di Don Riccardo Pecchia
San Giorgio di Lydda, nacque in Cappadocia (odierna Turchia) nel 280 circa, la Passio sancti Georgii ci narra che era figlio di Geronzio, un persiano, e Policromia, una cappadoce. Fin da bambino la sua famiglia, che era profondamente cristiana, lo educò seguendo gli insegnamenti di Gesù. Trasferitosi in Palestina, da adulto, si arruolò nell’esercito romano dell’imperatore Diocleziano (altre fonti parlano dell’esercito di Daciano imperatore dei persiani), comportandosi da valoroso soldato, fino al punto di giungere a far parte della guardia del corpo dello stesso Diocleziano, divenendo ufficiale delle milizie. L’imperatore Diocleziano, pagano, si adoperò all’intensificazione della persecuzione dei cristiani emanando un editto nel 303 che si estendeva in tutto l’impero. Alla notizia Giorgio donò tutte le sue ricchezze ai poveri e si presentò davanti all’imperatore protestando contro l’editto. Confessò di essere un seguace di Cristo e fu invitato a rinnegare la sua fede, ma lui rifiutò; per questo fu battuto con verghe, sospeso, lacerato e gettato in carcere, dove gli apparve Gesù predicendogli sette anni di atroci sofferenze, tre volte la morte e tre la resurrezione. Tagliato in due con una ruota piena di chiodi e spade, Giorgio resuscitò, operando la conversione del magister militum Anatolio con tutti i suoi soldati, che vennero uccisi a fil di spada; si racconta che un giorno entrò in un tempio pagano e con un soffio abbatté gli idoli di pietra; convertì l’imperatrice Alessandra, che venne martirizzata. La venerazione di Giorgio è legata in particolare all’episodio dell’uccisione del dragone, che Jacopo da Varagine inserì nella sua Legenda Aurea.
L’episodio ci racconta che nella città libica di Selem, presso il Monte Libano, c’era un grande lago abitato da un grosso drago che uscendo dall’acqua divorava chiunque si trovasse sul suo cammino. Il sovrano del posto decise che ogni giorno dovevano sorteggiare un figlio del villaggio da dare in pasto al drago e che quando sarebbe arrivato il suo turno promise che avrebbe sacrificato la sua unica figlia Silene. Arrivò il giorno che toccò alla figlia del sovrano. Nonostante le suppliche della ragazza, la vestì dei sui abiti più belli e la mandò verso il lago. All’improvviso, la ragazza vide arrivare Giorgio armato di lancia in groppa al suo cavallo. Lo supplicò di salvarla da morte certa. Giorgio si fece il segno della croce e trafisse la gola del drago con la sua lancia dicendo: «Nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo». Poi disse alla ragazza di legare al collo del drago la sua cintura per trascinarlo verso la città. Alla vista del drago fuggirono terrorizzati, ma il santo disse loro di avere fede nel Signore perché lo aveva mandato a salvarli. Finì il drago con la spada. In quel giorno si convertì al cristianesimo un grande numero di persone che furono battezzate e dopo qualche tempo eressero una chiesa dedicata al culto del santo. Altro aneddoto è che a richiesta del re Tranquillino, Giorgio risuscitò due persone morte da 460 anni, le battezzò e le fece sparire. L’imperatore Diocleziano lo condannò nuovamente a morte e Giorgio, prima di essere decapitato, implorò Dio che l’imperatore e i 72 re, che aderirono all’editto, fossero inceneriti, esaudita la sua preghiera, Giorgio si lasciò decapitare, promettendo protezione a chi avesse onorato le sue reliquie, le quali sono conservate in una cripta sotto la chiesa cristiana a Lydda (odierna Lod, in Israele). Morì a Nicomedia (oggi Ismid, in Turchia) il 23 aprile 303; patrono dei cavalieri, degli armaioli, dei soldati, degli scouts.
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