“La vita dell’uomo è una battaglia” diceva Giobbe. Noi stessi constatiamo che in questa vita vi sono delle gioie, ma anche molte sofferenze da affrontare. Tuttavia vi è un rimedio per sormontare facilmente ogni difficoltà: dobbiamo attraversare la via di questo mondo tenendo la mano di Dio ossia vivendo in grazia di Dio e pensando continuamente che Egli inabita nella nostra anima e si prende cura di noi. Se non ci lasciamo sopraffare dalle preoccupazioni di questo mondo, ma le affrontiamo coscienti di essere tenuti per mano da Dio, che passo per passo ci conduce sino alle soglie dell’eternità, allora tutto si semplifica e si ottiene la pace dell’anima e la fiducia nella divina Provvidenza. Ciò ci aiuta a sopportare la monotonia della vita quotidiana con gioia e amore amando la Volontà di Dio, che permette le oscurità dello spirito, le tribolazioni fisiche, le persecuzioni e gli abbandoni che fanno parte della vita umana. Se la vita non fosse un po’ monotona, ci attaccheremmo troppo ad essa ed ecco perché Dio permette che la monotonia di tanto in tanto si affacci nella nostra esistenza. Coloro che si gettano nell’azione (anche apostolica) eccessiva (l’eresia dell’azione) amano più la loro volontà e il loro modo di agire che la Volontà divina e la sua Provvidenza. La salute, il successo, le ricchezze e i piaceri non sono gli “amici” che ha scelto Gesù per Se stesso e quindi neppure per noi. Egli ha amato la povertà, la sofferenza e le persecuzioni e noi pure, con l’aiuto della Sua grazia, dobbiamo amarle. L’ostacolo maggiore alla pace dell’anima è il porre la nostra volontà in opposizione alla Sua. La santità consiste nel fare la Volontà di Dio, non la nostra. Il guaio è che noi crediamo in teoria alla Provvidenza divina, ma in pratica dubitiamo che Dio si prenda cura di noi in ogni nostra azione ed allora proviamo l’inquietudine o perdiamo la pace dell’anima. Perciò dobbiamo accettare ogni circostanza esterna a noi con piena fiducia in Dio e occuparci solo di ciò che avviene nella nostra anima e specialmente nella volontà, la quale sola può renderci buoni o cattivi agli occhi di Dio. Quel che dicono, fanno, pensano gli altri di noi, attorno a noi, non deve minimamente preoccuparci: l’unico nostro Giudice è solo Dio. Sforziamoci, perciò, di entrare in contatto con Dio, di conoscerlo, amarlo e parlare con Lui nella meditazione, poiché Egli per primo ci conosce, ci ama e ci parla. Se non “sentiamo” la Sua voce è solo perché siamo assorbiti dai rumori e dalle preoccupazioni del mondo e del nostro amor proprio. Se riusciamo a fare il silenzio attorno a noi ed entrare in contatto con Dio, allora avvertiremo l’impulso spontaneo a tendere la nostra mano verso di Lui, affinché ci guidi nelle oscurità e nei pericoli di questa vita. La S. Scrittura più volte ci esorta a “gettare in Dio tutte le nostre preoccupazioni, perché Egli si prende cura di noi”. Quello che ci manca è la convinzione ferma e pratica di questo aiuto costante, anche se invisibile, di Dio per noi.
San Pietro camminò serenamente sulle acque verso Gesù, finché tenne lo sguardo fisso su di Lui, ma nel momento stesso in cui smise di guardare Gesù per ripiegarsi su se stesso sprofondò nel mare. Anche noi dobbiamo guardare Gesù e non noi stessi o i pericoli tra cui camminiamo; allora giungeremo felicemente, speditamente in porto. Se la scelta delle circostanze della vita e delle creature che ci stanno attorno dipendesse da noi, sceglieremmo ciò che ci piace e non ciò che è bene per la nostra anima. La vita cristiana è un continuo andare controcorrente: se pensiamo alle onde (il mondo, la carne e il demonio) che ci circondano siamo perduti, dobbiamo aver fiducia nel soccorso del braccio di Dio e risalire la corrente avversa, come fanno i salmoni. Se ci chiediamo perché siamo al mondo, soprattutto quando le difficoltà si fanno sentire maggiormente, non possiamo che rispondere: “siamo qui unicamente perché Dio ci ha amati, ci ha creati e desidera essere riamato da noi”. Quindi nulla deve preoccuparci: Dio ci porta per mano e se occorre ci solleva tra le sua braccia. Purtroppo Dio cerca, in ogni momento, di attirarci maggiormente a Lui ma noi ci tiriamo indietro. Se siamo scontenti, significa che almeno in pratica, se non in teoria, ci rivoltiamo contro la Volontà di Dio. Se siamo troppo ansiosi di progredire e pecchiamo di perfezionismo o angelismo, significa che cerchiamo più la nostra volontà che quella di Dio. “Il troppo storpia” e “ogni eccesso è un difetto”. Se Dio non desidera un progresso più rapido per noi, anche noi non dobbiamo desiderarlo.
