima viene esaltata da San Bernardo paragonando colui che desidera qualche grazia e per ottenerla non ricorre alla potente intercessione della Madre del Salvatore a colui che, pur privo di ali, desidera volare, così nessun articolo sul Sacro Cuore potrebbe dirsi completo senza considerare, seppur in modo estremamente breve, i contributi alla causa di tre santi, i quali ebbero il merito di diffondere la devozione del Sacratissimo Cuore di Gesù : Giovanni Eudes, canonizzato da Pio XI il 31 maggio 1925, la cui ricorrenza cade il 19 agosto, Margherita Maria Alacoque, canonizzata da Benedetto XV il 13 maggio 1920 e ricordata il 16 ottobre di ogni anno, e Claude La Colombière, canonizzato da Giovanni Paolo II il 31 maggio 1992, onorato il 15 febbraio. Giovanni Eudes, propagatore della devozione ai due Sacri Cuori di Gesù e di Maria in ambito francese, celebrò per la prima volta liturgicamente questo centrale mistero della fede cristiana; Margherita Maria Alacoque, monaca visitandina appartenente all’Ordine della Visitazione di Santa Maria, fondato da san Francesco di Sales e da santa Giovanna Francesca Fremiot de Chantal, donò a tutta la Chiesa un importantissimo approfondimento degli aspetti mistici del culto del Sacro Cuore a lei rivelati da Gesù nelle apparizioni; Claude La Colombière mise per iscritto le locuzioni mistiche di Margherita Maria Alacoque dando un grande impulso alla pia pratica dei primi nove venerdì del mese.