Si possono ricavare cinque stadi che costituiscono l’azione della tentazione nel cuore umano: la suggestione, il colloquio, il combattimento, il consenso, la passione. La suggestione è la prima immagine generata dalla fantasia, la prima idea, il primo impulso: se la mettiamo subito da parte, essa se ne va così come è venuta. Ma l’uomo normalmente non lo fa, si lascia piuttosto provocare e comincia a riflettere. Da qui il colloquio: un pensiero che, a lungo coltivato, si è insidiato nel cuore e non si lascia scacciare facilmente. In questo stadio, però, l’uomo è ancora libero di non acconsentire. Può e deve uscire vittoriosamente da questa lotta, ma gli costa tanta fatica: è il combattimento. Il consenso si dà quando si decide di realizzare ciò che il pensiero maligno suggerisce: è il peccato vero e proprio che, pur se non si concretizza esteriormente, rimane interiormente. La passione è l’ultimo stadio, quello più tragico. Chi soccombe ai pensieri maligni, spesso indebolisce progressivamente il suo carattere. Nasce così una costante inclinazione al male che può diventare forte a tal punto da essere molto difficile resisterle.
Benedetto XVI ci dona una spiegazione chiara e da approfondire circa il fine, lo scopo della tentazione: «E poi, ponderando il profilo psicologico della tentazione, egli spiega che ci possono essere due differenti motivi per cui Dio concede al Maligno un potere limitato. Può accadere come penitenza per noi, per smorzare la nostra superbia, affinché sperimentiamo di nuovo la povertà del nostro credere, sperare e amare e non presumiamo di essere grandi da noi: pensiamo al fariseo che racconta a Dio delle proprie opere e crede di non aver bisogno di alcuna grazia. Cipriano, purtroppo, non specifica poi il significato dell’altro tipo di prova: la tentazione che Dio ci impone ad gloriam – per la sua gloria.