Innanzitutto, va specificato un aspetto: quando si parla di celibato, questo comprende in sé anche la castità. Infatti non solo un prete non può contrarre matrimonio ma non deve nemmeno compiere atti sessuali con sé od altri. L’origine del celibato sacerdotale si trova nell’Antico Testamento: ai sacerdoti ebraici veterotestamentari era prescritto di astenersi dalla pratica coniugale nei giorni dedicati all’esercizio del culto. Con il cristianesimo ben presto sorse l’esigenza e la necessità di rinnovare quotidianamente il Sacrificio Eucaristico cosicché, anche per il sacerdote della “Nuova Alleanza”, sarebbe sorta l’esigenza di offrirsi, continuamente e solamente a Lui (Benedetto XVI, che cos’è il cristianesimo, Mondadori, Milano 2023, p. 124).
Oltre a ragioni radicate nei testi sacri ve ne sono ulteriori che giustificano il celibato: in primo luogo esso rappresenta l’atto di amore nei confronti di Dio. Come due sposi perfezionano il matrimonio anche attraverso l’atto sessuale, condizione essenziale affinché l’unione sia valida e non nulla (v. can. 1804 del codice di diritto canonico), così il sacerdote, che sceglie di dedicare tutta la sua vita al Signore e per il Signore, si dona completamente a Dio in anima e corpo. Inoltre, il celibato riservato al sacerdos, chiamato ad essere immagine e somiglianza di Gesù, rispetta la scelta di vita compiuta da Lui nel suo pellegrinaggio terreno.
Il celibato non è né un ostacolo né deve esser visto come una sterile rinuncia, bensì è un atto di amore perché consente di vivere ogni relazione con la massima libertà. Infine, è garanzia che il sacerdozio non è un lavoro ma una missione, affidata non a chi di buon mattino si alza dal letto scegliendo di entrare in seminario, ma a chi, chiamato dal Padre per motivi a noi incomprensibili, decide di dire “Sì” per seguirLo lungo le strade del mondo. Deve essere specificato che la castità non deve essere confusa con l’astinenza. La prima coinvolge il cuore, è basata su una solida motivazione e scelta di vita mentre la seconda è un semplice atto corporale temporaneo destinato a crollare in poco tempo.
I problemi odierni di alcuni preti (pedofilia, amanti o rinunce al ministero) non sono conseguenza del celibato. In primo luogo, va ricordato che il celibato è una scelta di vita voluta ed accettata consapevolmente dal prete che quindi non gli viene imposta da un giorno all’altro, facendolo trovare in una gabbia da cui cerca di scappare. Secondariamente numerosi studi dimostrano che non c’è alcuna correlazione tra la castità e la pedofilia. La pedofilia è una piaga che ha provocato danni incalcolabili alle vittime, oltre ad aver fatto perdere credibilità alla Chiesa, oscurando tutti quei preti (la maggioranza) che ogni giorno svolgono in santità la loro missione.
Questi crimini devono essere combattuti con ogni mezzo a disposizione. Quando un prete va con prostitute oppure ha un’amante, non è perché ha bisogno di avere un rapporto sessuale, lo fa perché si sente solo e ha bisogno di qualcuno. E perché si sente solo? Perché non è mai maturato dal punto di vista affettivo, non ha mai accettato pienamente la scelta oppure non ha mai risolto problemi interni, trascurandoli o sottovalutandoli. Questo è il problema. Diciamoci la verità: un prete non è mai solo. Ogni giorno ha a che fare con decine di persone con le quali condivide tanti aspetti della loro vita.
Cresce i suoi ragazzi in oratorio, assiste i malati, va a trovare gli anziani, incontra famiglie, celebra i Divini Misteri. Insomma, un prete non vive isolato, anzi, molte volte cerca un po’ di solitudine perché travolto dagli impegni. In conclusione, si può affermare che il celibato non è assolutamente la soluzione a problemi che hanno ben altre cause e la dimostrazione la si trova nella realtà: guardando come esempio all’anglicanesimo, il relativo ordinamento consente non solo che uomini e donne di qualunque orientamento sessuale possano divenire “preti”, ma che possano anche contrarre matrimonio. Risultato? Numerosissime vocazioni, abusi azzerati e chiese straripanti di fedeli. Ovviamente è uno scherzo. La chiesa anglicana sta vivendo una crisi irreversibile ancor più amplificata di quella della Chiesa cattolica perché sta pagando l’essersi conformata totalmente alla mentalità del tempo.
Il vero problema è che il mondo di oggi, in particolare l’occidente, vive una profonda crisi di fede: da una parte c’è una società costruita interamente sul denaro, che riempie con centinaia di bisogni inutili le menti delle persone, utilizzando come cavallo di troia il renderle felici, ma avendo invece come unico scopo il produrre profitto. Dall’altra parte quelle stesse persone divenute solo dei consumatori non sono mai felici. Acquistano e consumano in maniera irrefrenabile ciò che dovrebbe farli sentire realizzati ma che non ha alcun risultato se non svuotare il portafoglio. Il mondo ha bisogno di fede, ha bisogno che qualcuno mostri che la vera Gioia, la Gioia piena, non arriva da questo mondo.
Il pericolo che rischia anche la Chiesa cattolica è che, mascherando il tutto dietro la famigerata frase “serve una maggior apertura del Vangelo”, scenda a compromessi con le ideologie moderne per cercare consenso. Il problema è che questa discesa a compromessi non ha altre conseguenze che mettere da parte il divino per far maggior posto all’umano. È necessario mostrare al mondo che c’è un’Alternativa, c’è chi può dare una grande gioia senza chiedere nulla in cambio, c’è Qualcuno che ci ama per quello che siamo anche quando non lo meritiamo.
Ebbene, il celibato sacerdotale è una risorsa incredibile soprattutto al giorno d’oggi perché anche attraverso questo dono un sacerdote può essere realmente riflesso e testimone vivente della presenza di quel Dio invisibile: “Ego sum lux mundi; qui sequitur me, non ambulabit in tenebris, sed habebit lucem vitae” (Gv 8,12).