Il dominio del nostro temperamento è la chiave del successo per giungere alla santità: sopportare l’abbattimento, la mancanza di grande fiducia, lo scoraggiamento, i nostri difetti aver pazienza con noi stessi quando sperimentiamo il nostro nulla, la nostra debolezza, i nostri limiti e deficienze e continuare ad agire per amor di Dio nonostante la pochezza del nostro essere e delle nostre azioni, questo è il cuore della vita virtuosa. Lo stesso vale per la sopportazione degli altri. Dobbiamo fare attenzione a non cercare eccessivamente la comprensione degli altri. Quanta più consolazione riceviamo dalle creature tanto meno ne riceviamo da Dio, che ama il cuore solitario, vuoto di ogni altro amore, ossia che ama Dio al di sopra di tutto. Soprattutto Dio vuole la nostra volontà più che la nostra intelligenza, specialmente nella preghiera. È vero che “nulla è voluto se prima non è conosciuto”, ma è altrettanto vero che, se non voglio conoscere, non arrivo a conoscere. Per concludere, la ragione principale che ci impedisce di diventar santi sono gli ostacoli che frapponiamo alla divina Volontà che desidera la nostra santificazione. Se la nostra anima o meglio le sue facoltà sono deboli e malate, domandiamo a Dio di essere guariti e certissimamente Egli ci guarirà. Ma ci vuole molta Fede e una grande Speranza. Non esiste il “caso disperato” per la divina Onnipotenza, non c’è nessun difetto spirituale senza rimedio. Quelli fisici Dio li permette per il bene dell’anima. Dio vuole la nostra volontà, la nostra pace interiore; la sua azione su di noi produce il bene e la felicità dell’animo, abbandonarsi alla presenza di Dio nel nostro spirito è la cosa più bene-facente per la nostra esistenza. Dio ha creato il nostro animo per amore e perché noi Lo ri-amiamo. La vita spirituale consiste nel governare o dirigere la nostra volontà verso il suo vero Fine ultimo, che è Dio amato, conosciuto e servito. Dobbiamo fare attenzione al motivo che ispira le nostre azioni, se sia solo l’amor di Dio oppure l’amor proprio. Tuttavia questo nostro esame di coscienza non deve essere inquieto, agitato, desideroso di avere tutto e subito. Uno dei frutti dello Spirito Santo è la Pace, la quale ci aiuta a pregare ed agire con calma e facilità, ma soprattutto a sopportare le avversità senza l’inquietudine, che è la rovina della vita spirituale. Quindi dobbiamo cercare nella vita spirituale la quiete che è l’uniformità al divino Volere. Se la nostra anima è sottomessa a Dio e il nostro corpo all’anima, allora siamo nella vera pace. La pace interiore la si acquista con la calma e la tranquillità, senza fissarci un tempo esatto entro cui acquistarla e senza affrettarci per conseguirla. Dobbiamo aspettare tranquillamente la grazia dello Spirito Santo e cooperare con essa senza lasciarci prendere da sforzi febbrili che antepongono l’azione umana alla grazia divina. Il segreto di una buona vita spirituale è di non fare affidamento principalmente su noi stessi, su ciò che sappiamo e facciamo, ma nello starcene alla presenza di Dio, che abita nell’anima dei giusti, per conoscerLo ed amarLo sempre più e parlare con Lui familiarmente, durante la meditazione, come un amico parla con l’amico, spogli di ogni eccessiva sollecitudine. Non si può amare mai troppo Dio. Invece si può amare troppo il prossimo. Se il nostro amore per il prossimo non è regolato e ordinato all’amor di Dio può condurci alla perdizione, esponendoci a mille pericoli anche quando pensiamo di edificare gli altri. Perciò amiamo il prossimo per amor di Dio, ma senza danneggiare la nostra anima: non ci si può fare zelatori delle anime sino a perdere la propria. Offriamo a Dio il nostro spirito senza presumere di noi stessi e restiamo alla Sua presenza come poveri mendicanti che nulla hanno, ma tutto chiedono a Lui per poterlo seguire nel compimento della Sua Volontà. Teniamo sempre bene a mente che l’essenziale della vita spirituale consiste nel dipendere in tutto da Dio senza preoccupazioni umane.